Digitalizzazione in Europa, in Italia solo il 45% ha le competenze base

Nel 2021 l’Unione europea ha lanciato il programma Digital Decade, con una serie di obiettivi chiari da raggiungere entro il 2030: più competenze digitali per i cittadini, più tecnologie avanzate nelle imprese, infrastrutture migliori e servizi pubblici digitalizzati. Ci sono degli obiettivi precisi, e dicono che l'80% della popolazione europea dovrebbe avere competenze digitali di base entro il 2030. Cosa vuol dire però "di base"? Secondo quanto definito dal programma, un cittadino deve saper fare almeno 1 attività in cinque aree di competenza: la comunicazione , il settore dell’information e data literacy, che include il saper fare almeno una ricerca online, la creazione di contenuti digitali, che vanno dallo scrivere codice alla produzione di testi, video e immagini, la sicurezza online e il problem solving, che va dal comprendere come migliorare le proprie competenze all’usare le tecnologie digitali in modo creativo e innovativo. A che punto siamo? C'è molta strada da fare, se pensiamo che al 44% dei cittadini europei mancano queste competenze di base. Certo, nel 2023 oltre il 90% della popolazione dell'Unione europea ha usato internet almeno una volta a settimana, ma solo il 56% possiede competenze di base o superiori, dicono i dati di Eurostat pubblicati questa settimana. Osservando le differenze territoriali sono i Paesi Bassi a dominare la classifica, con l'83% delle persone che hanno competenze di base o superiori, e la Finlandia . Poi troviamo l'Irlanda, la Danimarca e la Repubblica Ceca. L'Italia resta sotto la media europea, con solo il 45,8% di cittadini e cittadine che sanno muoversi online e usare gli strumenti digitali. Vuol dire che la maggior parte degli italiani non sa nemmeno inviare un'email o cercare informazioni online. Potrebbe avere a che fare con la scarsa copertura della rete? Secondo il Digital Decade Report la copertura delle reti in fibra ottica fino ai locali e delle reti fisse ad altissima capacità nel nostro paese è inferiore alla media dell'UE , anche se lentamente sta migliorando. Per l’Istat nel 2024 il tasso di diffusione di internet nel nostro paese è stato pari all’86,2%, , ma questo valore sale al 93,4% tra le famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 74 anni, in linea con la media europea . Ma si dice anche che il possesso di un titolo di studio elevato tra i componenti della famiglia è positivamente correlato alla disponibilità di un accesso a internet, e quindi delle possibilità di un utilizzo preparato e competente: solo per il 65,3% delle famiglie in cui il titolo di studio più elevato è la licenza media c’è internet a casa. Il problema è che queste competenze o vengono apprese individualmente, oppure a scuola, ma anche nei luoghi di lavoro: nel 2024, in media solo il 22% delle imprese dell'Ue ha offerto formazione al proprio personale per sviluppare o migliorare le proprie competenze in materia di tecnologie dell'informazione. Se si considerano le dimensioni dell'azienda, questa quota raggiunge il 73% per le grandi imprese, rispetto al 21% per le piccole e medie imprese . La Finlandia , il Belgio e la Danimarca sono i primi, con le quote più alte di imprese che forniscono formazione sulle ICT al proprio personale. In Italia solo il 17,9% delle aziende se ne preoccupa. Per quanto riguarda la quota lavoro dedicata alle tecnologie dell'informazione, anche qui c'è un target che l'Ue ha impostato per il 2030, ma siamo ancora molto lontani: se in teoria dovremmo raggiungere i 20 milioni di lavoratori e lavoratrici con specializzazioni nell'ICT, oggi siamo a 10 milioni, pari al 5% della popolazione occupata. C'è un aumento nel tempo e ci sono differenze tra paesi, con il nord Europa sempre primo in classifica: Svezia , Lussemburgo e Finlandia , con Estonia, Paesi Bassi e Irlanda a completare i primi cinque posti. L'Italia è tra gli ultimi tre: solo il 4% degli occupati lavora nell'IT, e siamo seguiti da Romania e Grecia . E dentro questo obiettivo sul lavoro ci sarebbe anche la parità di genere: nonostante un leggero aumento della quota di specialiste nell'ultimo decennio, gli uomini superano ampiamente la percentuale delle donne occupate nelle ICT nel 2024 . A superare la media europea ci sono Estonia , Romania, Bulgaria e Lettonia , mentre le quote più basse sono state rilevate in Cechia , Malta e Ungheria . E l’Italia? La partecipazione femminile al lavoro tecnologico è del 16%. Un’altra preoccupazione dell’iniziativa del Decennio Digitale dell'Ue è l’uso dell’intelligenza artificiale nelle imprese: in Italia solo il 5% delle aziende italiane sfrutta questa tecnologia, al di sotto della media europea e con una dinamica limitata. Inoltre, la scalabilità delle imprese in Italia rimane difficile, a causa di un ecosistema generalmente debole e di investimenti limitati in capitale di rischio. Il report interattivo contiene poi altri dati interessanti sullo stato dell’e-government, visto che uno degli obiettivi è che tutti i servizi pubblici chiave per imprese e cittadini siano completamente online entro il 2030: qui si dice che nel 2024 il 47% delle persone nell'Ue che hanno usato internet nei 12 mesi precedenti lo hanno utilizzato per ottenere informazioni dai siti web delle autorità pubbliche. Questa quota varia notevolmente tra i paesi, con la Danimarca , la Finlandia e Cipro in testa. E l’Italia? Senza sorprese, conoscendo lo stato digitale della nostra pubblica amministrazione e quanto sia difficile navigare molti siti di enti pubblici online, è ferma al 33%. In praticamente tutti i settori, dunque, l’Italia è ancora lontana dagli obiettivi del Decennio Digitale. Le competenze digitali restano basse, le imprese investono poco in formazione e l’innovazione fatica a scalare. Se non si colma questo divario, il rischio non è solo restare indietro in Europa, ma lasciare indietro le persone.

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