Bim bum bam e la generazione snobbata che non dice 'noi'

Cronaca
Un'immagine del cartone animato Lady Oscar
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In un saggio il racconto di un programma televisivo diventato mito fondativo. E della generazione dei nati tra il '75 e il '90, che rischia di perdersi tra nostalgia e divisioni. Ma intanto è rimasta ai margini e senza voce. ESTRATTO

di Alessandro Aresu

Esistono i miti fondativi, per esempio l’Eneide. Esistono i programmi televisivi, per esempio Buona Domenica. Bim Bum Bam è entrambe le cose. In questo risiede la sua unicità. Per questo la società italiana, nel suo complesso, deve smettere di agire come se Bim Bum Bam non ci fosse stato, come se la programmazione pomeridiana della tv per ragazzi fosse un aspetto trascurabile dell’esistenza degli esseri umani (…). Bim Bum Bam ha contribuito a costruire la generazione che sta decidendo e che sempre più deciderà il futuro dell’Italia. La Generazione Bim Bum Bam non è ancora stata scoperta dai demografi, ma è nata dal basso delle frequenze televisive, si agita nella pancia del paese e nei polpastrelli, nell’Italia profonda e in quella profonda alla superficie.

Bim Bum Bam è un programma delle reti Fininvest (poi Mediaset), andato in onda su Antenna Nord, Italia 1 e Canale 5 per vent’anni, dal 1982 al 2002. (…) Nella sua epoca aurea, Bim Bum Bam è stato il centro pulsante della cosiddetta "tv dei ragazzi" di cui Alessandra Valeri Manera, come capostruttura Fininvest e Mediaset per i programmi dei ragazzi, è stata la penna, e di cui Cristina D’Avena è stata la voce.

La Generazione Bim Bum Bam, la cui onda lunga comprende suppergiù i nati dal 1975 al 1990, non è mai stata considerata a dovere. Non è stata coccolata dai sondaggisti, impegnati con gli indecisi e l’elettorato cattolico. È stata snobbata da Giuseppe De Rita e dal Censis nei suoi rapporti annuali. Il giornalismo non è esente da colpe. Nel corso degli anni, l’agenda politico-mediatica ha concesso uno spazio spropositato ad amenità come lo straripante voto d’opinione per la Rosa nel Pugno o l’egemonia dei cosiddetti "teodem" nel Partito democratico o il dibattito élite sì, élite no, élite forse, élite di merda. Tutte queste stupidaggini non hanno nulla a che fare con la sopravvivenza dell’Italia e con le più importanti questioni strategiche della nostra epoca, al contrario di Bim Bum Bam. Anche perché la gente non è che pensa alla Rosa nel Pugno: pensa alle canzoni, e canticchia.

C’è un aspetto che vale la pena di sottolineare: la Generazione Bim Bum Bam, tuttora, non riesce a dire "noi", e rischia di restare muta. È un triste paradosso, ma la generazione rappresentata dalla voce di Cristina D’Avena non ha una voce. Le altre generazioni non sembrano ansiose di farsi carico di questo problema (…). I nati dal 1975 al 1990 hanno avuto pochissimo dall’Italia e avranno ancora meno nei prossimi anni (…). I nostri sogni si sono scontrati con la realtà di un paese ostile, intento a coprire con un "largo ai giovani" le proprie lacune culturali sul ventennio di Bim Bum Bam e chiamare tutti i membri della "Generazione Bim Bum Bam" ragazzi. Solo perché hanno seguito la "tv dei ragazzi", essi sono ragazzi per sempre. Questa è una presa in giro. Non esistono ragazzi di 30 anni. A chi li chiama ragazzi, i membri della Generazione Bim Bum Bam dovrebbero rispondere con la battuta immortale del gufo Anacleto nella Spada nella roccia, doppiato da Lauro Gazzolo: "Ragazzo? Ragazzo? Non vedo nessun ragazzo". Il fenomeno della marginalizzazione della Generazione Bim Bum Bam è legato anche a fattori demografici. Le cose sono destinate a peggiorare: nel 2020 i venti-trentenni (fascia di età tra 20 e 39 anni) verranno per la prima volta nella storia d’Italia superati dai cinquanta-sessantenni (fascia di età tra i 50 e i 69 anni), senza che nella seconda fascia siano presenti esponenti della Generazione Bim Bum Bam.

Internet è la chiave per far sentire la Generazione Bim Bum Bam attesa sulla terra, una volta per tutte. Grazie a Internet, possiamo riguardare all’infinito le sigle dei cartoni animati. Ogni persona in grado di collegarsi a YouTube può avere un’idea degli effetti del sodalizio di Alessandra Valeri Manera e Cristina D’Avena. Stiamo parlando di un patrimonio enorme, di cui fanno parte, tra gli altri: I Puffi, Lady Oscar, Hello Spank, Il Tulipano Nero, C’era una volta Pollon, L’incantevole Creamy, Kiss me Licia, Occhi di gatto, David gnomo amico mio, Memole dolce Memole, Mila e Shiro due cuori nella pallavolo, Holly e Benji, È quasi magia Johnny, Ti voglio bene Denver, Il mistero della pietra azzurra, Gemelli nel segno del destino, Sailor Moon, Piccoli problemi di cuore.

Su YouTube, i membri della Generazione Bim Bum Bam si incontrano, nelle loro camerette socchiuse, e mettono in comune il loro patrimonio generazionale. Come può verificare chiunque, la stragrande maggioranza dei commenti alle sigle cantate da Cristina D’Avena e scritte da Alessandra Valeri Manera sono entusiastici.
Ascoltiamo il famoso Paese reale: Mi dispiace solo per i bambini di adesso... cosa si sono persi! (commento alla sigla di Bim Bum Bam). Io sono dell’89 e posso dirvi che risentire queste sigle mi mette tanta nostalgia e piango... sniff sniff... sono cartoni memorabili ke hanno fatto della mia infanzia una cosa unica al mondo... e poi lady oscar con la love story di André e Oscar... insomma è uno dei miei cartoni preferiti in assoluto...insieme a quelli con cui sono cresciuta... grazie x la sigla... (commento a Lady Oscar). Ho dedicato alla mia macchina il nome di creamy. ogni volta che aveva un guasto che non mi sapevo spiegare dicevo parin pam pù e subito dopo, la macchina riprendeva vita. allora l’ho chiamata creamy, dopo mai più problemi (commento all’Incantevole Creamy). Guardo questo video e penso: “che merda che è stata la mia vita negli ultimi 10 anni... quanto ero felice all’epoca” (commento al Mistero della pietra azzurra).

Anche da questi commenti, è facile individuare i due rischi principali per la Generazione Bim Bum Bam e per il suo programma politico: a) la nostalgia e b) la divisione. Il rischio della nostalgia sterile è sempre dietro l’angolo. La nostalgia, in ultima analisi, è una variante del piagnisteo. Sostenere che non esistono più i cartoni animati di una volta non basta. Sostenere che i bambini di oggi sono meno fortunati dei bambini di ieri non basta. Piangere non basta. Bisogna sempre fare qualcosa.
La divisione è un altro male incurabile, perché ritarda il momento in cui ci si sentirà, finalmente, attesi sulla terra. Se la Generazione Bim Bum Bam si perderà nelle sue divisioni, fallirà l’obiettivo fondamentale: diventerà il solito partito, magari raccontando, con disonestà, di essere un popolo.
© 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano

Tratto da: Alessandro Aresu, Generazione Bim Bum Bam, Collezione Strade blu, Mondadori

Alessandro Aresu
è nato a Cagliari nel 1983. E' cofondatore del sito e think tank Lo Spazio della Politica, collabora con Limes (rivista italiana di geopolitica) e con La Nuova Sardegna.

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