Bullismo, richiesta dei pm: condannate 4 manager di Google
CronacaDiffusero il video in cui un disabile veniva picchiato e minacciato. L'accusa: pena da 6 mesi a un anno per 4 dirigenti per concorso in diffamazione e violazione della privacy
I pm di Milano Alfredo Robledo e Francesco Cajani hanno chiesto la condanna a pene comprese tra 6 mesi e un anno di reclusione, per quattro dirigenti ed ex dirigenti di Google accusati di concorso in diffamazione e violazione della privacy in relazione a un video caricato su Google Video nel 2006 in cui un minore disabile veniva insultato e vessato dai compagni di scuola di un istituto tecnico torinese.
In particolare, i pm nella loro requisitoria davanti al giudice monocratico della Quarta sezione penale di Milano hanno chiesto la condanna per tre imputati a un anno e per uno di loro a 6 mesi.
"La tutela dei diritti fondamentali non può essere calpestata sulla base soltanto del diritto d'impresa", hanno sostenuto i pm di Milano Alfredo Robledo e Francesco Cajani nel corso della loro requisitoria. E hanno spiegato che si tratta "non di un problema di libertà, ma di responsabilità". Secondo i pm, Google avrebbe avuto il dovere di "lanciare un servizio responsabile, che non può calpestare i diritti fondamentali". Google, secondo i pm, ha infatti tutto il diritto di fare impresa e di guadagnare, ma deve farlo in modo responsabile.
"L'azione di Google è pienamente legittima sulla base dell'ordinamento italiano". Lo ha affermato, rispondendo ai cronisti, l'avvocato Giuliano Pisapia, uno dei difensori dei quattro dirigenti ed ex dirigenti di Google. Pisapia ha aggiunto che la requisitoria è stata fatta dai pm sulla base "di quanto accaduto dopo i fatti contestati, pervenendo a conclusioni giuridiche del tutto infondate e a una richiesta di condanna basata su una responsabilità oggettiva". Dal punto di vista giuridico, invece, secondo l'avvocato, il comportamento di Google è "pienamente legittimo". Dopo la valutazione del giudice, secondo Pisapia, "emergerà l'insussistenza del reato".
Si tratta del primo processo a carico di dirigenti del più famoso motore di ricerca al mondo, relativo alla pubblicazione di contenuti sul web. In particolare, i pm hanno chiesto la condanna a un anno di reclusione per David Carl Drummond, ex presidente del Cda di Google Italy e ora senior vice presidente, per George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy e ora in pensione, e per Peter Fleitcher, responsabile delle strategie per la privacy per l'Europa di Google Inc. Per Arvind Desikan, responsabile del progetto Google Video per l'Europa, invece, l'accusa ha chiesto una condanna a sei mesi di reclusione.
Il video in cui il minore portatore di handicap veniva insultato e deriso dai compagni di una scuola torinese, venne girato a fine maggio 2006 e caricato su Google Video l'8 settembre 2006, dove rimase online fino al 7 novembre. Il filmato era inserito nella categoria 'Video piu' divertenti' ed era arrivato al 29/o posto dei video piu' cliccati, con 5500 contatti. Nelle scorse udienze del processo, che si svolge con il rito abbreviato e a porte chiuse come richiesto dalla difesa degli imputati, i legali del ragazzino disabile avevano ritirato la querela nei confronti degli imputati. Sono invece presenti come parti civili nel processo l'associazione 'Vividown', che veniva insultata nel video, e il Comune di Milano, che puo' costituirsi in base alla legge istitutiva del difensore civico nei procedimenti in cui sono vittime persone disabili.
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"L'azione di Google è pienamente legittima sulla base dell'ordinamento italiano". Lo ha affermato, rispondendo ai cronisti, l'avvocato Giuliano Pisapia, uno dei difensori dei quattro dirigenti ed ex dirigenti di Google. Pisapia ha aggiunto che la requisitoria è stata fatta dai pm sulla base "di quanto accaduto dopo i fatti contestati, pervenendo a conclusioni giuridiche del tutto infondate e a una richiesta di condanna basata su una responsabilità oggettiva". Dal punto di vista giuridico, invece, secondo l'avvocato, il comportamento di Google è "pienamente legittimo". Dopo la valutazione del giudice, secondo Pisapia, "emergerà l'insussistenza del reato".
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