Dall’IA generativa agli agenti autonomi: stiamo cedendo il controllo agli algoritmi?

A fine gennaio, Open AI ha lanciato il suo ultimo prodotto, Operator, un agente con intelligenza artificiale che può eseguire compiti in autonomia navigando sul web. Una volta fornito un primo set di istruzioni , Operator interagisce con uno speciale browser e può fare tutto da solo o quasi: nel caso in esame, trovare le principali attrazioni e i mezzi di trasporto, scaglionare le tappe, controllare il meteo e molto altro. Per orientarsi online, sfrutta le capacità di riconoscimento visuale del modello GPT-4 per catturare e analizzare delle schermate dei siti visitati. Ci sono dei limiti, certo. Per evitare abusi o la condivisione di dati sensibili, non può, per ora, effettuare compiti come pagare o inviare email; in quei casi viene chiesto all’utente di riprendere temporaneamente il controllo per portarli a termine. La macchina al posto dell'uomo? Operator è tutt’altro che perfetto e per questo è stato finora rilasciato solo come progetto di ricerca e non al grande pubblico, ma è l’ennesimo segnale della direzione imboccata dalle grandi aziende Tech: oltre l’AI generativa alla ChatGPT, che si limita a creare contenuti, verso un’intelligenza artificiale che sostituisca l’uomo in catene complesse di interazioni. Per esempio, gestire l’assistenza clienti dall’inizio alla fine, oppure il portafoglio azionario di un cliente al posto di un promotore finanziario. “Riteniamo che nel 2025 vedremo i primi agenti AI ‘unirsi alla forza lavoro’ e cambiare concretamente l’output delle aziende,” ha scritto il CEO di Open AI, Sam Altman, in un post pubblicato il 6 gennaio di quest’anno. Facile profeta, dato che è una delle figure chiave delle aziende che stanno guidando questa rivoluzione. Le altre, le principali, sono le stesse che all’avanguardia nel campo della generative AI. Anthropic, la startup finanziata da Google e Amazon e autrice dell’apprezzato chatbot Claude, ha lanciato a ottobre 2024 Computer Use, un sistema molto simile a Operator, che può gestire in autonomia azioni come visitare e “comprendere” il contenuto di un sito, muovere il cursore, cliccare su pulsanti e così via. Poco dopo, Google aveva introdotto Project Mariner con caratteristiche simili, e Project Astra, specifico per gli smartphone. Microsoft sta ampliando le funzionalità della sua suite aziendale CoPilot con l'integrazione di agenti di intelligenza artificiale autonomi. Questi strumenti avanzati sono in grado di gestire attività come l'assistenza clienti e l'identificazione di potenziali clienti. Oltre a offrire 10 bot preconfigurati per compiti specifici, come il supporto alla gestione della supply chain e il customer service, l'azienda permette anche alle imprese di sviluppare e personalizzare i propri agenti AI in base alle proprie esigenze. I dubbi etici E le aziende iniziano a sperimentare. McKinsey ritiene che entro il 2030 il 30% delle ore lavorative nell’economia americana potrebbero essere svolte da operatori autonomi. Nel frattempo, la società sta iniziando a utilizzare degli agenti autonomi per gestire le richieste dei nuovi clienti e programmare incontri di onboarding. Open AI sta collaborando con aziende come eBay o Uber per automatizzare attività di shopping o di spostamenti in città. Chiaramente, siamo solo agli inizi, ma la direzione sembra tracciata e le novità in questo campo continuano a succedersi a un ritmo frenetico, con relativi titoli cubitali sui giornali. Effetto “wow” a parte, non c’è però forse abbastanza dibattito sulle conseguenze sociali a lungo termine dell’introduzione di questo tipo di tecnologie. Le aziende hanno ben presente e stanno cercando di tamponare i rischi di sicurezza – cosa succede se un agente viene hackerato e inizia a svuotarti il conto in banca o inviare ordini assurdi? – ma c’è meno attenzione su altri aspetti. C’è in primis un lato etico nella futura co-esistenza fra umani e agenti autonomi. Come dice il filosofo Luciano Floridi: “La sfida è farli interagire senza creare conflitti. Si dovrà sviluppare una sorta di regolamentazione tecnologica per garantire una coabitazione pacifica tra esseri umani e agenti autonomi”. Ad esempio chi sarà la responsabilità se qualcosa va storto? Ma c’è, soprattutto, un potenziale impatto devastante sulla forza lavoro, con intere funzioni intellettuali automatizzate e prese in carico dagli algoritmi. Su questo le aziende glissano o ripetono come un mantra la consueta, confortante, risposta che la tecnologia libererà gli umani dai lavori noiosi per concentrarsi su compiti più appaganti. Il problema è, come fanno notare alcuni utenti sul forum Reddit, quanti di questi umani saranno richiesti per svolgere i compiti creativi e di coordinamento degli agenti software? E cosa succederà a tutti gli altri?

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