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Omicidio Matilda, assolto il compagno della madre. Il delitto resta senza colpevole

Cronaca

Sono passati 13 anni da quando la bimba di 23 mesi fu uccisa in una villetta di Roasio, in provincia di Vercelli. La Corte d’assise di appello di Torino ha assolto l’unico imputato, l’ex compagno della madre della piccola

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Dopo 13 anni non ha ancora un nome il colpevole della morte della piccola Matilda Borin, uccisa il 2 luglio 2005 a 23 mesi in una villetta di Roasio, piccolo comune in provincia di Vercelli. I giudici della Corte d’Assise d’appello di Torino, presieduta da Fabrizio Pasi, hanno accolto la richiesta avanzata dal sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo e confermato la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado nei confronti dell’unico imputato, Antonino Cangialosi, ex compagno di Elena Romani, la madre della piccola. I legali della donna, che ha lasciato l'aula prima della lettura della sentenza, hanno preannunciato che dopo la lettura delle motivazioni presenteranno ricorso.

La vicenda

Quel 2 luglio 2005 in casa insieme alla bimba c’erano due persone: la mamma, Elena Romani, hostess di 31 anni, e il compagno di quest'ultima, Antonino Cangialosi, ex bodyguard e dipendente di una ditta di autotrasporti. A uccidere la piccola, come confermerà l'autopsia, è stato un violento colpo alla schiena, forse un calcio, che ha danneggiato fatalmente gli organi interni. Subito dopo la madre e il compagno sono stati indagati per omicidio. I sospetti dei magistrati si sono concentrati all’inizio soprattutto sulla donna, che è andata a processo con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Per Cangialosi, invece, nel 2007 il gup di Vercelli ha stabilito il non luogo a procedere. Dopo tre gradi di giudizio Elena Romani, che fin da subito si era detta innocente, è stata assolta. La donna sostiene di essersi allontanata per pulire un lenzuolo sporco di vomito della bimba e di averla ritrovata agonizzante.

Il processo a Cangialosi

L'accusa della hostess a Cangialosi è chiara: solo lui può averla uccisa. Nell'aprile 2013 il gup di Vercelli, Potito Giorgio, ha revocato il non luogo a procedere per Antonio Cangialosi, ma poco più di un anno dopo il gip Paolo Bargero ha prosciolto l'uomo. A quel punto i legali di Elena Romani hanno fatto ricorso in Cassazione e la Corte ha annullato la decisione del gip. Nel dicembre 2016 Cangialosi, che ha scelto il rito abbreviato, è stato ancora una volta assolto dal gup Fabrizio Filice "per non avere commesso il fatto". Si è arrivati così al 14 novembre scorso e al nuovo processo in Corte d'assise d'appello, conclusosi oggi pomeriggio con la piena assoluzione dell'imputato. Una decisione anticipata dal procuratore generale Marcello Tatangelo che, chiedendo l'assoluzione di Cangialosi, aveva parlato di "sconfitta personale per tutti noi e per il sistema giustizia".