Inquinamento acustico, i Paesi Ue potrebbero fare meglio. Anche l’Italia

In Europa, almeno una persona su cinque vive in aree in cui i livelli di inquinamento acustico superano le soglie considerate sicure per la salute. La fonte principale resta il traffico stradale, soprattutto nelle zone urbane densamente popolate, seguito da quello ferroviario e aereo. Secondo l’ultimo report dell’Agenzia europea per l’ambiente, ogni anno il rumore da trasporto è stato associato a 66mila morti premature, 50mila nuovi casi di malattie cardiovascolari e 22mila diagnosi di diabete di tipo 2, per un totale di oltre 1,3 milioni di anni di vita in salute persi. L’impatto non riguarda solo gli adulti, ma anche bambini e adolescenti: l’esposizione al rumore contribuisce ogni anno a oltre 560mila casi di difficoltà nella comprensione della lettura, 63mila problemi comportamentali e 272mila casi di obesità. L'inquinamento acustico ha conseguenze negative anche sulla biodiversità: quasi un terzo delle aree protette europee della rete Natura 2000 presenta livelli acustici potenzialmente dannosi per la fauna terrestre, mentre sott'acqua il rumore minaccia seriamente gli ecosistemi marini. Nonostante l’obiettivo dell’Unione europea di ridurre l’inquinamento acustico del 30% entro il 2030, tra il 2017 e il 2022 la diminuzione è stata appena del 3%. L’Italia tra i Paesi più esposti Secondo il report, circa 112 milioni di persone sono esposte in modo prolungato a livelli di rumore provenienti da traffico stradale, ferroviario e aereo superiori alle soglie fissate dalla Direttiva europea sul rumore ambientale. Il traffico stradale emerge nettamente come la principale fonte di inquinamento acustico, sia nelle aree urbane sia in quelle extraurbane: impatta su circa 92 milioni di persone durante il giorno e su 58 milioni di notte. Le città sono i luoghi più colpiti: nei contesti urbani, circa 69 milioni di persone sono esposte a livelli nocivi di rumore stradale, mentre anche l’effetto del traffico ferroviario e aereo risulta più marcato rispetto alle aree non urbane. Se non visualizzi il grafico, clicca qui In totale, 15 Paesi europei registrano oltre il 20% della popolazione esposta a livelli di rumore da trasporto superiori a 55 decibel, mentre solo Estonia, Slovacchia e Portogallo presentano quote inferiori al 10%. In termini assoluti, la Francia riporta il numero più alto di persone esposte a livelli di rumore nocivi . La Germania guida invece per esposizione notturna, con circa 15 milioni di individui coinvolti. In termini percentuali, Cipro e Lussemburgo sono i casi più critici: oltre metà della popolazione è esposta ogni giorno a livelli di inquinamento acustico dannosi per la salute. Queste differenze tra Paesi riflettono una combinazione di fattori: dalle metodologie di mappatura e la qualità dei dati, alla densità della rete di trasporti e delle aree urbanizzate, fino all’efficacia delle politiche di gestione del rumore. Se non visualizzi il grafico, clicca qui In Italia, circa 14 milioni di persone sono esposte a livelli di rumore superiori alle soglie considerate nocive durante il giorno, mentre 10 milioni lo sono nelle ore notturne. In termini relativi, ciò significa che un quarto della popolazione italiana vive in aree in cui il rumore ambientale supera i limiti stabiliti dalla normativa europea, percentuale che rimane comunque elevata anche di notte . Un dato particolarmente significativo riguarda l’inquinamento acustico causato dal sistema ferroviario: con oltre 5 milioni di persone esposte, l’Italia registra il valore più alto tra tutti i Paesi analizzati. L’impatto sulla salute umana e sugli ecosistemi L’inquinamento acustico rappresenta un fattore di rischio significativo per la salute pubblica. L’esposizione prolungata al rumore infatti genera stress e peggiora la qualità del sonno, compromettendo la funzione degli organi, accelerando i processi di invecchiamento biologico e alterando i ritmi circadiani. L’impatto complessivo è rilevante: in Europa, l’inquinamento acustico causato dal sistema dei trasporti è responsabile ogni anno di circa 50mila nuovi casi di malattie cardiovascolari, 22mila casi di diabete di tipo 2 e 66mila morti premature. Nel caso di bambini e adolescenti, si stima che il rumore contribuisca a oltre 560mila casi di difficoltà nella comprensione della lettura, 63mila problemi comportamentali e più di 270mila casi di obesità nella fascia d’età tra i 6 e i 17 anni. Se non visualizzi il grafico, clicca qui In Italia, la mortalità attribuibile all’inquinamento acustico risulta tra le più elevate in Europa. Il rapporto non fornisce spiegazioni specifiche per il caso italiano, ma indica alcuni fattori generali che possono contribuire a queste differenze. In particolare, i tassi più alti tendono a registrarsi nei Paesi di dimensioni relativamente ridotte ma densamente popolati, dove la vicinanza tra aree residenziali e infrastrutture di trasporto amplifica l’esposizione quotidiana al rumore. A incidere sono anche le differenze nei dati sanitari di base: la presenza di popolazioni più vulnerabili o con maggiori fattori di rischio preesistenti può accentuare gli effetti negativi del rumore sull’organismo . L’inquinamento acustico non colpisce solo gli esseri umani, ma anche gli altri animali. Non tutte le specie reagiscono allo stesso modo: uccelli, mammiferi, anfibi, insetti e altre categorie possono subire effetti diversi a seconda della loro dipendenza dai suoni per comunicare, orientarsi o individuare predatori e prede. Il rumore può interferire con questi meccanismi, alterando l’alimentazione, la riproduzione e la difesa del territorio, oltre a generare stress fisiologico e spingere alcune specie ad abbandonare i loro habitat. Questo processo può modificare la distribuzione e la composizione delle comunità, favorendo le specie più tolleranti al rumore e indebolendo quelle più sensibili. Anche gli ecosistemi marini sono vulnerabili: il rumore subacqueo prodotto dal traffico navale e dalle attività industriali può disturbare la vita di organismi che si affidano al suono per sopravvivere, come cetacei e pesci, con effetti a cascata sulla salute complessiva degli ecosistemi. L’obiettivo per il 2030 resta lontano Tra il 2017 e il 2022 è aumentata la quota di popolazione esposta a livelli di rumore più bassi , mentre è diminuita quella esposta ai livelli più alti, sopra i 65 decibel. Nel complesso, il numero totale di individui esposti al rumore da traffico stradale, ferroviario e aereo è diminuito, ma solo del 3%. Nonostante questi progressi, l’obiettivo europeo di ridurre del 30% entro il 2030 il numero di persone cronicamente disturbate dal rumore resta lontano. Alcuni risultati, come la diminuzione dell’esposizione al rumore aereo, infatti, potrebbero inoltre essere temporanei e legati al calo dei voli durante la pandemia. Per raggiungerlo, il report segnala che sarà cruciale agire sul traffico stradale, la principale fonte di inquinamento acustico in Europa. Secondo le proiezioni, una combinazione di misure potrebbe ridurre fino al 21% il numero di persone esposte a livelli dannosi. Senza interventi strutturali di questo tipo, tuttavia, il traguardo del 2030 rischia di restare fuori portata.

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Inquinamento acustico, i Paesi Ue potrebbero fare meglio. Anche l’Italia

Roberta Cavaglià