Intervista al professore della George Mason University e fondatore di Skeptical Science. E’ uno degli ospiti dell’Aspen Global Congress on Scientific Thinking & Action. A proposito di Joe Biden: avrà un forte impatto su come l’opinione pubblica percepisce il cambiamento climatico
“Il rischio non è che i giovani siano negazionisti, il rischio è l’apatia o il disimpegno”. Così a Sky Tg24 John Cook, docente e ricercatore del Center for Climate Change Communication della George Mason University, che con la sua organizzazione Skeptical Science studia gli articoli scientifici sottoposti a peer review (cioè messi alla prova di altri scienziati). Cook è uno degli ospiti dell’Aspen Global Congress on Scientific Thinking & Action, la rassegna che ospita per quattro giorni cento esperti di comunicatori da oltre cinquanta paesi a confronto su temi scientifici. I panel sono tutti disponibili sul sito di Aspen e su YouTube.
Come sta cambiando l’atteggiamento delle nuove generazioni?
“Vediamo come i giovani si stiano impegnando maggiormente e si stiano appassionando di più al problema. E più questo fenomeno cresce, più può tradursi in azioni a lungo termine contro il cambiamento climatico. Attivisti come Greta Thunberg hanno un ruolo così importante, in quanto aiutano nel coinvolgere i giovani”.
E invece qual è l’impatto di Joe Biden sulla percezione degli americani?
“Non abbiamo raccolto delle prove dirette che dimostrino che sia cambiata la percezione pubblica del cambiamento climatico negli ultimi 60, 70 giorni da quando Joe Biden è diventato presidente. Quello che sappiamo dalle ricerche passate è che uno dei principali fattori che portano a un cambio della percezione sul cambiamento climatico sono gli stimoli da parte dei leader politici. Quando il presidente dice che delle cose che dimostrano l’accettazione del cambiamento climatico o che al contrario lo rinnegano ha una grande influenza sull’opinione pubblica. Dunque il fatto che ora abbiamo un presidente che affermi l’esistenza del cambiamento climatico in accordo con gli esperti ha davvero grande impatto sull'accettazione da parte delle persone del cambiamento climatico.
Che impatto ha avuto la pandemia sull’atteggiamento delle persone nei confronti del cambiamento climatico?
“Non ci sono dati in questo senso. Ma abbiamo visto che i venti anni di disinformazione sul cambiamento climatico si sono replicati, nel giro di pochi mesi, con la disinformazione sul covid-19. Soprattutto negli Stati Uniti c’è stata rapida polarizzazione e politicizzazione. Le idee politiche delle persone sono diventate un forte indicatore dell’atteggiamento nei confronti del covid-19. In questo, nel fatto che i temi portano a forti polarizzazioni, vedo molte somiglianze tra la pandemia e il cambiamento climatico”.
General Motors ha annunciato che entro il 2040 sarà carbon neutral. Che effetto hanno annunci di questo tipo?
“Da un lato, quando le grandi aziende annunciano che prenderanno misure contro il cambiamento climatico è sicuramente una cosa positiva. Più le aziende e il mercato mandano segnali di questo tipo alle persone, più si dà uno slancio politico e sociale alla questione ambientale. Dall’altro lato però bisogna stare molto attenti. Spesso si tratta del cosiddetto greenwashing, l’ambientalismo di facciata”.
I social network hanno iniziato a contrastare in maniera più dura le fake news. Queste politiche stanno portando a dei risultati?
“Premesso che collaboro con Facebook per attività di debunking. Le elezioni americane e la pandemia hanno dimostrato che volere è potere. Se i social network vogliono contrastare la disinformazione, riescono ad ottenere risultati. Quindi possono fare lo stesso per quanto riguarda la disinformazione sul clima. E su questo, c’è ancora molto da fare”.