La vendetta del Comic Sans

Ci sono cose che siamo abituati a odiare. Sì, la definizione è un po’ forte, ma veritiera: nel giro dei professionisti, delle persone che, magari per lavoro o per inclinazioni personali, vengono a contatto con ambiti internazionali, tra chi si dice esperto delle cose di mondo, sul piano estetico pochi font hanno avuto un destino peggiore di quello toccato in sorte al Comic Sans. Il carattere inventato dal designer Vincent Connare per Microsoft nel 1994 nasce dichiaratamente per imitare lo stile dei fumetti e importarlo nel nascente settore dei fogli digitali, e nei trent’anni trascorsi da allora la sua cavalcata verso il mainstream non si è mai arrestata. Tanto che, come tanti altri prodotti consacrati presso il grande pubblico, anche il Comic Sans ha iniziato a diventare la vittima preferita dei sopraccigli alzati, in questo caso anzitutto dei designer, che da decenni lo considerano troppo dozzinale per essersi fatto strada in contesti che richiederebbero typeface più formali e meno giocosi. Due in particolare, Dave e Holly Combs, nel 2002 hanno lanciato un sito interamente dedicato alla sua eradicazione: bancomicsans.com. Va detto che, all’inizio, il Comic Sans doveva essere un font for dummies: Connare l’aveva pensato come accompagnamento delle guide per utenti alle prime armi sulle interfacce Microsoft, dove appariva in alcune vignette accanto a un cane disegnato, ma poi ha rotto gli argini diventando uno dei font di default su Internet Explorer e nel bestseller Windows 95. Tra i suoi maggiori momenti di celebrità va ricordato il 4 luglio 2012, quando la fisica del CERN Fabiola Gianotti l’ha utilizzato in un documento ufficiale della sua istituzione in una conferenza stampa di presentazione delle ricerche sul bosone di Higgs, generando una grande mole di perplessità e reazioni negative. Interrogata sul perché avesse scelto proprio quel vituperato carattere, Gianotti aveva risposto con candore e buonsenso: «Perché mi piace». L’anno dopo, in un album commemorativo del ritiro dal pontificato di papa Benedetto XVI, le didascalie erano in Comic Sans: altro giro di indignazione sul web. Eppure, a distanza di più di dieci anni, forse avevano ragione loro: col senno di poi, scrive Simon Garfield sull’Atlantic, il Comic Sans è stato il carattere simbolo della svolta amatoriale dell’informatica, una sorta di font anti-tecnologico che ha segnato il passaggio dall’era del computer a quella del personal computer. Lo stesso Dave Combs, nel 2019, ha deciso di attenuare il suo odio per il carattere, cambiando il nome del suo sito/movimento “Ban Comic Sans” in un insperato e sorprendente “Use Comic Sans”. Il marker culturale dell’insofferenza per quelle lettere cartoonesche forse ha esaurito il suo corso, e, spiega Garfield, "finalmente il Comic Sans può diventare solo un’altra scelta nei menù a tendina". Per il resto, di questa beffarda gallina dalle uova d’oro che abbiamo visto fare capolino in ogni contesto e a qualunque latitudine aveva già detto tutto lo stesso Vincent Connare, il suo inventore: "Se lo ami, non sai molto di tipografia; anche se lo odi non sai davvero molto di tipografia, e dovresti trovarti un altro hobby".