Farmaco anti-diabete per bloccare il Parkinson: lo studio inglese
Salute e BenessereSecondo una ricerca condotta dall’University College di Londra, un rimedio normalmente utilizzato per il diabete di tipo 2 potrebbe ostacolare i progressi del morbo
La speranza di bloccare la progressione del morbo di Parkinson potrebbe arrivare da un farmaco normalmente utilizzato per curare il diabete di tipo 2. La scoperta è stata fatta dal gruppo di ricerca dell’University College di Londra che ha testato il medicinale durante un piccolo studio al quale hanno partecipato 62 pazienti e pubblicato i risultati sulla rivista "The Lancet". Nonostante i riscontri positivi, però, gli stessi ricercatori hanno invitato alla cautela poiché gli effetti positivi sul lungo termine sarebbero ancora incerti e per questo il farmaco andrà ulteriormente testato.
Il farmaco anti-diabete
Lo studio del team dell’University College di Londra è stato condotto su 62 pazienti. A metà di questi è stato somministrato una volta a settimana per 48 settimane un placebo, all’altra un farmaco per il diabete: l’exenatide. Entrambi i gruppi hanno comunque continuato le normali terapie in corso per contrastare il Parkinson. L’exenatide viene utilizzato sin dal 2005 per curare il diabete di tipo 2 poiché attiva i recettori di un particolare ormone del pancreas che stimola la produzione di insulina. Questi recettori, come dimostrato da studi precedenti, si troverebbero anche nel cervello e sarebbero in grado di far funzionare meglio le cellule celebrali. I pazienti che hanno ricevuto il placebo, sia al termine della terapia che a seguito di un ulteriore controllo medico avvenuto tre mesi dopo la fine dello studio, hanno evidenziato un declino nelle capacità motorie. Al contrario, chi è stato sottoposto al farmaco per il diabete è rimasto stabile, confermando condizioni migliori rispetto all'altro gruppo anche a tre mesi dalla conclusione del trial.
Circa 300mila colpiti da Parkinson
Solo in Italia si stimano 300.000 parkinsoniani, di questi un terzo, 105.000, ad esordio giovanile, al di sotto dei 50 anni. Solitamente, i sintomi non diventano palesi finché oltre il 70% delle cellule che producono dopamina (un neurotrasmettitore del cervello) non sono state colpite dalla malattia. A questo stadio subentrano rigidità muscolare, lentezza nei movimenti, tremori, disturbi del sonno, stanchezza cronica. "Non ci sono dubbi sul fatto che una delle necessità più importanti nel Parkinson sia un farmaco che rallenti la progressione della malattia", spiega Tom Foltynie, uno dei ricercatori coinvolti.
I prossimi passi
I risultati della ricerca, secondo gli studiosi, sono stati positivi e incoraggianti. "Questo è il primo trial clinico in pazienti con il Parkinson in cui è stato registrato un effetto di queste dimensioni – ha spiegato ancora Foltynie -. Ci suggerisce che exenatide non sta solo mascherando i sintomi, ma sta facendo qualcosa alla malattia che li causa". Tuttavia, gli esperti invitano alla cautela perché occorre ancora testare il farmaco su più persone e per periodi di tempo più lunghi. "Siamo eccitati e ottimisti ma anche cauti, dal momento che occorre replicare questi risultati", ha concluso Foltynie.