Nelle linee guida, l'elettrochemioterapia come palliativo
Significativi passi avanti nel trattamento dei tumori della vulva sono stati compiuti grazie a uno studio dell'Irccs Policlinico Sant'Orsola di Bologna, condotto su 61 pazienti e pubblicato su 'Cancers' lo scorso settembre. La sperimentazione ha riguardato l'applicazione dell'elettrochemioterapia come trattamento palliativo dei tumori vulvari in stadio avanzato e/o recidivi. I risultati ottenuti hanno portato all'inserimento della terapia all'interno delle linee guida della società europea di ginecologia per il trattamento di questo tipo di patologia.
Il carcinoma vulvare è una neoplasia rara, con un'incidenza del 4% su tutti i tumori ginecologici e dello 0,3% di tutti i tumori femminili. È una malattia all'inizio indolente, più frequente in pazienti dai 75 anni in su; negli stadi iniziali, la sopravvivenza è circa dell'86%, mentre quando è regionale, cioè interessa le strutture vicine come l'uretra e il retto, la sopravvivenza scende al 54% e con metastasi crolla al 16%. Le recidive hanno un fattore di rischio per l'insorgere di metastasi. In questi casi, la chirurgia o la radioterapia hanno dei forti limiti e la chemioterapia risulta poco efficace. Gli studi del Sant'Orsola hanno dimostrato l'efficacia invece del trattamento palliativo con elettrochemioterapia, una terapia eseguita in day surgery e in anestesia locale della durata di 45 minuti circa, durante la quale vengono somministrati a livello sistemico farmaci chemioterapici e applicati impulsi elettrici quando la concentrazione del farmaco nel corpo e quindi nel tumore è al suo picco. Tra i principali risultati, migliori aspettative di vita e forte riduzione dei sintomi dolorosi.
Tutto grazie alle sperimentazioni guidate dalla dottoressa Anna Myriam Perrone, effettuate all'Irccs dalla struttura di ginecologia oncologica diretta dal professore Pierandrea De Iaco, in collaborazione con la radioterapia del professore Alessio Morganti e in particolare del dottor Andrea Galuppi.
(ANSA).