Bando periferie: cosa prevede e quali sono i progetti a rischio

Cronaca
L'abbattimento delle Vele di Scampia, a Napoli, è uno dei progetti che rischia di saltare con il blocco del Piano periferie (LaPresse)

Con un emendamento al Milleproroghe, il governo fino al 2020 ferma 1,6 miliardi destinati ai Comuni. Da Milano (riqualificazione del quartiere Adriano) a Napoli (abbattimento delle Vele di Scampia): sono 96 le convenzioni che potrebbero saltare

Un emendamento al decreto Milleproroghe, votato all’unanimità in Senato da maggioranza e opposizione, sta sollevando non poche polemiche tra i sindaci. Il provvedimento, presentato di notte da Lega e M5S, blocca il Piano periferie fino al 2020, togliendo così 1,6 miliardi destinati ai Comuni e mettendo a rischio diversi progetti, dalla riqualificazione del quartiere Adriano a Milano all'abbattimento delle Vele di Scampia a Napoli.

Cosa prevedeva il bando periferie

Il Piano periferie, varato dai governi Renzi e Gentiloni, è destinato a sindaci e amministratori delle città metropolitane, con lo scopo di investire in progetti di riqualificazione. Prevedeva in totale 2,1 miliardi di finanziamenti dallo Stato e, come ricostruito dal quotidiano il Sole 24 ore, gli effetti potenziali del bando ammontavano a 3,9 miliardi di co-finanziamenti. Il Piano era diviso in due tranche: le prime 24 convenzioni tra la presidenza del Consiglio e i Comuni capoluogo firmate il 6 marzo 2017 e le successive 96 tra novembre e dicembre 2017. Ora, l’emendamento del governo gialloverde blocca questo secondo gruppo, pari a 1.571 milioni di euro di finanziamenti statali e 1.144 milioni di co-finanziamenti locali e privati. La norma stabilisce che l’efficacia di questi finanziamenti slitti al 2020. Mentre le prime 24 convenzioni sono salve e i progetti sono già stati presentati a Palazzo Chigi, le altre 96 avevano la scadenza dell’8 giugno per la presentazione (quasi tutti sono stati presentati, alcuni hanno chiesto e ottenuto proroghe). I fondi bloccati (140 milioni nel 2018, 320 nel 2019, 350 nel 2020 e 220 nel 2021) dovrebbero ora essere dirottati in un Fondo cassa "da utilizzare per favorire gli investimenti delle città metropolitane, delle Province e dei Comuni, da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti", si legge nel testo approvato in Senato. Vale a dire: si sbloccano gli avanzi di amministrazione dei Comuni che sono riusciti a tenere in cassa risorse - altrimenti inutilizzate - spaccando così i municipi tra più e meno virtuosi.  

I progetti a rischio

I Comuni coinvolti sono dunque sul piede di guerra. “Ora ci sono 290 sindaci che dalla sera alla mattina hanno 1,6 miliardi in meno. Soldi in parte già impegnati in progetti e bandi per riqualificare le zone degradate delle città. Uno scippo istituzionale”, dice il presidente dell’Anci (Associazione dei comuni) e sindaco Pd di Bari Antonio Decaro. L’emendamento colpisce municipi di ogni colore politico, compresi Livorno (dove vanno in fumo 18 milioni e nuovi alloggi popolari), Roma e Torino, a guida M5S. Le città metropolitane delle sindache pentastellate sono tra le più penalizzate con 40 milioni in meno a testa. Stessa sorte per Reggio Calabria, Catania, Messina (dove la città metropolitana contava di realizzare 44 interventi in 39 comuni), Napoli (soldi impegnati dal sindaco Luigi De Magistris per abbattere le vele di Scampia), Genova (dove si prevedevano ristrutturazioni di scuole e loro adeguamento antisismico, mitigazione del rischio idrogeologico, sistemazioni idrauliche e ristrutturazioni stradali in diversi Comuni della provincia) e Palermo. Venezia, guidata dal forzista Brugnaro, perde oltre 50 milioni e salta la riqualificazione dell’ex manifattura tabacchi. A Milano persi 18 milioni destinati in parte a una scuola media e a un parco nel quartiere Adriano. La meno toccata è Tempio Pausania: rinuncerà ad “appena” 517 mila euro.

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