Il cambiamento climatico sta cambiando la dieta dei giapponesi: la crisi del pesce

Quando si pensa alle conseguenze del cambiamento climatico, tra le prime cose che vengono in mente ci sono gli eventi meteorologici estremi o l’innalzamento del livello dei mari. Ma un altro grave effetto del surriscaldamento globale è la perdita di biodiversità, dovuta all’incapacità delle piante e degli animali di adattarsi a cambiamenti rapidi. Ciò sta già portando a diversi mutamenti del mondo dell’agricoltura e della pesca, che in ultima istanza potrebbero modificare la dieta di alcune popolazioni. Il quotidiano economico giapponese Nikkei ha analizzato i dati relativi alle popolazioni di specie marine nella baia di Sagami, a sud di Tokyo, raccolti dall’Università della capitale a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, e ha scoperto che negli ultimi anni molte specie stanno scomparendo a causa del surriscaldamento delle acque. Nella baia di Sagay, un'area che rappresenta appena un duecentesimo delle acque territoriali giapponesi, vivono circa 2.000 specie ittiche, ovvero il 40% di tutte quelle presenti in Giappone. Si tratta quindi di un’area molto rappresentativa dell’ecosistema marino del Paese. Nikkei ha scoperto che delle 673 specie ittiche registrate tra il 1890 e il 1940, il 70% erano specie d’acqua temperata, come la ricciola e l’orata. Nel 2006, quando le specie identificate erano salite a 1549, la percentuale di pesci tropicali e subtropicali è cresciuta fino a toccare quota 45%. Infine, delle 1956 specie identificate al 2024, quelle tropicali e subtropicali sono arrivate a rappresentare quasi la metà del totale: il 49%. Secondo i dati raccolti da Nikkei, in poco meno di 20 anni, il numero di pesci delle famiglie dei pomacentridi ed epinephelinae, che includono ad esempio i pesci pagliaccio, è aumentato di oltre 1,5 volte. La famiglia dei pesci cardinale, che si trova principalmente nelle barriere coralline, è aumentata di 1,4 volte e i labridi di 1,2 volte. Molti di questi pesci riescono a sopravvivere anche durante l’inverno: negli ultimi 60 anni la temperatura dell’acqua nella baia di Sagay è aumentata di un grado e negli ultimi anni scende sempre meno spesso sotto i 15 gradi. Oltre all’arrivo dei pesci tropicali, il riscaldamento delle acque significa anche la fuga delle specie temperate che fino a qualche decennio fa popolavano i mari del Giappone. Negli ultimi vent’anni, pesci come il tonno a pinne gialle, la spigola, la sogliola e il polpo hanno iniziato a spostarsi e quindi a essere pescate sempre meno. Ma non solo: a causa dell’aumento della competizione per la sopravvivenza e quindi la mancanza di cibo, il peso di molti di pesci ha iniziato a diminuire. Ad esempio il lanzardo, una specie di sgombro molto comune nei mari del Giappone, ha dimezzato il suo peso tra il 2010 e il 2022. Nonostante, per ora, i pesci tradizionali si continuino a trovare nei supermercati giapponesi, negli ultimi anni i prezzi sono aumentati a causa della loro scarsità. Nikkei ha analizzato i cambiamenti nei volumi di cattura e nei prezzi medi dei 70 principali prodotti ittici in 127 porti di tutto il Giappone nell’arco degli ultimi 20 anni, scoprendo che il pescato è diminuito di circa il 60% e i prezzi sono aumentati vertiginosamente. Nel periodo 2021-2023 il pescato di costardella del Pacifico, uno dei pesci più consumati in Giappone soprattutto nel periodo autunnale, ammontava a un undicesimo rispetto al periodo 2003-2005 e il suo prezzo è salito di 6,5 volte. I prezzi dei calamari e di alcune specie di salmone, altri prodotti molto consumati in Giappone, sono triplicati. Se i giapponesi non si adatteranno a mangiare i pesci tropicali che popolano sempre più le loro acque, il settore della pesca dovrà competere sempre più con le importazioni e andrà incontro a una grave crisi. Ma un cambiamento della dieta è già in atto, dettato da prezzi sempre più alti e pesci sempre meno grassi, qualità che era particolarmente apprezzata dai giapponesi.

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