Tar, provvedimento adottabile solo per gli imprendori
Il Tar della Valle d'Aosta ha annullato l'interdittiva antimafia a carico dell'avvocato Andrea Gino Giunti, accusato di associazione mafiosa nel processo Alibante davanti al tribunale di Lamezia Terme, insieme, tra gli altri, alla moglie e collega Maria Rita Bagalà, figlia del presunto boss Carmelo. Il provvedimento impediva al legale di lavorare con la pubblica amministrazione.
Secondo i giudici amministrativi di primo grado, la questura di Aosta non avrebbe potuto adottare il provvedimento a carico di Giunti perché nella normativa non è presente, si legge nella sentenza, "il riferimento all'adozione di informazioni interdittive nei confronti di persone fisiche non imprenditori".
Era stata la Regione a richiedere il rilascio della comunicazione antimafia, dopo che nel 2020 il legale del foro di Aosta aveva ottenuto un contributo regionale a compensazione delle perdite di fatturato derivanti dall'emergenza pandemica da Covid-19.
"Ipotizzare l'interdicibilità di una persona fisica non imprenditore - scrivono i giudici - significherebbe fuoriuscire dai limiti 'strutturali' dell'istituto, che da misura amministrativa di tipo cautelare e preventivo finirebbe per tramutarsi in una sorta di anticipazione di pena accessoria tipica dell'ordinamento penale, in violazione di ogni principio di legalità formale e sostanziale e di 'prevedibilità' della sanzione". Inoltre anche il potere "di estendere le verifiche antimafia a 'soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa' è pur sempre funzionale a valutare la permeabilità criminosa dell'impresa a cui tali soggetti sono collegati: trattasi, dunque, di un accertamento compiuto non nei riguardi di una persona fisica in quanto tale, bensì quale parametro per misurare il grado di inquinamento mafioso dell'imprenditore, che rimane l'unico destinatario del provvedimento interdittivo".