Desert Yacht Club, la rigenerazione dei Negrita

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Fabrizio Basso

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Tornano i Negrita dopo avere sfiorato lo scioglimento. Il disco si chiama Desert Yacht Club e racconta la loro storia in chiave moderna, con una bella dose di elettronica. E sulla carenza di nuove e giovani band made in Italy, Pau dice: "I Maneskin hanno tutto per fare bene". A Los Angeles hanno incontrato Joe Bastianich, a Milano vanno a cena da Alessandro Borghese. L'INTERVISTA

(@BassoFabrizio)

Eccoli, i Negrita. Quel poco del rock che resta in Italia è tornato e lo portano loro. Ci hanno messo un po' di elettronica ad accompagnare le chitarre di Drigo e Mac e la voce di Pau. Poi ci sono i temi a loro cari: il viaggio, la famiglia, il tempo, la passione, l'amicizia, la cucina. Perché questa volta, quando li abbiamo incontrati, anziché suonare hanno cucinato per i giornalisti. E poi, a tavola, si è parlato di quel mondo che loro, ostinatamente e con credibilità, raccontano. Con l'aggiunta di riflessioni su Maneskin, Joe Bastianich e Alessandro Borghese.

Partiamo dal concetto di viaggio.
C’è sempre nei nostri lavori ma stavolta in questo ci abbiamo inserito uno stop totale di cinque mesi.
Che supponiamo sia il motivo per cui l'album si apre con Siamo ancora qua.
Eravamo un band sull’orlo del baratro che ora possiamo dirlo con leggerezza. Anche per questioni umane. Vedevamo lo striscione arrivo. Ci siano opposti a questo.
Che è successo?
La stanca è arrivata perché ci frequentiamo tanto. Questioni private che a volte si incasinano nella vita della band. E’ la provincia che ci ha salvato. Si sono logorati i meccanismi di una band come la nostra.
Come avete reagito?
Ci siamo fermati cinque mesi. Uno stop totale. Dovevamo rigenerarci mentalmente.
Il punto di partenza?
Una domanda: cosa possiamo raccontare a 50 anni? Quali argomenti sono plausibili per una band al decimo lavoro, tema fondamentale quando non sai più chi sei. Dunque siamo ripartiti con un trattamento shock: siamo andati da Londra a Tokyo a Hollywood. Ci siamo presi bel furgone a Los Angeles e percorso Arizona, Nevada e giù fino a Tijuana. Il deserto è il posto giusto per uscire dalla crisi.
Niente Messico?
No ci siamo tenuti una finestra per il prossimo disco.
In valigia che avevate?
Un sound che significa portarsi dietro un bagaglio che ha lasciato solchi sulla pelle. Stavolta ci siamo resi conto che l'universo musicale è cambiato tanto, tutto il mondo ha subito un bello stress per rigenerarsi.
Voi compresi?
Noi abbiamo subito tanto la presenza delle generazioni precedenti, nei Novanta avevano ancora un riverbero mostruoso. Da quasi finiti ci siamo buttati nella mischia. Nel nostro sound, e pensiamo a Reset del 1999, c’era un bel sound. L'elettronica è il settimo strumento. Usiamo macchie di noise per strappare il sound da Nashiville e portarlo in Etruria.
Raccontate di viaggi pionieristici.
I viaggi di cui parliamo alla fine di ogni disco arrivano dopo tour all’estero con chitarra in spalla e set minimali. A noi piace sentire la nostra musica rimbalzare in pareti che non sono quelle del nostro paese. In ogni luogo creiamo un micro studio funzionante 24 ore su 24. Tra noi ognuno ha il suo fuso.
L'unico featuring è con Ensi, una rapper.
Canta su un ritmo funky blues in Talkin' to You. Ha abboccato.
Cosa vi ha salvato?
Quando la crisi diventa piombo ti chiedi che faccio domani. I nostri anticorpi sono stati più potenti della crisi. In quei momenti torni a quello da cui è tutto partito: la passione. Per noi una melassa rosso sangue.
Così è ripreso il viaggio.
Siamo una band di amici, siamo andati in vacanza insieme, non capitava dal 1990 in Croazia.
Sono state annunciate tre date live: il 10 aprile a Bologna, il 12 a Roma e il 14 a Milano.
Presentiamo il disco. Facciamo un bel po’ di pezzi nuovi, concentrati nella prima parte. Suonati dal vivo sono mutabili, l'elettronica consente un controllo dei suoni. Ma ci saranno delle sorprese, quando abbiamo iniziato a lavorarci abbiamo trovato suoni che mutavano ogni volta.
C'è stato un momento che ritenete quello della svolta?
I due dischi latini ci hanno dato davvero una svolta epocale.
In Italia c'è una crisi delle band: che ne pensate?
I Maneskin hanno forza, possono fare bene. Sono attesi alla prova live.
Sappiamo che avete incontrato Joe Bastianich.
Ci siamo trovati a Los Angeles. Per altro con Mac ci sono origini comuni, le origini sono tra Pola e Laurana, un po' sotto Fiume. Sono subito emerse comunanze gastronomiche. Lui è venuto con la chitarra.
Alessandro Borghese?
Un amico. Andremo a trovarlo nel suo nuovo ristorante milanese.

 

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