L’associazione ha abbandonato l’aula dove Galletti ha parlato: “Rappresenta un governo scorretto”, ha detto il presidente Paolo Bolognesi riferendosi agli impegni su risarcimenti e desecretazione degli atti
Era il 2 agosto 1980 quando una bomba piazzata dai terroristi dei Nar esplose nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna, provocando 85 morti e oltre 200 feriti. Dopo 37 anni, nell’anniversario della strage, non si placano le polemiche, con l’associazione dei familiari delle vittime che non ha voluto ascoltare il discorso del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, bolognese doc arrivato in città per le commemorazioni in rappresentanza del governo, in polemica per gli impegni presi dall’esecutivo a proposito di risarcimenti e desecretazione degli atti.
Disappunto su risarcimenti e desecretazione degli atti
L’associazione dei familiari delle vittime della Strage della stazione di Bologna ha infatti lasciato l'aula del consiglio comunale di Bologna prima che il ministro prendesse la parola: "Non abbiamo niente contro Galletti - ha detto il presidente Paolo Bolognesi, che già ieri aveva definito “sgradita" la presenza del ministro - ma rappresenta un governo scorretto".
Il deputato Pd critica il governo per la mancata applicazione della legge sui risarcimenti ai parenti delle vittime di terrorismo, definendolo un comportamento “truffaldino” e ricordando che “la legge nel 2004 fu votata all'unanimità dal Parlamento ma la questione non è ancora risolta". E, sull’applicazione della direttiva Renzi sulla desecretazione degli archivi sulle stragi, aggiunge: "Ha aspetti incredibili. Sembra che gli unici che vogliono vedere le carte siano i familiari delle vittime. È una barzelletta".
Galletti: “Lo Stato ha un debito da onorare”
"Lo Stato ha ancora un debito da onorare nei confronti di chi ha chiesto la verità, questo non può esimerci a porre rimedio alle questioni ancora aperte. Posso comprendere l'insoddisfazione dei familiari, ma si sta continuando a lavorare per dare risposte e si sono fatti dei passi avanti - ha detto Gian Luca Galletti - La desecretazione è un processo lungo, sono stati fatti alcuni passi avanti, ci sono certamente altri ostacoli da superare, ma dobbiamo andare avanti. Anche sulle tutele previdenziali alcuni passi sono stati fatti, ma sappiamo che non basta".
Merola: “Non permetterò che si litighi”
E proprio dalla polemica tra associazione e governo ha preso il via il discorso del sindaco di Bologna, Virginio Merola: "Oggi non ricordiamo solo il nostro dolore, che è stato tanto. Ma che questa città insieme ha saputo reagire e trasformare il dolore in un senso forte per la nostra democrazia. Ogni anno questa città prende la memoria e la trasforma in impegno civico. Come sindaco di questa bella città non permetterò che si litighi tra noi".
Il primo cittadino ha ammesso che “c'è un po' di imbarazzo tra di noi, con impegni assunti e altri che si fa fatica ad adempiere compiutamente. È importante che siamo qui, fino a quando questi non saranno affrontati e si troverà una strada per risolvere. Ritengo che quanto facciamo oggi sia molto importante per la democrazia nel nostro paese".
Le celebrazioni e “l’autobus 37”
Come ogni anno, dopo l’incontro in Comune è iniziata la manifestazione diretta alla stazione, dove è intervenuto di Bolognesi: "Siamo stati traditi da chi doveva stare al nostro fianco. Gli impegni presi non sono stati mantenuti. Coloro che ricoprono incarichi di Governo non sono stati all'altezza del loro ruolo - ha detto il deputato Pd - Arrivare alla verità è un processo complesso, ma non impossibile, basta volerlo. Se dopo 37 anni di battaglie contro depistaggi e apparati per arrivare alla verità sui mandanti qualcuno crede di scoraggiarci può darsi pace, perché non ci arrenderemo. I familiari delle vittime non si accontentano delle sentenze sugli esecutori: perché oggi sanno che ai mandanti si può e si deve arrivare”.
Alle 10.25, l'orario in cui 37 anni fa scoppiò la bomba, è stato osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime. In piazza Medaglie d'Oro c’è anche “l’autobus 37”, matricola 4030, diventato l'emblema della strage perché trasformato, dopo l’esplosione, in un improvvisato pronto soccorso mobile e poi in un carro funebre che faceva la spola tra la stazione e l’obitorio. Il mezzo è stato conservato negli anni nel capannone storico di via Bigari e non è mai stato formalmente dismesso: ancora oggi resta immatricolato e targato come 37 anni fa.