Foodora, il tribunale di Torino respinge ricorso ex rider licenziati

Cronaca
Foto d'archivio (Getty)

Le 6 persone contestavano all’azienda l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni del 2016 per ottenere un giusto trattamento economico e normativo. Chiedevano il reintegro e l'assunzione

Il Tribunale del lavoro Torino ha respinto il ricorso, primo del genere in Italia, dei sei rider di Foodora che avevano intentato una causa civile contro la società tedesca di food delivery. I lavoratori contestavano all’azienda l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni del 2016 per ottenere un giusto trattamento economico e normativo e chiedevano il reintegro e l'assunzione, oltre al risarcimento e ai contribuiti previdenziali non goduti. "Se questo sistema di lavoro è stato ritenuto legittimo, si espanderà", commentano i legali dei rider, Giulia Druetta e Sergio Bonetto, annunciando l'intenzione di appellarsi alla sentenza.

I legali degli ex rider: “Lavoratori monitorati dall’azienda”

"I rider di Foodora erano sfruttati, monitorati dall'azienda in ogni loro mossa. E chi si è lamentato è stato espulso", avevano attaccato i legali dei lavoratori prima del pronunciamento dei giudici. "Il rapporto che legava i rider all'azienda aveva le caratteristiche del lavoro subordinato, anche se loro erano inquadrati come collaboratori autonomi. I ragazzi dovevano essere reperibili in maniera costante e continuativa e, tramite un'applicazione, erano monitorati, tracciati e valutati in ogni loro mossa. L'app era una sorta di braccialetto elettronico con cui prendere punti per riuscire a mantenere il proprio posto in azienda", avevano detto. I legali dei sei ex rider, lamentando la violazione delle norme che tutelano la riservatezza dei dati, avevano chiesto un risarcimento pari a 20 mila per ognuno dei lavoratori allontanati. A cui si aggiunge un risarcimento di 100 euro (per ogni giornata di lavoro) per la presunta violazione delle norme antinfortunistiche.

“Foodora non ha violato la privacy dei rider”

Diverso il parere dei legali della società tedesca: “Foodora non ha violato la privacy dei rider. L'applicazione utilizzata sullo smartphone poteva accedere, attraverso il gps, soltanto al dato sulla geolocalizzazione, istantaneo e non memorizzato", ha detto l'avvocato Giovanni Realmonte. "Questa causa trattava la situazione di sei ricorrenti, in un periodo specifico di tempo e che hanno prestato un'attività estremamente diversificata quanto a ore giornaliere, settimanali e mensili", ha invece dichiarato Paolo Tosi, un altro legale di Foodora. "Questa è la prima causa che, a mia conoscenza, riguarda il fenomeno dei rider", aggiunge Tosi, secondo cui "molte cose sono cambiate in questi mesi nell'azienda".

“No a rapporto di subordinazione”

Secondo Ornella Girgenti, altro legale di Foodora, "non c'è alcun rapporto di subordinazione" con i lavoratori. "I rider –spiega- accedono alla piattaforma dei turni e decidono quando e in che misura dare la loro disponibilità. Non c'è scritto da nessuna parte che il rider debba offrire una disponibilità minima. Di questa circostanza non c'è traccia da nessuna parte. Foodora decide chi far lavorare e quando far lavorare". L'avvocato ha poi osservato che "in caso di maltempo aumentavano gli ordini e più rider non si presentavano a lavorare, senza preoccuparsi di trovare un sostituto. Per questo motivo si decideva all'ultimo. In un mese poi si sono registrate addirittura 70 defezioni di ragazzi che, semplicemente, si sono dimenticati di aver preso l'impegno".

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