Il muto di Gallura, un western tutto sardo

Sardegna

Regista al TFF, racconto terra di frontiera, un mondo sospeso

(di Francesco Gallo) (ANSA) - TORINO, 01 DIC - IL MUTO DI GALLURA di Matteo Fresi con protagonista Andrea Arcangeli, unico film italiano in concorso alla 39/a edizione del Torino Film Festival, è una strana opera, una sorta di western, ispirato a una storia vera, e ambientato tra gli straordinari monti e i boschi della Gallura dove, tra il 1849 e il 1856, si consumò una feroce faida tra le famiglie Mamia, Pileri e Vasa. Una faida che causò la morte di oltre settanta persone. Esteticamente molto curato, il film, distribuito da Fandango, mette in scena questa cultura arcaica della Sardegna di metà Ottocento piena di eleganza e riti e del tutto lontana dall'Italia continentale, una sorta di terra di frontiera dove è forte il radicamento con la tradizione e la natura è davvero stupenda. Il protagonista Bastiano Tansu (Andrea Arcangeli), detto il Muto, è comunque un personaggio toccato da una sorte tanto avversa da far paura, da evocare qualcosa di demoniaco.
    Così è abbastanza normale che Tansu, sordomuto dalla nascita e per questo maltrattato ed emarginato, abbia visto montare dentro di sé una furia, un rancore che insieme alla sua mira prodigiosa divennero determinati per le sorti della sanguinosa faida. Spiega il regista a Torino: "Il Muto di Gallura racconta il peso specifico di un mondo arcaico e sospeso, archetipico teatro di umane tribolazioni. La vicenda reale, quella della faida tra le famiglie Vasa e Mamia, è scivolata nella leggenda grazie a Bastiano Tansu, un sordo incapace di comunicare a parole. La sua ferocia, il suo animo gentile, la sua mira infallibile, il suo amore impossibile per la figlia di un pastore, sono stati raccolti in un libro da Enrico Costa a pochi anni di distanza dai fatti reali, conferendo alla leggenda dignità storica". E ancora Matteo Fresi: "La Gallura di metà Ottocento era una terra di frontiera. Da poco sotto il controllo dei Savoia, mal sopportava le regole imposte da uno Stato di cui faticava persino a comprendere la lingua. La società gallurese aveva le proprie regole a cui non era disposta a rinunciare: l'arcaico codice della vendetta, amministrato dai ragionanti e dai pacieri". (ANSA).
   

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