Dallo spazio i satelliti ci insegnano a vivere sulla Terra, ma hanno bisogno di noi

“Lo Spazio non si fa da soli, è un gioco di squadra. Davanti alle sfide della crisi climatica, abbiamo bisogno di un’assunzione di responsabilità da parte di cittadini e istituzioni”. Parola di Simonetta Cheli, da trentasei anni all’Agenzia Spaziale Europea, da quasi tre Direttore del Centro ESRIN per l’Osservazione della Terra di Frascati, vicino Roma. È appena rientrata da Kourou, in Guyana francese, quel posto fatto di spazio e giungla dove ha seguito l’ultimo volo del lanciatore made in Italy Vega con a bordo il satellite Sentinel-2C, e a Sky tg24 Insider traccia un bilancio del suo lavoro e delle prossime sfide professionali nel campo dell’Osservazione della Terra. “Partiamo dagli obiettivi della missione di Sentinel 2C, che sono quelli di rimpiazzare la sentinella 2A, lanciata nel 2015, e seguita nel 2017 dalla 2B. Questo sistema di sentinelle lavora in tandem con due satelliti in operazione contemporaneamente, quindi la sentinella 2C, dopo i primi tre mesi di fase di validazione del sistema, aiuterà a fornire dati a 750 mila utenti del programma Europeo Copernicus su base free and open. Si tratta di una sentinella ottica con a bordo uno strumento con 13 bande, che è stata concepita principalmente per servire esigenze legate ad applicazioni terrestri, come l’agricoltura e le foreste ma che in questi anni ha dimostrato la sua utilità anche per servizi legati al monitoraggio del metano o del mare. Un satellite molto avanzato, ma uguale ai precedenti due, che rimpiazza il primo e garantisce continuità di dati agli utenti”. L'ultimo volo di Vega Questo lancio segna anche la fine del razzo Vega, che lascia il posto a Vega-C. Cosa significa per l’Europa questo passaggio di consegne? Vega è un lanciatore europeo cosiddetto piccolo, ma che poi così piccolo non è, visto che consente di portare in orbita 1.500 chili a ottocento chilometri dalla Terra. Ha un suo successore naturale in Vega -C, che è già stato qualificato con successo nel luglio del 2022 e che torneremo a lanciare dopo alcuni problemi a fine anno. È una storia di successo europeo, con 13 Paesi che partecipano ed è anche un esempio riuscito di collaborazione industriale, sotto la leadership dell’italiana Avio. Assieme ad Ariane 6, offre prospettive di rinforzo per la nostra autonomia, ma anche interessanti opportunità commerciali per le aziende che hanno partecipato al suo sviluppo. L’aumento del numero di satelliti in orbita si porta dietro il problema e i rischi derivanti dai detriti spaziali. Qual è l’impegno dell’Agenzia Spaziale Europea su questo fronte? L’ESA sta prendendo una posizione di grande responsabilità, perché l’aumento di satelliti in orbita crea un problema da un lato di potenziale collisione, dall’altro di sovraffollamento di orbite rispetto al lancio di missioni future. L’Agenzia sta mettendo in piedi un tavolo di discussione tecnica con i partner internazionali per garantire operazioni efficienti. Io ogni settimana o quasi organizzo riunioni su manovre anticollisione con il nostro centro per le operazioni spaziali di Darmstadt, in Germania. Da questo punto di vista la costellazione Starlink ha creato una situazione di affollamento dell’orbita; quindi, c’è da fare un lavoro di tipo tecnico in collaborazione, ma anche un lavoro importante dal punto di vista normativo, in un contesto internazionale come quello delle Nazioni Unite e del suo sottocomitato giuridico, dove l’ESA cerca di promuovere la legislazione relativa alla gestione dei detriti nello spazio. Inoltre, tutte le missioni nuove che stiamo concependo prevedono dei meccanismi di gestione di questo problema, e nel luglio dello scorso anno abbiamo dato il buon esempio facendo rientrare Eolus, un satellite che aveva terminato la sua vita ed era stato concepito vent’anni fa quando questo rischio non esisteva, con un rientro assistito, controllandolo sin dove si poteva fare. Per togliere i satelliti dalle orbite e farlo al meglio abbiamo infine lanciato una carta di intenti volontaria sui detriti spaziali, che sia le industrie sia le istituzioni possono firmare, impegnandosi a lavorare su questo tema. Le partite di tennis con SpaceX Lei citava la costellazione satellitare Starlink di SpaceX. Come va la collaborazione con l’azienda spaziale di Elon Musk, con cui la vostra Agenzia sta mettendo in orbita diverse missioni satellitari? Il rapporto con SpaceX in questo ultimo anno è stato abbastanza stretto, in quanto per vari motivi non erano disponibili i nostri lanciatori europei: Ariane 6 era in ritardo e Vega-C ha avuto dei problemi tecnici. Come Direzione di Osservazione della Terra ci siamo quindi trovati a lanciare tre satelliti con SpaceX e devo dire che la collaborazione è stata ottima, ad esempio abbiamo lanciato EarthCare lo scorso maggio e per me è stata la prima volta nella base californiana di Vandenberg. La campagna di lancio è stata condotta in modo molto professionale, anche se in maniera diversa da come facciamo in Europa. Sembravano quasi delle partite di tennis, una dietro l’altra, in quanto noi eravamo uno dei tanti clienti e loro erano al cinquantatreesimo lancio dell’anno. È stata buona anche la collaborazione tecnica tra ingegneri, proficua e positiva, anche se per noi la priorità resta lanciare europeo, ma ci siamo trovati in questa situazione, anche per via della guerra in Ucraina. Che bilancio professionale e personale traccia, dopo quasi tre anni come Direttore dei Programmi di Osservazione della Terra? IN ESRIN , ho iniziato nel gennaio del 22 e a oggi il bilancio professionale è fantastico. L’ESA a livello europeo continua a promuovere tecnologie nuove, con uno sguardo sempre proiettato sul futuro, ma soprattutto sostiene quelle che sono le esigenze dei cittadini nel campo dell’Osservazione della Terra, e questo è qualcosa di molto stimolante, soprattutto in relazione ai satelliti di nuova generazione che garantiscono continuità sui temi del clima. Ci sono stati grandi momenti di gratificazione professionale, ad esempio con la Ministeriale che si è tenuta nel 2022, pochi mesi dopo il mio arrivo, ma anche la soddisfazione di poter dirigere delle squadre di ingegneri e scienziati di altissimo livello, insieme a un’industria che oggi ha assunto una grandissima competenza in questo settore, ma anche la capacità di promuovere le sue tecnologie e di essere competitiva a livello internazionale. C’è un grande bisogno di rendere comprensibile lo Spazio e le sue potenzialità a chi non è un tecnico o un ingegnere, c’è un grande bisogno del settore politico e anche dei cittadini in generale; credo che si possa fare molto ancora in questa direzione e che ci siano grandi sfide davanti a noi. A livello personale la soddisfazione è enorme, sono trentasei anni che lavoro in ESA e ho imparato tanto da tutte le persone con cui ho collaborato e che mi hanno sempre supportato. Lo Spazio per me è soprattutto un lavoro di squadra, non si fa da soli, né come Paesi né come singoli e io ancora oggi, dopo tutto questo tempo, ogni mattina sono felice di andare in ufficio. I guardiani della Terra Qual è il suo messaggio ai cittadini sull’importanza dell’Osservazione della Terra rispetto al Climate Change? Oggi la crisi climatica è qualcosa che tutti abbiamo davanti agli occhi, l’ultimo World Economic Forum l’ha definita uno dei rischi maggiori per il settore economico. Per la prima volta alla Conferenza per il Clima di Dubai c’è stato un riconoscimento del ruolo che lo spazio può giocare nella gestione del cambiamento climatico. Pensando ai cittadini credo che l’importante siano due cose: la prima è prendere coscienza dell’urgenza dell’emergenza, e questo si fa attraverso la divulgazione, ad esempio, dei risultati scientifici delle nostre missioni: l’evoluzione dei ghiacci in zone artiche, l’innalzamento dei mari, questi sono tutti temi che impattano su di noi. E poi c’è l’aria che respiriamo: oggi nelle città abbiamo delle app che ci permettono di monitorarne la qualità, mentre altre danno a chi deve fare una pianificazione urbana la possibilità di vedere le zone verdi. Questo per dire che i parametri che riceviamo dai satelliti delle nostre missioni, che a volte sembrano molto complicati e lontani da noi, in realtà danno informazioni che riguardano tutti i cittadini e che ci aiutano a comprendere la dimensione del problema, a vedere come cambia il pianeta e a fare previsioni. L’altra cosa fenomenale dell’osservazione della Terra è l’avanzamento innovativo e tecnologico, ma anche l’impatto su altri settori. Faccio l’esempio di MTG-I, il satellite di nuova generazione che abbiamo lanciato un anno e mezzo fa con uno strumento per osservare i fulmini, tra l’altro fatto in Italia, che ci dà delle previsioni molto più precise su fenomeni meteorologici estremi, per aiutare chi deve gestire il trasporto aereo e marino, con implicazioni che da scientifiche diventano economiche. Il settore dell’Osservazione della Terra è strategico e credo che riuscire a garantire un supporto finanziario continuo allo spazio e alle sue priorità sia fondamentale. Lo scopo non è più, come accadeva trent’anni fa, costruire il prossimo satellite o sostenere la buona idea di un’industria. Quello che facciamo va ben al di là di questa dimensione, e dobbiamo farlo capire a tutti i nostri interlocutori.