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Torino, buste esplosive ai magistrati: arrestati tre anarchici

Piemonte
Il Tribunale di Torino dove sono state recapitate le buste esplosive

Gli arrestati avrebbero spedito tre pacchi esplosivi a due magistrati di Torino e al direttore del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Per gli inquirenti, le bombe “potevano uccidere” e ci sarebbero collegamenti con le minacce ricevute da Appendino

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Tre anarchici, Giuseppe Bruna, 49enne residente a Ferrara, Robert Firozpoor, 23enne iraniano, e Natascia Savio, 35enne torinese, sono stati arrestati con l'accusa di aver spedito tre buste esplosive ai magistrati, Antonio Rinaudo e Roberto Sparagna, della Procura di Torino, e al direttore del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria di Roma, Santi Consolo. Secondo gli inquirenti, i pacchi esplosivi potevano anche uccidere e potrebbero essere collegati a quelli di recente ricevuti dalla sindaca di Torino, Chiara Appendino. La misura cautelare è stata eseguita nella mattina di martedì 21 maggio dai carabinieri del Ros.

Gli attentati ai magistrati

Bruna, Firozpoor e Savio sono accusati di attentato per finalità terroristiche o di eversione. Secondo quanto emerso dalle indagini, gli attentati ai Pm si inserirebbero nella campagna di lotta contro la repressione avviata dal gruppo nel giugno 2017. I tre presunti autori degli attentati si sarebbero riuniti a Genova da dove avrebbero spedito i pacchi esplosivi poi recapitati al Palazzo di Giustizia di Torino il 7 giugno del 2017. Entrambi i magistrati si sono occupati di terrorismo ed eversione. Sparagna, in particolare, ha coordinato l'inchiesta per terrorismo, nome in codice 'Scripta Manent', sugli anarchici delle Fai-Fri. Le indagini sono state coordinate dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal Pm Piero Basilone, gli investigatori hanno eseguito delle perquisizioni sia in Italia che all'estero.

Le buste esplosive

Le buste, che contenevano fili elettrici, polvere da sparo, una batteria ed erano in grado di esplodere, riportavano il timbro postale di Genova. Come mittente fittizio, apposto nel tentativo di eludere i controlli, sono stati messi i nomi di alcuni avvocati. Al ritrovamento delle buste esplosive, l'area interna del Tribunale di Torino venne chiusa per permettere agli artificieri di neutralizzare gli ordigni. Il plico esplosivo recapitato a Consolo, all'epoca direttore del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria di Roma, sarebbe stato inviato il 12 giugno 2017. È stato il costo di 40 centesimi di euro, scritto a matita sulle buste esplosive, a consentire agli inquirenti di individuare l'unico negozio di Genova che le vendeva: un bazar cinese. Gli investigatori sono così riusciti a risalire agli acquirenti, Bruna e Savio, finiti poi in manette. Firozpoor, invece, si sarebbe connesso da un phone center e avrebbe scelto i nomi degli avvocati da riportare sui plichi.

“Potevano uccidere”

La polvere esplosiva rinvenuta sulle buste, secondo le analisi fatte dal Ris, aveva "una forza d'urto pari a 1000 metri al secondo" e dunque "la loro potenzialità offensiva avrebbe provocato la morte" di chi le avrebbe aperte, ha spiegato il Pm Basilone. La rete di anarchici che ha inviato i plichi esplosivi "verosimilmente" è la "stessa rete" dei recenti attacchi, sempre con pacchi esplosivi, alla sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha invece spiegato il capo dell'antiterrorismo Nobili, chiarendo che su questo fronte "le indagini sono in corso". 

"Mettere le bombe"

Bruna, Firozpoor e Savio avrebbero inviato i pacchi esplosivi seguendo "i dettami dell'ideologo detenuto della Fai (Federazione anarchica informale, ndr) Alfredo Cospito". In un'intercettazione Savio commenta negativamente l'inerzia del movimento spagnolo, affermando: "Sono stufa di tutta sta roba, io voglio mettere le bombe, un anarchico quando diventa vecchio che caz.... fa?!". Gli inquirenti ritengono che le indagini hanno evidenziato "uno stretto collegamento" tra Firozpoor e "l'anarchico di origine nigeriana Divine Umoru, arrestato nell'agosto 2016 a Bologna per possesso di materiale esplosivo e documentazione propedeutica al compimento di attentati". Un arresto che "ha assunto particolare rilievo in quanto potrebbe rappresentare uno dei moventi dell'attentato esplosivo alla Stazione dei carabinieri di Bologna Corticella del 27 novembre 2016 (unitamente alla allora recente esecuzione dell'operazione 'Scripta Manent' del 06 settembre 2016)".

"Mandare proiettile è cosa simbolica"

"Mandare un proiettile è una cosa simbolica", un messaggio per chiarire "l'aria che tira": è quanto disse a un interlocutore Savio. Il riferimento era a un proiettile recapitato il 4 ottobre al pubblico ministero Andrea Padalino, all'epoca in servizio alla procura di Torino. Savio, che non risulta in alcun modo coinvolta nell'iniziativa, affermò di "non ricordare" quale pm fosse. A suo giudizio gesti del genere hanno un contenuto "intimidatorio" che non possono avere "seguito". "È una minaccia velata - spiegò - ma non è una cosa reale, concreta. È simbolica". "Non ricordo a chi l'hanno mandato - precisò - e comunque (è stato mandato - ndr) al suo indirizzo di casa. Ed è difficile trovare l'indirizzo di casa di questa gente". 

“Per un giugno pericoloso”

Il "triplice attentato esplosivo", stando alle indagini, si inquadra "per tempi e modalità di esecuzione, nell'ambito della campagna d'azione lanciata dal documento 'Per un giugno pericoloso', elaborato a Roma nell'aprile 2017 con lo scopo di sviluppare una nuova prospettiva della lotta anarchica, più violenta, contro la repressione". Nella stessa 'campagna di giugno' sono stati compiuti numerosi attentati in Italia e all'estero. Per gli inquirenti si è trattato di una "campagna esplosiva" che ha rappresentato "l'avvicinamento di esponenti della corrente sociale al metodo esplosivo della Fai, secondo i dettami dell'ideologo Cospito, che da tempo aveva aperto nei suoi proclami anche all'azione anonima".

Gli obiettivi

Proprio "la commistione di azioni e di obiettivi", stando alle indagini, ha segnato "l'intreccio delle lotte sotto il comune denominatore della violenza antisistema". In questo senso per gli investigatori "sono emblematici gli obiettivi colpiti". Sparagna, Pm nel processo 'Scripta Manent' contro esponenti della Fai-Fri, che si è concluso di recente con pesanti condanne; Antonio Rinaudo, Pm che ha storicamente condotto processi contro gli anarchici (Natascia Savio nel 2016 era stata destinataria di un obbligo di dimora proprio in un'inchiesta di Rinaudo); Santi Consolo e il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, considerati "simboli della repressione carceraria e responsabili delle vicissitudini carcerarie del detenuto Maurizio Alfieri, criminale comune politicizzatosi in carcere, che era stato trasferito dal carcere di Milano Opera a quello di Napoli Poggioreale". Secondo le indagini Firozpoor sarebbe "tra i promotori della campagna contro il Dap e a sostegno di Alfieri, con cui intratteneva numerosi contatti epistolari e ideologici e a cui forniva anche sostegno economico".

La rete e gli attentati in Italia

Una "saldatura" tra "due componenti: quella più sociale e interventista, che appoggia anche forme di protesta come il movimento 'No Tav', e quella più insurrezionalista e violenta che fa attentati esplosivi", questo uno degli aspetti emersi dall'inchiesta. Gli inquirenti hanno ricordato i "tredici attacchi ai carabinieri, l'ultimo dei quali a Roma, più un attentato anche al Ris di Parma", nei quali è ritenuto coinvolto 'l'ideologo' Cospito, condannato con Nicola Gai per l'attentato all'Ad di Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi, avvenuto a Genova. Il Pm Basilone ha descritto i tre arrestati come "soggetti senza un vero radicamento territoriale e molto prudenti quando parlavano al telefono". Sono stati "monitorati per un anno e mezzo" e sono stati accertati anche i loro contatti "con militanti dell'area bolognese". Più volte sono stati "ripresi" anche in manifestazioni di protesta davanti al Tribunale di Torino.

Rinaudo: "Mi costituirò parte civile"

"Non ho mai avuto dubbi - ha commentato l'ex magistrato Antonio Rinaudo, uno dei destinatari delle minacce -, sapevo che l'area era quella anarchica. Non mi tirerò indietro e mi costituirò parte civile al processo senza timore o remore. Non per ottenere un risarcimento, che, se ci sarà, verrà devoluto alle vittime del terrorismo, ma per dimostrare la mia presenza al fianco dei colleghi e dei carabinieri che hanno operato. Doverosamente - ha concluso - ringrazio i carabinieri dei Ros e i colleghi di Milano per la professionalità e il lavoro svolto. In questi casi, spesso si ha un sospetto. Qui sono stati individuati gli autori".