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Dalla lavatrice al mare: le microfibre di plastica arrivano dal bucato

Ambiente

Pietro Pruneddu

(Getty Images)

Secondo uno studio dell’università di Plymouth, ad ogni lavaggio i vestiti rilasciano fino a 700mila particelle, che finiscono negli oceani ed entrano nella catena alimentare. Ma un team di scienziati ha ideato un sistema per contrastare il problema. LO SPECIALE

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La plastica arriva negli oceani nei modi più inaspettati. Attraverso le lavatrici, ad esempio. Ogni volta che viene fatto partire un lavaggio si contribuisce a inquinare il mare, in maniera inconsapevole. I vestiti nel cestello rilasciano centinaia di migliaia di microfibre sintetiche di dimensioni inferiori ai 5 millimetri di lunghezza. E dalla lavatrice, una grande percentuale di queste particelle finisce in mare attraverso le fogne, viene ingerita dalle larve dei pesci ed entra nella catena alimentare. (SKY UN MARE DA SALVARE: LO SPECIALE)

Fino a 700mila particelle per ogni lavaggio 

Uno studio dell'università britannica di Plymouth ha preso in esame i cicli di lavaggio di diverse tipologie di indumenti sintetici, a temperature standard comprese tra 30 e 40 gradi e con vari detersivi: è emerso che durante un singolo lavaggio di sei chili di vestiti vengono rilasciate 137mila microfibre nel caso si lavino tessuti misti cotone-poliestere. Ma se il bucato è di materiali acrilici si arriva a 730mila micro-particelle di plastica rilasciate. Il 40% delle microfibre non viene trattenuto dagli impianti di trattamento e finisce nell’ambiente. Secondo i ricercatori, una città come Berlino ne rilascia ogni giorno una quantità equivalente a 540mila buste di plastica.

In mare 190mila tonnellate di microplastica all’anno

Alla ricerca, pubblicata dal Marine Pollution Bulletin, ha partecipato un gruppo di ricercatori, tra cui Richard Thompson, esperto di fama internazionale che lavora da 20 anni nel settore. "Ci si aspetta che la quantità di microplastiche nell'ambiente cresca nei prossimi decenni, una prospettiva preoccupante per il potenziale impatto di queste sostanze se vengono ingerite”, ha detto Thompson, che è anche a capo dell’International Marine Litter Research Unit di Plymouth. Un dossier del gruppo Eunomia, pubblicato su Sky News, ha invece rivelato che sono 190mila le tonnellate di microfibre di plastica provenienti dai vestiti che ogni anno finiscono in mare. È l’equivalente del peso di 1357 balene blu. Per fare un paragone, le microparticelle in mare provenienti dai cosmetici sono 35mila tonnellate, meno di un quinto.

Le microfibre nella catena alimentare

Una relazione dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha documentato che il lavaggio degli indumenti è responsabile per il 33% delle emissioni di microplastiche nell’ambiente. Particelle che vengono mangiate da organismi più grandi e causano  danni all’apparato digerente. Le microfibre, visibili solo col microscopio, vengono sempre più spesso trovate negli organismi filtratori acquatici come mitili e ostriche, ma anche nello stomaco di pesci e uccelli marini. Ingerire plastica li fa sentire sazi e quindi muoiono denutriti. È così che entrano nella catena alimentare finendo anche nelle nostre tavole. (SKY OCEAN RESCUE)

Le soluzioni da adottare

Le possibili soluzioni, secondo il dottor Richard Thompson, andrebbero cercate nel miglioramento dei sistemi di filtraggio delle lavatrici e nel cambiamento della lavorazione sui tessuti sintetici, per renderli più eco-friendly, visto che al momento il 60% di tutti gli indumenti sul pianeta sono in poliestere. A livello globale bisognerebbe anche aggiornare i depuratori per il trattamento delle acque reflue. Altri studiosi suggeriscono di abbassare al minimo i giri della centrifuga, usare ammorbidenti non pericolosi per l'ambiente o direttamente indossare solo tessuti non sintetici. (SKY UN MARE DA SALVARE, LO SPECIALE)

Cora Ball, una soluzione rivoluzionaria

Per combattere le microfibre, un team di scienziati, educatori ed esperti, riunito intorno al Rozalia Project for a Clean Ocean ha ideato una palla di plastica riciclata (Cora Ball) che si ispira al funzionamento dei coralli, dotati di un sistema di filtraggio dell'acqua anche per le particelle più piccole. Messa in lavatrice, cattura gli scarti e impedisce alle microfibre in plastica di disperdersi nell'acqua di lavaggio. Il progetto, finanziato su Kickstarter, ha raccolto 353mila dollari e presto dovrebbe arrivare sul mercato. Negli Stati Uniti si stima che l'85% delle case abbia una lavatrice: quasi 100 milioni di apparecchi che in media fanno 9 carichi di bucato a settimana. Secondo gli ideatori del progetto, “se il 10% degli americani utilizzasse la Cora Ball, riusciremmo ad evitare che l'equivalente di 30 milioni di bottiglie di plastica ogni anno finiscano nei nostri mari”.

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