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Operazione antiterrorismo, tratta migranti e apologia dell’Isis: 15 fermi

Cronaca

Fulvio Viviano

A dare il via alle indagini un pentito che ha iniziato a collaborare con i magistrati raccontando come dalla Tunisia arrivassero in Sicilia potenziali terroristi. Il fermo di 15 persone rappresenta soltanto la punta dell’iceberg 

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Dal suo profilo Facebook inneggiava all’Isis e alla Jihad. Diffondeva in rete video di esecuzioni e addestramenti militari. Lodava i kamikaze. Mongi Ltaief, tunisino di 46 anni, era la mente dell’organizzazione che questa notte è stata sgominata dai carabinieri del Ros, su richiesta dei magistrati della direzione distrettuale antimafia di Palermo, nell’ambito di una inchiesta coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dal sostituto Geri Ferrara.

Le accuse: immigrazione clandestina e istigazione al terrorismo

Secondo l’accusa l’uomo era a capo di un sodalizio criminale formato da 13 cittadini tunisini e due italiani. Le accuse mosse contro gli arrestati sono quelle di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, istigazione al terrorismo e contrabbando di sigarette. A dare il via alle indagini un pentito, connazionale del capo dell’organizzazione che, fermato nell’ambito di un’altra indagine ha iniziato a collaborare con i magistrati raccontando di come dalla Tunisia arrivassero in Sicilia potenziali terroristi. Già perché dal paese nordafricano, secondo il collaboratore di giustizia, decine di pregiudicati per reati legati appunto al terrorismo sarebbero fuggiti in Italia per non essere arrestati nel loro paese. E per farlo avrebbero utilizzato l’organizzazione messa in piedi da Mongi che, dietro il pagamento di 2500 euro, garantiva un passaggio sicuro dall’Africa all’Italia attraverso dei gommoni veloci che, in meno di tre ore, riuscivano a coprire la tratta facendo arrivare uomini e sigarette nel trapanese. I due italiani fermati durante l’operazione rispondono soltanto dei reati di contrabbando di sigarette.

"Potenziali kamikaze"

Nelle sue dichiarazioni, il pentito sottolinea che la sua decisione di parlare con i magistrati è stata dettata dal non volere riempire l’Italia di potenziali kamikaze. Una dichiarazione forte che è servita a far scattare più di un campanello di allarme. Tra i reati contestati all’organizzazione c’è anche quello di esercizio abusiva dell’attività finanziaria perché, attraverso un circuito di “money transfer” gestivano ingenti flussi di denaro che servivano a finanziare l’organizzazione e fare rientrare in Tunisia i proventi del contrabbando delle sigarette. Nessuna collaborazione alle indagini è arrivata dalla Tunisia, sottolineano i magistrati della Dda di Palermo. Per due volte infatti sono state presentate richieste di rogatoria che il paese nordafricano ha ignorato. L’inchiesta comunque non si è ancora conclusa. Il fermo delle 15 persone rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. Il lavoro degli investigatori adesso è quello di rintracciare i migranti giunti in Italia attraverso l’organizzazione che è stata sgominata e soprattutto individuare chi, nel proprio paese, era ricercato per reati legati al terrorismo.