Segnale polarizzato nel gas intergalattico in galassie Abell 523
Un team internazionale di scienziati guidato da ricercatrici e ricercatori dell'Istituto Nazionale di Astrofisica ha rivelato per la prima volta un segnale polarizzato nel gas intergalattico dell'ammasso di galassie Abell 523 che si estende su scale mai osservate prima, circa ottanta volte la dimensione della Via Lattea. Questo segnale polarizzato fornisce una prova diretta della presenza di un debole ma esteso campo magnetico che pervade l'ammasso, fino alla sua periferia. Il risultato è in pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Abell 523 è un ammasso di galassie invisibile a occhio nudo che si trova a circa 1,6 miliardi di anni luce dal Sistema solare e appare nel cielo circa a metà strada tra la costellazione di Orione e quella del Toro. Per le osservazioni sono stati usati i dati raccolti dallo Jansky Very Large Array (VLA), una rete di radiotelescopi costruita nel New Mexico, USA.
"Grazie al Very Large Array (VLA) siamo riusciti ad osservare l'emissione polarizzata associata al mezzo intergalattico dell'ammasso Abell 523 e fare luce su un fenomeno altrimenti inaccessibile. L'emissione polarizzata che abbiamo scoperto si estende su scale spaziali in cui quella in intensità totale non è infatti visibile" spiega Valentina Vacca, ricercatrice dell'Inaf di Cagliari e prima autrice dello studio.
"Le osservazioni in polarizzazione sono poco interessate da alcuni limiti strumentali, per gli addetti ai lavori si parla di limite di confusione, rispetto a quelle in intensità totale. A parità di tempo osservativo e risoluzione, le osservazioni in polarizzazione possono raggiungere sensibilità molto più elevate e rivelare sorgenti deboli che non sarebbero visibili altrimenti" commenta Federica Govoni, responsabile della Divisione Nazionale Abilitante per la Radioastronomia dell'INAF.
"Pensavamo però di dover aspettare alcuni decenni e l'avvento dell'Osservatorio SKA. Il risultato che abbiamo ottenuto - dice Matteo Murgia, primo ricercatore dell'Inaf di Cagliari - anticipa i tempi e dimostra che questo tipo di studi può essere già svolto con gli strumenti attuali".