Dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Ferrara
La Corte di Appello di Bologna ha ridotto le pene per Sergio Lenzi e Daniele Forin, ex presidente e dg di Carife, grazie alla prescrizione di alcuni reati: per entrambi un anno e nove mesi, mentre erano stati condannati a due anni e tre mesi e due anni e sei mesi. È l'esito del processo di secondo grado sul crac Carife legato all'aumento di capitale del 2011.
È stato dichiarato invece inammissibile l'appello della Procura, che aveva chiesto condanne per bancarotta impropria legata allo scambio di azioni e quindi sono stati assolti tutti gli altri sette imputati, come in primo grado. Davide Filippini, ex funzionario Carife, ritenuto il "regista" dell'aumento di capitale per cui l'accusa aveva chiesto sei anni; Michele Sette, altro funzionario Carife per cui la procura aveva chiesto quattro anni e sei mesi; Michele Masini, responsabile società revisione Deloitte&Touche (per lui richiesta di due anni e otto mesi). E i dirigenti o ex delle banche che aiutarono Carife a raggiungere la quota dei 150 milioni di aumento di capitale, con uno scambio di azioni ritenuto illegale. Le richieste erano state di tre anni e dieci mesi di pena per Germano Lucchi, Adriano Gentili e Maurizio Teodorani (CariCesena) Spartaco Gafforini (Valsabbina).
La sentenza della Corte d'appello era attesissima, non solo dalle migliaia di risparmiatori che di fatto finanziarono l'aumento di capitale. Ora la Procura di Ferrara, anche sulla base di questo pronunciamento, potrà calibrare le accuse e chiudere l'inchiesta madre sul crac Carife, dal 2007 al 2013, quando la banca venne commissariata perché sull'orlo del fallimento che arrivò poi nel 2015-2016 dopo la gestione dei commissari, il decreto Salvabanche e la dichiarazione dello stato di insolvenza.