Infermiera di Lugo, tutte le tappe del caso
CronacaNel 2014 la donna viene arrestata con l’accusa di aver ucciso Rosa Calderoni. Sui giornali anche i selfie dell’imputata con pazienti morti. Condannata all’ergastolo e assolta in appello, la Cassazione ha poi disposto un nuovo appello-bis che ha confermato l'assoluzione
I selfie con pazienti in coma o già deceduti, i furti in ospedale, il processo di primo grado concluso con una condanna all'ergastolo, verdetto ribaltato in appello con la piena assoluzione. Sul caso di Daniela Poggiali, l'ex infermiera di Lugo accusata di aver ucciso una paziente, è intervenuta poi la sentenza della Cassazione, che ha deciso di annullare l’assoluzione e disporre un processo bis. Il procedimento, conclusosi nel maggio 2019, ha deciso nuovamente per l'assoluzione dell'imputata.
L’arresto nel 2014
I fatti risalgono al 2014: il 9 ottobre Poggiali, oggi 46enne, infermiera all'ospedale Umberto I di Lugo, viene arrestata. L'accusa nei suoi confronti è pesantissima: secondo i pubblici ministeri, è stata lei ad aver causato la morte di Rosa Calderoni, 78 anni, paziente deceduta all'ospedale di Lugo qualche mese prima - l'8 aprile 2014 a poche ore dal ricovero – con un'iniezione di cloruro di potassio. E sui giornali finiscono anche i selfie dell'imputata con i pazienti: foto che avranno come conseguenza la radiazione della donna dall'albo degli infermieri, decisa al termine di un procedimento disciplinare concluso nel 2017.
La condanna e la successiva assoluzione
Daniela Poggiali respinge sempre tutte le accuse, proclamandosi innocente, ma l'11 marzo 2016 la Corte d'assise di Ravenna la condanna all'ergastolo per omicidio: nelle motivazioni della sentenza, i giudici la definiscono "fredda, intelligente e spietata" e aggiungono "nemmeno lei sa quanti pazienti ha ucciso", riferendosi ad altri decessi sospetti - su cui gli investigatori puntano la loro attenzione - avvenuti nell'ospedale tra il 2012 e il 2014, spesso durante i turni dell'infermiera. La quale, interpellata sul punto, replica: "Sarò sfortunata". Poco più di un anno dopo, il 7 luglio 2017, il ricorso di Poggiali viene accolto in appello: l'infermiera è assolta dalla Corte d'assise d'appello di Bologna "perché' il fatto non sussiste". I giudici di secondo grado basano la loro decisione sull'esito di una perizia, secondo la quale la morte della paziente Rosa Calderoni potrebbe essere legata a un "verosimile scompenso glicemico" e, dunque, non a un'iniezione di potassio che avrebbe dovuto portare al decesso in tempi più rapidi. L'imputata, reclusa nel carcere della Dozza da circa mille giorni, torna subito in libertà.
Il ricorso in Cassazione
Contro la sua assoluzione, hanno presentato ricorso la procura generale di Bologna e l'azienda sanitaria locale della Romagna, in qualità di responsabile civile. Nella sua requisitoria, svolta in udienza martedì 18 luglio, il sostituto procuratore generale della suprema Corte Mariella De Masellis ha chiesto di annullare l'assoluzione dell'imputata e di rinviare gli atti a Bologna per un processo d'appello-bis. Richiesta accolta dai giudici. Solo poche settimane prima, il 3 luglio, la Cassazione aveva confermato in via definitiva la condanna per Poggiali a 4 anni, 4 mesi e 15 giorni relativa a furti di denaro, medicinali e materiale in ospedale.
L'assoluzione nel processo-bis
Il 23 maggio 2019 la Corte di assise di appello di Bologna ha nuovamente assolto Daniela Poggiali, dopo che la Procura generale aveva chiesto la conferma dell'ergastolo pronunciato in primo grado. La Corte ha invece riformato la sentenza, assolvendola con varie formule, sia per l'omicidio che per il peculato (per essersi appropriata di due fiale di potassio).