Indagine dell'ateneo. Dal 41,2% del 2019 al 35,8% del 2020
(ANSA) - UDINE, 11 FEB - La pandemia diminuisce la propensione all'espatrio dei laureandi dell'Università di Udine, che è passata dal 41,2% del 2019 al 35,8% del 2020. Risulta dalla ultima ricerca sulle intenzioni dei laureandi a Udine dopo aver concluso il ciclo di studi condotta dalla Officina "Demografia e Territorio" del Cantiere Friuli dell'ateneo, composta dai docenti Alessio Fornasin, Andrea Guaran e Gian Pietro Zaccomer.
L'indagine, i cui primi esiti da inizio pandemia sono stati resi noti oggi, avviene per via telematica nel momento in cui lo studente deposita la propria domanda di laurea e da fine marzo 2018 a oggi sono già stati raccolti più di 10.000 questionari.
"Si tratta - ha sottolineato il rettore Roberto Pinton - di una ricerca importante e continuativa che potrà fornire utili indicazioni operative per calibrare al meglio, quasi in tempo reale, le attività dell'ateneo nei settori dell'orientamento, della programmazione didattica e dell'inserimento nel mondo del lavoro".
Molto diversificato l'andamento quadrimestrale, hanno riferito i ricercatori. Se nel primo del 2020, quello dell'impatto iniziale della pandemia, la riduzione di tale propensione è stata del 5,4% punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, nel secondo quadrimestre la perdita si è ridotta a 4 punti. Ma, a partire dal settembre 2020, con l'arrivo della seconda ondata e dei nuovi divieti, il decremento ha raggiunto il 6,9%. I dati annuali hanno mostrato che le laureande hanno maggiormente manifestato le proprie preoccupazioni riducendo la loro propensione di 6,6 punti rispetto al 4,1 dei loro colleghi maschi.
"La rilevazione, nata per monitorare l'andamento annuale - ha spiegato il prof. Zaccomer -, può fornire anche utili indicazioni sulla riduzione della mobilità internazionale nel prossimo futuro. L'ipotesi di lavoro, tutta da verificare - ha concluso - è se vi sia stata una perdita di attrattività dei paesi maggiormente coinvolti nella pandemia, quali il Regno Unito, gli Stati Uniti e, ovviamente, la Cina". (ANSA).