Frode 'carosello' con carburanti, sequestro 20 mln a Teramo

Marche

Sono 62 gli indagati, accuse di dichiarazioni Iva fraudolente

   La Guardia di Finanza di Teramo ha eseguito un decreto di sequestro preventivo per oltre 20 milioni di euro, nei confronti dei due amministratori di una società operante nel settore del commercio di carburanti per autotrazione con sede nel teramano e con nove distributori nelle province di Teramo, Ascoli Piceno e Fermo. Il provvedimento cautelare, è stato emesso dal Gip del tribunale di Ascoli Piceno, su richiesta della locale Procura della Repubblica, e arriva al termine di un'attivita' di indagine avviata con una verifica fiscale.
    Nel corso delle indagini sono state denunciate 60 persone per l'emissione di fatture per operazioni inesistenti mentre ai due rappresentanti legali della società controllata viene contestato di avere presentato dichiarazioni Iva fraudolente mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare imponibile di 91,4 milioni di euro ed un'Iva pari a 20,1 milioni di euro.
    Quella scoperta dalla Finanza è la classica "frode carosello". Il prodotto petrolifero, secondo quanto emerso dalle indagini, veniva infatti ceduto a società cosiddette "cartiere" o "missing traders" che avevano il solo compito di produrre documentazione contabile fiscale fittizia da inviare alla società reale acquirente della merce. Tali imprese fantasma, secondo le fiamme gialle, avevano la funzione di interporsi nella transazione commerciale in modo da risultare quali falsi acquirenti del prodotto petrolifero che poi veniva ceduto alla società beneficiaria della frode non solo ad un prezzo inferiore a quello di mercato, ma consentendo anche di beneficiare della detrazione dell'Iva.
    "Le 54 imprese 'cartiere' identificate nel corso delle indagini, risultate già coinvolte in analoghe indagini o essere "evasori totali" per non aver presentato le dichiarazioni fiscali obbligatorie per plurime annualità d'imposta - spiega la Finanza in una nota - catalizzavano su se stesse il debito d'imposta sul valore aggiunto che non sarebbe mai stato onorato giacché, prive sia di strutture aziendali che di capacità economiche o addirittura sconosciute agli indirizzi dichiarati quale sede legale o amministrativa, venivano poi fatte fallire".
    (ANSA).
   

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