Cop28, partenza falsa sul presidente?

Ambiente
Daniele Moretti

Daniele Moretti

Per la prima volta il Presidente della COP28 a Dubai sarà il CEO di una enorme azienda petrolifera. Alla preoccupazione, a volte lo sdegno, di molti ambientalisti, fa eco una vena di pragmatismo, forse ispirata dall’urgenza degli obiettivi da centrare

Era difficile immaginare che la nomina di Sultan Ahmed Al Jaber a Presidente della COP28 non suscitasse più di qualche alzata di sopracciglio e la conferma che sarà proprio lui a presiedere la Conferenza delle Parti, in programma negli Emirati Arabi Uniti nella prima metà di dicembre, ha sortito la tenuta alzata di scudi, con più di qualche distinguo.

Il fatto è che Al Jaber è CEO della Abu Dhabi National Oil Corporation (ADNOC), una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. Al livello più semplice di narrazione, organizzare il più grande consesso mondiale votato alla decarbonizzazione nella Penisola Arabica e affidare la presidenza a un amministratore delegato di una compagnia petrolifera non può che far strabuzzare gli occhi.
 

Come sempre, però, non è così semplice e la questione merita qualche considerazione in più. Intanto va sgombrato il campo sulla questione dell’assegnazione al Paese e va chiarito, per chi non conoscesse il meccanismo, che l'organizzazione della Conferenza è conferita in base alla prassi della rotazione tra i gruppi regionali delle Nazioni Unite (sono cinque, più i casi speciali). Così come nel 2022 spettava all'Africa, e si è tenuta poi in Egitto, nel 2023 spetta all’Asia e unico candidato erano proprio gli Emirati Arabi Uniti. Certo, non può passare inosservato che gli Emirati Arabi hanno un’enorme carbon footprint per abitante: la quarta più grande del mondo, dopo Qatar, Bahrain e Kuwait.
 

Ma veniamo alla designazione della Presidenza. Conviene partire, per avere un po’ di prospettiva, dal precedente più vicino. Nel 2022 l’Egitto ha indicato come presidente della COP27 Sameh Shoukry, ministro degli Esteri. Anche in quel caso si era aperta la danza delle sopracciglia, quanto meno di tutti quelli che si aspettavano l’indicazione del ministro dell’ambiente Yasmine Fouad, scienziata climatica con un record internazionale di tutto rispetto e non certo di un nome sconosciuto ai processi di negazione climatica.
 

Per citare Greenreport.it di circa un anno fa, “La retrograda e cleptomane dittatura egiziana, questo retroterra sociale e politico disinformato e la nomina di Shoukry al posto della Fouad (..), non fanno certo ben sperare (…) Probabilmente si tratterà di una COP di transizione verso la COP28 che è già stata assegnata agli Emirati Arabi Uniti, una federazione di micro-petro-monarchie assolute islamiste che però ha come ministro dell’ambiente una donna: Mariam bint Mohammed Almheiri. E forse Abu Dhabi non seguirà l’esempio del Cairo e non la sostituirà all’ultimo momento alla presidenza della COP con un uomo”.
 

Ecco, appunto.


D’altro canto va ricordato che Al-Jaber non solo è amministratore delegato di una compagnia petrolifera, ma sovrintende anche ai progetti di energia rinnovabile, come ministro dell'industria e della tecnologia degli Emirati Arabi Uniti e “ha svolto un ruolo chiave nel plasmare il percorso di energia pulita del paese", secondo un dichiarazione riportata dall'agenzia di stampa statale degli Emirati-WAM.

In effetti, il suo CV parla chiaro: Al-Jaber ha ricoperto per due mandati il ruolo di Inviato Speciale per i Cambiamenti Climatici dello Stato. Ha partecipato a numerose Cop e si è fatto notare ai tavoli della negoziazione climatica degli ultimi anni. Perfetta espressione di quella politica dei due tavoli di quella Regione del mondo, Al Jaber è anche CEO e Founder di Masdar, la società di energia rinnovabile statale per il 24% di proprietà ADNOC. Masdar si occupa di sviluppare progetti di energia rinnovabile nel Paese e a livello globale.
 

Insomma, la sua nomina da parte del Paese organizzatore della COP è in realtà completamente coerente con una cornice istituzionale.

Eppure, per dirla con Mauro Albrizio, dell’Ufficio Europeo di Legambiente, qui il problema non è formale, ma sostanziale e politico. Gli obiettivi che dobbiamo centrare come consorzio umano sono di portata enorme e con tempi strettissimi. Sono chiaramente indicati da IPCC e IEA. Per mantenerli vivi, ancor prima che centrarli, non sono ammesse distrazioni.
 

Christiana Figueres, Capo del clima delle Nazioni Unite 2010-2016, non ha dubbi: “L'Agenzia internazionale dell'energia (IEA) è stata abbondantemente chiara sul fatto che non c'è più spazio in atmosfera per nuovo petrolio, gas o carbone. Questa chiarezza politica fa eco alle scoperte della scienza e alle crescenti richieste dell'opinione pubblica. La COP28 non deve solo allinearsi a questa realtà, ma di fatto accelerare la decarbonizzazione globale. Non c'è altra strada da percorrere".
 

Le fa eco Vanessa Nakate, attivista ugandese per la giustizia climatica: "La COP28 ha bisogno di vedere soldi veri investiti nel fondo LOSS & DAMAGE concordato in Egitto. Ma accanto a questo, la COP28 deve accelerare l'eliminazione globale dei combustibili fossili: non possiamo avere un'altra COP in cui gli interessi dei combustibili fossili sono autorizzati a sacrificare il nostro futuro per guadagnare qualche altro anno di profitti ".


La richiesta più chiara arriva da Tasneem Essop, direttore esecutivo di Climate Action Network International. "Con la nomina di Sua Eccellenza Sultan Ahmed Al Jaber a Presidente della COP28, è imperativo che il mondo sia rassicurato sul fatto che si dimetterà dal suo ruolo di CEO dell'Abu Dhabi National Oil Corporation (ADNOC). Non può presiedere un processo che ha il compito di affrontare la crisi climatica con un tale conflitto di interessi, guidando un'industria che è responsabile della crisi stessa.


"Se non si dimette dalla carica di amministratore delegato, ciò equivarrà a una presa su larga scala dei colloqui sul clima delle Nazioni Unite da parte di una compagnia petrolifera nazionale petrolifera e dei suoi associati lobbisti sui combustibili fossili. La COP26 a Glasgow ha visto la partecipazione di 500 lobbisti sui combustibili fossili, la COP in Egitto ha visto un aumento del 25% della loro presenza, COP28 ora sembra essere la stagione aperta per interessi acquisiti che senza dubbio useranno i colloqui sul clima per continuare a minare qualsiasi progresso sull'azione per il clima. Come società civile chiediamo che Al Jaber faccia la cosa giusta e si faccia da parte o si dimetta
”.


In attesa di capire se davvero Al Jaber prenderà in considerazione la possibilità di lasciare il suo incarico petrolifero, va registrata però anche una serie di reazioni di segno diverso, quando non opposto. Maria Mendiluce, CEO di We Mean Business Coalition va nella direzione dei contenuti, più che della forma: "La forte ambizione e leadership del nuovo presidente degli Emirati Arabi Uniti della COP28, Sultan Al Jaber, è fondamentale per accelerare i significativi investimenti necessari a livello globale per fornire un sistema energetico pulito, con i nuovi posti di lavoro, la salute e i benefici economici che porterà. La scienza ci dice chiaramente i pericoli se andiamo oltre il limite di 1.5°C: non ci possono essere nuovi progetti di combustibili fossili, per l'Agenzia internazionale per l'energia.


"Alla COP27, le imprese globali hanno sostenuto con forza l'appello a garantire di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5°C e oltre 80 paesi hanno sostenuto l'appello a ridurre gradualmente i combustibili fossili. In poche parole: i combustibili fossili saranno inevitabilmente sostituiti con energia pulita. Le imprese hanno bisogno che la presidenza della COP28 mobiliti politiche e finanziamenti governativi ambiziosi per aumentare drasticamente gli investimenti nell'energia pulita, bloccando al tempo stesso i nuovi investimenti nei combustibili fossili. Ciò consentirà alle aziende di ridurre rapidamente le emissioni e costruire un'economia globale più sicura, più stabile e fiorente".

Dalla parte di chi opta per un’apertura di credito, Manuel Pulgar-Vidal, presidente della COP20, ex ministro dell'Ambiente per il Perù e attuale responsabile mondiale per il clima e l'energia del WWF: "Col tempo, ci renderemo conto che il 2021-2022 è stato un punto di svolta critico. È il momento in cui alcuni appelli alla COP per porre fine una volta per tutte ai combustibili fossili che distruggono il clima sono diventati un clamore innegabile. Abbiamo bisogno della COP28 negli Emirati Arabi Uniti per costruire su questa base con un approccio ben ponderato che consenta rapidamente al mondo intero di abbracciare pienamente una transizione completa verso l'energia pulita. Non abbiamo più tempo da perdere. Non vedo l'ora di sostenere la COP28 per ottenere risultati positivi".


Per Yvo de Boer, capo del clima delle Nazioni Unite 2006-2010 “gli Emirati Arabi Uniti hanno molto da offrire, soprattutto quando si tratta della spinosa questione di come affrontare la sfida climatica creando prosperità allo stesso tempo. Masdar City ad Abu Dhabi è un rinomato centro di innovazione verde che ospita anche l’Agenzia Internazionale per l’Energia Rinnovabile (IRENA). Inoltre, gli Emirati Arabi Uniti hanno adottato una solida strategia di crescita verde ed è uno dei principali investitori in energie rinnovabili sia in patria che all'estero. Il presidente designato della COP è stato determinante su molte di queste questioni. Questo gli fornisce la comprensione, esperienza e responsabilità per rendere la COP28 ambiziosa, innovativa e orientata al futuro."


Insomma, sarà solo il suo operato a definire il giudizio sulla presidenza di Sultan Ahmed Al Jaber. La preoccupazione preventiva è certamente più che comprensibile e sottoporre la presidenza a uno scrutinio severo sarà ancora più necessario. E lo scopriremo presto, si spera, non appena il neopresidente si confronterà con il segretario esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) Simon Stiell e il Presidente egiziano della COP27 Shoukry per sviluppare l'agenda della Cop28.

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