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Traffico di armi con Iran e Libia: fermati 2 italiani "radicalizzati"

Cronaca
Mario Di Leva e Annamaria Fontana, la coppia fermata nell'ambito delle indagini su un traffico internazionale di armi. Nella foto, i due coniugi sono accanto all'ex premier iraniano Mahmud Ahmadinejad.

I provvedimenti riguardano una coppia di coniugi di San Giorgio a Cremano (Napoli) convertiti all’Islam e un cittadino libico. Coinvolto anche l'ad della Società Italiana Elicotteri. Sono accusati aver esportato mezzi, fucili d’assalto e missili verso Paesi soggetti ad embargo

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Quattro persone sono state raggiunte da provvedimenti di fermo in varie città italiane con l’accusa di traffico internazionale di armi di produzione straniera. Si tratta di tre italiani e un libico sospettati di aver introdotto armi in paesi soggetti ad embargo, quali Iran e Libia. Tra il 2011 e il 2015 avrebbero esportato elicotteri, fucili di assalto e missili terra aria, in mancanza delle necessarie autorizzazioni ministeriali.  Tra i destinatari del fermo anche l'ad della Società Italiana Elicotteri Andrea Pardi.

 

Italiani radicalizzati tra i fermati - I fermi sono stati eseguiti dal Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, su ordine della Dda di Napoli, nelle province di Roma, Napoli, Salerno e L’Aquila. Tra i fermati due coniugi italiani convertiti all'Islam e radicalizzati, originari di San Giorgio a Cremano (Napoli). Agli atti dell'inchiesta vi sarebbe una foto in cui la coppia è in compagnia dell'ex premier iraniano Ahmadinejad. Secondo l'indagine, coordinata dai pm Maresca e Giordano, il traffico di armi era destinato anche ad un gruppo dell'Isis attivo in Libia.

 

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Coinvolto Ad Società Italiana Elicotteri - Anche l'amministratore delegato della Società Italiana Elicotteri, Andrea Pardi, già coinvolto un un'altra inchiesta su traffico di armi e reclutamento di mercenari tra Italia e Somalia, figura tra i destinatari dei provvedimenti di fermo. L'ultima misura cautelare riguarda un libico, attualmente irreperibile.

 

Possibili contatti con i rapitori degli italiani in Libia - Nel corso delle indagini sono state effettuate delle intercettazioni dalle quali sarebbero emersi contatti tra i coniugi fermati e i rapitori dei quattro italiani sequestrati in Libia nel 2015. La circostanza sarebbe venuta alla luce da alcuni messaggi WhatsApp di poco successivi al sequestro in cui i coniugi facevano riferimento alle persone già incontrate qualche tempo prima, alludendo a loro come autori del rapimento.

 

"Ce li hanno proprio quelli dove noi siamo andati", avrebbe scritto la donna in un messaggio. I pm non escludono "una loro possibile attività nel complicato meccanismo di liberazione che solitamente avviene tramite il pagamento di riscatti o la mediazione con altri affari ritenuti di interesse dai miliziani".