Nadella, CEO di Microsoft: “Sull’IA utile avere standard mondiali”

“Sono cresciuto nel Sud del mondo e ho sempre pensato: ci sarà una tecnologia che aiuterà un contadino dell’India rurale e un imprenditore nella costa occidentale degli Stati Uniti allo stesso modo? Sento che quella tecnologia è l’IA ed è una cosa che dà energia”. Siamo in una stanza del quartier generale di Microsoft a Redmond, nello stato di Washington, nel Pacific North-West. Satya Nadella, CEO di Microsoft, si prepara a festeggiare i 50 anni dell’azienda che ha cambiato il mondo della tecnologia e non solo. È il terzo amministratore delegato dell’azienda fondata e guidata da Bill Gates nel 1975, poi passata nelle mani di Steve Ballmer. E da undici anni guidata da questo ingegnere informatico nato indiano naturalizzato statunitense, che in occasione di questo anniversario tondo ha incontrato 23 giornalisti da tutto il mondo tra cui noi di Sky TG24, unica testata italiana. Nadella, l’amministrazione Trump ha scelto di deregolamentare l’intelligenza artificiale. Pensa che questo approccio possa avere dei rischi? Al di là dei cambiamenti o delle differenze tra i vari governi, il mondo si sta orientando verso un approccio basato sul rischio. Il che significa: assicuriamoci che le normative esistenti che abbiamo in vari settori nella sanità, nella finanza, nel settore bancario, si applichino all’IA. Perché la cosa fondamentale è che la responsabilità sia ancora nelle mani delle persone e delle organizzazioni che impiegano le persone. Poi c’è un tema distinto e cioè se il mondo può effettivamente uniformarsi su quali siano i rischi per la sicurezza dell’IA. Avere alcuni standard mondiali sull’IA e sulla sicurezza sarà sempre utile. E sono abbastanza ottimista sui progressi che sono stati fatti. Copilot, l’IA di Microsoft, è in grado di fare tante attività che adesso vengono svolte dall’uomo. Che impatto avrà nel lungo termine? Una delle cose che dico sempre è: assicuriamoci di separare il lavoro che riguarda la conoscenza dai lavoratori della conoscenza, perché questo ci aiuta anche a pensare all'occupazione in modo diverso. Le faccio un esempio: ho incontrato un’avvocatessa. Mi ha detto che avrebbe voluto una tecnologia che la salvasse dal suo stesso lavoro. Ha una quantità di lavoro noioso e di scartoffie da gestire e voleva qualcosa simile a Copilot che la aiutasse nel flusso di lavoro in modo da potere dedicarsi alle cose di alto valore che sentiva di dover fare come avvocatessa. Ecco, questo penso sia uno degli obiettivi che dobbiamo avere con la nostra tecnologia. Quale lezione possiamo imparare da Deepseek, il modello di intelligenza artificiale cinese in grado di competere con le tecnologie statunitensi ma utilizzando meno risorse? “Quello che Deepseek può insegnarci è non dare per scontato che l’ultima grande svolta in termini di architettura del modello sia già avvenuta. Quello che vale oggi non è detto che valga anche per il futuro. Penso che, dato il tasso di diffusione di queste tecnologie, qualsiasi Paese – persino nel Sud del mondo – abbia la possibilità di innovare. Che si tratti di migliorare modelli già esistenti o di crearne di nuovi. A proposito di Cina, come vede i rapporti con gli Stati Uniti? La maggior parte dei chip statunitensi non possono essere esportati lì Penso che a questo punto sia gli Stati Uniti che la Cina dovranno in qualche modo avere un dialogo e alla fine siamo soggetti a quelle che sono le politiche degli Stati Uniti, siano esse il controllo delle esportazioni o altri controlli. Allo stesso tempo la Cina regola il nostro ingresso nel loro mercato. Vedremo come il mondo si evolverà tra queste due superpotenze. Per quanto tempo andrà avanti la partnership con OpenAI? “Per decenni abbiamo collaborato con Intel con successo. Abbiamo collaborato con SAP per decenni con successo e quindi, sì, sono cresciuto in una Microsoft che sa come creare partnership stabili a lungo termine che siano vantaggiose per entrambi. Ciò non significa che OpenAi non competerà con noi. Lo faranno, lo fanno già oggi. Ma allo stesso tempo siamo entusiasti di loro come nostro grande cliente, un partner commerciale. Siamo investitori e beneficiamo del loro successo. Avremo un nostro modello? Assolutamente. Ce l'abbiamo già, ne avremo di più. Collaboreremo con altri costruttori di modelli? Assolutamente. Lo facciamo oggi e lo faremo di più in futuro. Pensa che diversi approcci al quantum computing coesisteranno in futuro o vedremo uno standard dominante? E Microsoft immagina una piattaforma aperta o un ecosistema più chiuso? Abbiamo chiaramente già dimostrato di voler adottare un approccio molto aperto. Continueremo il percorso per costruire un vero computer quantistico su scala di utilità, continuando allo stesso tempo a lavorare con tutte le altre architetture e assicurandoci che il nostro software funzioni su di esse e che il nostro cloud le supporti. Che bilancio fa dei 50 anni di Microsoft? Se siamo qui è perché non ci siamo concentrati sull’obiettivo della longevità, ma sull'importanza di restare rilevanti nel tempo. Quando sono entrato in azienda, nel '92, era l’inizio dell’era client-server, Windows 3 era già uscito. È stato un viaggio incredibile da allora a oggi. Ma quando guardo indietro, sono altrettanto emozionato per ciò su cui vogliamo lavorare, così come lo ero allora. Abbiamo molto lavoro da fare.

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