Conta più di 20mila volontari, nel 2021 475mila interventi
(ANSA) - BOLOGNA, 23 MAR - Un numero che richiama l'articolo della Costituzione sulla sussidiarietà. È per questo motivo che è stato assegnato il 118 al servizio sanitario territoriale di emergenza, con il decreto del presidente della Repubblica del 27 marzo 1992. La storia è stata ricostruita questa mattina - durante la conferenza stampa con l'assessore regionale alla Salute, Raffaele Donini, per celebrare i 30 anni del servizio - da uno dei fondatori, Marco Vigna, che ha gestito sia la prima centrale operativa dell'ospedale Maggiore che i soccorsi della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Il servizio, infatti, fu sperimentato per la prima volta a Bologna e Udine durante i mondiali di calcio in Italia del 1990, ma la strada verso il 118 di oggi venne intrapresa già negli anni Settanta, in Emilia-Romagna, al punto che, come spiegato da Vigna, la legge nazionale si è ispirata quasi completamente al modello messo in piedi in Regione, prima con la realizzazione di una rete radio e poi con i tentativi di integrare tutti i soggetti che si occupavano di soccorso.
Secondo i dati forniti, la Regione investe nel servizio 180 milioni all'anno, di cui 105 destinati alle aziende sanitarie e 75 alle associazioni di volontariato. In Emilia-Romagna partecipano al servizio di emergenza, attivo 24 ore su 24, 3.200 tra medici e infermieri, 500 autisti soccorritori, quasi 21mila volontari per un totale di 270 tra ambulanze e automediche. Nel 2021, inoltre, sono stati effettuati 475mila interventi e sono stati soccorsi 490mila pazienti.
"Ringrazio tutto il personale per il lavoro fatto in questi due anni di pandemia - ha detto attraverso un videomessaggio Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia-Romagna - il virus ha dimostrato che può colpire chiunque e se non c'è chi ti aiuta non te la cavi. Come Regione continueremo a investire per irrobustire il sistema sanitario pubblico e universalistico".
(ANSA).