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Sbarcato a Lampedusa, si è laureato a Torino: la storia di Ahmed Musa

Piemonte
Foto di archivio (Getty Images)

Originario del Sudan, era giunto sull’isola nel 2011. Ha scritto una tesi sui diritti umani in Darfur, la zona da cui proviene e dalla quale è fuggito dopo la tortura e l’uccisione del padre e di sei fratelli. Ora punta al dottorato 

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Era sbarcato nel 2011 a Lampedusa, senza alcun documento. Ieri, 5 settembre, si è laureato all’università di Torino con una tesi sui diritti umani in Darfur, la zona da cui proviene e dalla quale è fuggito dopo la tortura e l'uccisione del padre e di sei fratelli. È la storia di Ahmed Musa, 32 anni, originario del Sudan.

Si era laureato in Economia, poi la fuga dal Sudan

Prima che i miliziani filogovernativi attaccassero la sua città, Ahmed Musa, nato a Entkena, si era laureato in Economia a Khartoum, dove insegnava e si era sposato con una collega, ora rifugiata in Norvegia. Riuscì a sfuggire al carcere perché, considerato morto, venne abbandonato in un campo, dove fu trovato e soccorso da alcuni contadini. Da allora passarono cinque anni prima del suo arrivo in Italia, tre dei quali trascorsi in Libia. Una volta giunto nel capoluogo piemontese, Musa passò i primi giorni dormendo nella stazione di Porta Nuova. Oggi vive invece nel Collegio universitario, ha lo status di profugo e ha un figlio piccolo, che ha chiamato Nelson Mandela.

"Mandela è il mio modello. Ora punto al dottorato"

"Lo studio - racconta Musa mentre attende di entrare a discutere la tesi, relatrice Valentina Pazé - è un mezzo per dimostrare che nessuno può distruggere la volontà di un altro. Con lo studio, mi hanno insegnato i miei genitori, puoi cambiare la vita tua e quella degli altri. Ecco perché ho fatto questa scelta. È stato difficile ma qui mi trovo benissimo, sono fuggito da una guerra e ora sono una persona normale. Attraverso lo studio - aggiunge - cerco di dare il mio contributo per migliorare ciò che mi circonda. Il mio modello è Mandela, vorrei diventare come lui e lavorare per portare la pace ovunque, non solo in Darfur. Mi sento un membro attivo della comunità e vorrei continuare a studiare, fare il dottorato e poi diventare un professore, per insegnare come si devono rispettare i diritti degli uomini. Mi piacerebbe restare in Italia - conclude -, qui mi sento a casa, tanto che quando vado da mia moglie in Norvegia parto carico di pasta, pesto, e caffè".

La tesi

La tesi, 'Human rights in Darfur', affronta un conflitto fra i meno studiati, poiché le condizioni di caos e violenza nell'area sono tali da rendere impossibile la ricerca. Il lavoro, hanno sottolineato i relatori, assume così un valore importante anche come testimonianza. Il quadro che ne emerge è quello di un genocidio portato avanti per realizzare una pulizia etnica ai danni delle popolazioni non arabe. La tesi è stata scritta in inglese e discussa in italiano, ottenendo un punteggio di 90/110.