Omicidio Fortugno, confermati i quattro ergastoli in appello
CronacaNon cambia la condanna per Alessandro e Giuseppe Marcianò, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, accusati di aver ucciso nel 2005 il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria. La vedova Maria Grazia Laganà: “Le indagini continuino”
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La Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna all'ergastolo per Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, per l'omicidio di Francesco Fortugno, il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005.
Nei confronti dei quattro imputati maggiori l'accusa ha invocato la riduzione, da tre anni a diciotto mesi, della pena accessoria del regime d'isolamento carcerario. Conferma della condanna anche per Carmelo e Antonio Dessi, mentre un aumento di pena, da dodici a diciotto anni, è stato formalizzato a carico di Vincenzo Cordì.
L'uccisione del vicepresidente del Consiglio regionale avvenne il 16 ottobre del 2005 nell'androne di palazzo Nieddu del Rio di Locri, al cui interno era stato localizzato il seggio per le primarie del Pd. L'assassinio di Francesco Fortugno scosse il Paese e ai suoi funerali partecipò anche l'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Cinque mesi dopo il barbaro episodio, esattamente il 21 marzo del 2006, le indagini della Squadra mobile della questura di Reggio Calabria e del commissariato di Siderno ( nella circostanza il Ministero dell'Interno inviò nella Locride i migliori 007) portarono all'arresto di nove persone, quattro già in carcere per una precedente indagine della polizia, tra cui Salvatore Ritorto indicato come l'esecutore materiale del delitto. Un ruolo importante nella prosecuzione del lavoro investigativo lo ebbe uno dei due collaboratori di giustizia, Bruno Piccolo, suicidatosi nella località dove viveva sotto protezione, esattamente, due anni dopo l'uccisione di Fortugno. Il 21 giugno 2006, sempre la polizia, arrestò i due presunti mandanti del delitto: Alessandro e Giuseppe Marcianò, il primo caposala presso l'ospedale di Locri dove Fortugno e la moglie, Maria Grazia Laganà (oggi parlamentare del Pd), lavoravano come medici.
"Ringrazio la magistratura reggina - ha detto Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno - che ha confermato la sentenza di primo grado. Adesso aspettiamo le motivazioni. Per il momento sono troppo emozionata per poter aggiungere altro. Credo sia una soddisfazione non solo per i familiari, ma anche e soprattutto per la società civile di Reggio che vorrei ringraziare". "Io continuo a dirlo a gran voce - ha aggiunto - ed è giusto che continuino le indagini, perché l'uccisione di Franco non poteva essere decisa soltanto a livello locale. Adesso aspettiamo le motivazioni".
Maria Grazia Laganà ha poi rimandato a quanto a suo tempo detto dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che parlava del delitto Fortugno come un omicidio "politico-mafioso". "Io ne sono convinta - ha detto - tanto è vero che continuo a chiedere che si indaghi su un livello superiore. Questo è stato ribadito non solo da Grasso - ha proseguito - ma anche da altri magistrati. Chiedo verità e giustizia fino in fondo. Quello che dovevo fare io l'ho fatto fino in fondo, fin dal primo giorno".
La vedova Fortugno: "Bisogna trovare i mandanti"
La Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna all'ergastolo per Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, Salvatore Ritorto e Domenico Audino, per l'omicidio di Francesco Fortugno, il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005.
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L'uccisione del vicepresidente del Consiglio regionale avvenne il 16 ottobre del 2005 nell'androne di palazzo Nieddu del Rio di Locri, al cui interno era stato localizzato il seggio per le primarie del Pd. L'assassinio di Francesco Fortugno scosse il Paese e ai suoi funerali partecipò anche l'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Cinque mesi dopo il barbaro episodio, esattamente il 21 marzo del 2006, le indagini della Squadra mobile della questura di Reggio Calabria e del commissariato di Siderno ( nella circostanza il Ministero dell'Interno inviò nella Locride i migliori 007) portarono all'arresto di nove persone, quattro già in carcere per una precedente indagine della polizia, tra cui Salvatore Ritorto indicato come l'esecutore materiale del delitto. Un ruolo importante nella prosecuzione del lavoro investigativo lo ebbe uno dei due collaboratori di giustizia, Bruno Piccolo, suicidatosi nella località dove viveva sotto protezione, esattamente, due anni dopo l'uccisione di Fortugno. Il 21 giugno 2006, sempre la polizia, arrestò i due presunti mandanti del delitto: Alessandro e Giuseppe Marcianò, il primo caposala presso l'ospedale di Locri dove Fortugno e la moglie, Maria Grazia Laganà (oggi parlamentare del Pd), lavoravano come medici.
"Ringrazio la magistratura reggina - ha detto Maria Grazia Laganà, vedova di Francesco Fortugno - che ha confermato la sentenza di primo grado. Adesso aspettiamo le motivazioni. Per il momento sono troppo emozionata per poter aggiungere altro. Credo sia una soddisfazione non solo per i familiari, ma anche e soprattutto per la società civile di Reggio che vorrei ringraziare". "Io continuo a dirlo a gran voce - ha aggiunto - ed è giusto che continuino le indagini, perché l'uccisione di Franco non poteva essere decisa soltanto a livello locale. Adesso aspettiamo le motivazioni".
Maria Grazia Laganà ha poi rimandato a quanto a suo tempo detto dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che parlava del delitto Fortugno come un omicidio "politico-mafioso". "Io ne sono convinta - ha detto - tanto è vero che continuo a chiedere che si indaghi su un livello superiore. Questo è stato ribadito non solo da Grasso - ha proseguito - ma anche da altri magistrati. Chiedo verità e giustizia fino in fondo. Quello che dovevo fare io l'ho fatto fino in fondo, fin dal primo giorno".