AI, quanto ci costi?

«E io pago». Parafrasando la più celebre battuta del Totò di 47 morto che parla, queste sono le parole che potrebbero esclamare milioni di consumatori statunitensi che, di mese in mese, stanno vedendo gli importi delle loro bollette domestiche aumentare in modo vertiginoso. Che sta succedendo? Beh, dietro ai rincari fa capolino la sagoma del progresso tecnologico: è la diffusione dell’intelligenza artificiale, con l’annessa sconfinata espansione di data center necessari a sostenerne le attività quotidiane, la prima responsabile degli attuali aumenti di costo. Secondo un recentissimo report della società di ricerca Wood MacKenzie, riportato dal New York Times, in molti stati americani – specialmente nella Virginia – la presenza massiccia di data center sta avendo conseguenze molto dirette sulle bollette dei cittadini statunitensi, destinandone quote sempre più ampie al finanziamento di nuove infrastrutture della rete elettrica. Questi nuovi data center, necessari per garantire una fornitura costante ai server delle grandi società del tech, hanno costi molto alti che – si direbbe: inevitabilmente – finiscono per venire ripartiti nel bacino generale dei consumatori. Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti stima che nel solo anno solare 2023 i data center si sono presi circa il 4,4% dell’energia elettrica nazionale, e prevede che entro il 2028 questa quota potrebbe verosimilmente salire fino al 12% del totale. Si tratta di una crescita verticale, trainata soprattutto da un set di tecnologie – quelle dell’intelligenza artificiale, appunto – che richiedono enormi quantità di energia per le attività di calcolo e archiviazione dati. Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha confermato queste previsioni fosche, comunciando al pubblico che le sue stime vedono un raddoppio della domanda energetica globale per i data center nei prossimi cinque anni. Secondo l’Electric Power Research Institute , inoltre, ogni singola query che affidiamo ai modelli come ChatGPT richiede circa dieci volte più energia di quanta ne serva per una semplice ricerca su Google. Gli effetti sulle tasche dei consumatori degli Stati Uniti – il Paese con più data center del globo – non possono che essere incisivi: Bain & Company stima che, a causa della proliferazione delle nuove tecnologie, le famiglie americane vedranno aumentare le loro spese energetiche domestiche del 7% entro il 2032 . La questione è “attenzionata” anche a livello politico e istituzionale, ovviamente. Un rapporto della Harvard Electricity Law Initiative descrive la situazione attuale come segnata da «costi sbalorditivi», sottolineando come gli investimenti in nuove centrali elettriche e in infrastrutture di rete capaci di garantire il fabbisogno di IA vengono socializzati tra tutti gli utenti, compresi coloro che non fanno alcun uso di tecnologie digitali avanzate. Le aziende fornitrici di energia stanno provando a rassicurare i cittadini, soprattutto promettendo investimenti nelle rinnovabili e contratti a lungo termine per mitigare l’impatto dell’IA. Ma non sembra abbastanza; tanto che alcuni stati d’oltreoceano stanno esplorando soluzioni normative: in California sono allo studio soluzioni tariffarie specifiche, mentre a migliaia di chilometri di distanza, in Georgia, si chiedono contributi diretti alle aziende del settore tech per finanziare i nuovi data center. In attesa di altre misure o soluzioni concrete, resta evidente che la rivoluzione dell’IA, almeno in questa fase iniziale, sta presentando un conto sempre più alto alle persone comuni: «e io pago», appunto.

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