Dal Dna una speranza per salvare i rinoceronti del Borneo

Ambiente
Un esemplare di rinoceronte di Sumatra (foto Muse di Trento)
Rinoceronte_Sumatra

Ne restano solo 14 esemplari, la cui riproduzione è resa difficile dall'isolamento genetico. Ora, però, un progetto tutto italiano punta ad arricchire artificialmente il patrimonio della specie. E, chissà, un domani animali estinti potrebbero tornare a vivere. Quasi come in "Jurassic park"

Gli ultimi 14 rinoceronti di Sumatra che vivono in cattività nell'isola del Borneo sono condannati all'estinzione dall'isolamento genetico. L'unica speranza per loro potrebbe arrivare dal Dna. Fantascienza? Non per l' "Arca di Noè", progetto che unisce l'Università di Verona, il Muse di Trento e la Sabah foundation.

La soluzione nella variabilità genetica – Di rinoceronti di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis) esistono sei popolazioni di maggiore entità: quattro a Sumatra, una nella Malesia peninsulare e un'altra nel Borneo, appunto. Quest'ultima sembra destinata all'estinzione a causa di problemi di salute associati all’appartenenza a uno stesso gruppo ormai ristretto - diventato tale a causa del bracconaggio e della deforestazione - e quindi all'impossibilità di avere una prole sana. L'unica speranza sarebbe ricreare in modo artificiale una variabilità genetica che consenta loro la sopravvivenza, e introdurla nel loro Dna. Proprio a questo stanno lavorando l'ateneo veronese e il museo trentino, in collaborazione con la Sabah foundation, che si occupa di salvaguardare la biodiversità nel Borneo malese.

Un “Jurassic park” nel Borneo – Un'avventura cominciata l'estate scorsa, come racconta Massimo Delledonne, direttore scientifico di Personal genomics, spin-off dell'Università di Verona che assieme al Museo delle scienze di Trento ha messo a punto un laboratorio portatile (sta in una valigia), con cui è possibile decodificare il Dna. “Eravamo nel Borneo per sequenziare il codice genetico di una curiosa e minuscola specie di rane, quella delle cascate - spiega il professore in un comunicato del Muse – quando abbiamo accettato l’invito dei Malesi a leggere il genoma di tutti e 14 i rinoceronti rimasti”. Un'operazione che getta le basi per la creazione di una specie di "Jurassic park" delle specie animali in pericolo nella foresta pluviale.

L'Arca di Noè – L'unica differenza con il celebre parco dei dinosauri del film di Steven Spielberg è che, invece di riportare in vita le specie già scomparse, servirebbe a dare una seconda possibilità a quelle che ancora potrebbero sopravvivere. “Non si tratterebbe di clonare gli animali – prosegue Delledonne – ma di produrre in laboratorio un Dna sintetico di alta qualità da inserire nella cellula uovo dell'animale per consentire la nascita di un esemplare sano. È questa la nostra Arca di Noè”.

Le colpe dell'uomo – Spesso l'estinzione delle specie animali è accelerata dall'impronta dell'uomo sugli ambienti naturali. “Ci auguriamo che in futuro si debba ricorrere sempre meno a tecniche di ingegneria genetica per garantire la sopravvivenza di animali come il rinoceronte – afferma Michele Menegon, ricercatore del Muse – e che si trovi il giusto equilibrio tra le necessità di sfruttamento delle risorse naturali e la salvaguardia delle ambienti e delle specie”. L'operazione, unica al mondo, potrebbe essere non solo l'ultima spiaggia per salvare i rinoceronti ma anche, se dovesse funzionare, per arrivare in un futuro neanche troppo fantascientifico alla "de-estinzione", cioè a riportare in vita una specie già scomparsa a partire da frammenti di Dna rintracciabili in ossa, peli o piume. Insomma, per riportare in vita animali come quelli i cui resti si possono ammirare al Muse, e in particolare alla mostra "Estinzioni", visitabile fino al 26 giugno 2017.  

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