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Torino, fallimenti per oltre 40 milioni: arrestati tre imprenditori

Piemonte
©Fotogramma

Ssecondo l'accusa, avrebbero realizzato una riorganizzazione degli assetti societari finalizzata ad accentrare tutta la crisi su una società e svuotato dei beni le collegate

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Tre imprenditori sono stati arrestati dalla guardia di finanza, nell'ambito di una inchiesta della procura di Torino, per reati connessi a fallimenti per oltre 40 milioni di euro. Una cinquantina i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria impegnati nell'operazione 'Icaro', che ha portato le fiamme gialle ad effettuare numerose perquisizioni tra Torino, Forte dei Marmi, La Spezia, Massa Carrara, Milano, Pescara e Roma. Al centro dell'inchiesta, tre società collegate tra loro, tutte operanti nella stampa di quotidiani e settimanali di importanza nazionale. Gli imprenditori, secondo l'accusa, avrebbero realizzato una riorganizzazione degli assetti societari finalizzata ad accentrare tutta la crisi su una società, quindi svuotato dei beni le società collegate, già fortemente indebitate, lasciandole prive di prospettive e con patrimoni netti negativi e ritardando il momento di emersione della crisi.

Le indagini

Le irregolarità commesse sono risultate tali da non consentire ad una primaria società di revisione di attestare i bilanci, in quanto ritenuti non redatti con chiarezza, non rappresentanti in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico e, ancora, compilati nel presupposto di continuità aziendale pur in presenza di rilevanti incertezze in ordine alla possibilità di prosecuzione imprenditoriale. Gli indagati, piuttosto che avviare le procedure di fallimento, avrebbero aggravato il dissesto, proponendo al Tribunale di Torino istanza di ammissione alla procedura del concordato preventivo e indicando nel piano concordatario, quali asset utili a soddisfare i creditori, un immobile - risultato poi gravato da ipoteca - e delle fideiussioni inesigibili, rilasciate da una società non autorizzata a tale attività.

Gli indagati

Sono 16 gli indagati nell'inchiesta della procura di Torino e della Guardia di Finanza per reati fallimentari. Il procedimento si innesta sulle vicissitudini societarie delle aziende Piemonte Printing, dichiarata fallita dal Tribunale di Torino il 13 febbraio 2015, Sepad ( fallita nella stessa data) e Nuova Sebe (26 luglio 2016). Coinvolti anche noti professionisti, che avrebbero reso pareri e assistito gli indagati nella predisposizione dei piani di ristrutturazione aziendale e di ammissione a procedure concordatarie. Ad uno di questi, tra l'altro, è stato notificato anche l'avviso di conclusione indagini relative ad ulteriori reati fallimentari commessi, secondo l'accusa, con il medesimo modus operandi, nell'ambito di un diverso fallimento. Tra gli indagati figura anche il commercialista Stefano Ambrosini, ex presidente di Finpiemonte, il quale, secondo le prime notizie, avrebbe ideato e predisposto piani di concordato in assenza delle condizioni di fattibilità.

Ambrosini: "Sono allibito, noi parte lesa"

"Sono letteralmente allibito per questa iniziativa, che ipotizza un coinvolgimento mio e del valido e serio collega Marco Aiello (che non risulta indagato, ndr) in un concordato i cui presupposti sono stati a suo tempo positivamente valutati non solo dall'attestatore a ciò preposto, ma anche dal commissario giudiziale e dallo stesso tribunale fallimentare". Il professor Stefano Ambrosini commenta così, interpellato dall'ANSA, l'indagine che ha portato all'arresto di tre imprenditori per reati fallimentari nella quale è indagato. "Se poi ci sono state fraudolentemente fornite carte che a distanza di parecchi anni risultano inattendibili, siamo noi per primi parti lese di una truffa e ovviamente ci attiveremo per tutelare i nostri diritti - aggiunge Ambrosini -. Mi auguro di essere sentito al più presto dagli inquirenti per fornire tutti i chiarimenti tecnici del caso, che peraltro avrei dato senza alcuna difficoltà ove convocato come persona informata dei fatti. Registro comunque che ormai assistere imprese in crisi è diventata una vera e propria attività pericolosa anche per professionisti seri e preparati e che il tasso di inciviltà giuridica in Italia ha raggiunto livelli inimmaginabili solo pochi anni fa".