Intelligenza artificiale versus Europa: va in scena l'atto primo dello scontro

Alla fine di luglio è diventato ufficialmente legge l’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale approvato dal parlamento comunitario lo scorso marzo, che vanta un importante primato mondiale: è il primo framework legale a 360 gradi dedicato al settore tech in rapida e caotica evoluzione. Il nodo del diritto d'autore Una delle parti più dibattute dell’AI Act stabilisce che le aziende dietro i grandi modelli di IA generative dovranno fornire ai governi «riassunti dettagliati» dei contenuti utilizzati per addestrarle e programmarle, cercando di mettere una pezza al problema più discusso nei venti mesi trascorsi dal primo approdo di ChatGPT nelle nostre vite: il rapporto tra materiale coperto da diritto d’autore e database proprietari delle grandi aziende dell’intelligenza artificiale. L’AI Act coprirà nel giro di due anni anche diversi altri versanti del cosmo dell’intelligenza artificiale – a gennaio del 2025, per cominciare, in Europa diventeranno fuorilegge i sistemi di raccolta massiccia di volti e informazioni biometriche, le applicazioni volte a manipolare i comportamenti dell’utenza e la polizia predittiva, tra le altre. Ma è su quello del copyright che si gioca la partita più rovente, nonché quella che media e opinione pubblica osservano più da vicino: da anni, ormai, assistiamo a cause di artisti che – singolarmente o in gruppo – citano in giudizio le piattaforme generative come Midjourney o Stable Diffusion accusandole di essersi “ispirate” indebitamente ai loro lavori, e la polemica si rinnova a ogni singola pietra dello scandalo. Lo scorso marzo Mira Murati, la nuova Ceo della potente OpenAI, ha attirato strali per non aver voluto rispondere a una domanda del Wall Street Journal che le chiedeva se Sora, il nuovo applicativo della casa specializzato nella creazione ex novo di video, era stato “nutrito” coi video di YouTube; ancora a maggio l’attrice Scarlett Johansson si lamentava pubblicamente di una voce «sinistramente simile» alla sua usata dalla nuova versione di ChatGPT per la generazione vocale. Aspettando il 2025 A complicare lo scenario c’è il fatto che la risposta del Vecchio Continente, per quanto forte, è ancora in fieri: i compiti, i limiti e le regole secondo cui opererà il neonato AI Office di Bruxelles si conoscono più nella teoria che nella pratica, e una prima lista di paletti entro cui i grandi consorzi del tech saranno tenuti a operare si conoscerà soltanto all’inizio del prossimo anno. Nel frattempo i colossi del settore prendono le misure del nuovo clima europeo, e non di rado guardano con sospetto i burocrati in Belgio: dopo Apple, anche Meta ha appena deciso di tagliare fuori l’Europa dal lancio del suo nuovo e atteso modello di intelligenza artificiale Llama, spiegando che l’Unione Europea sarebbe troppo «imprevedibile» sotto il profilo regolatorio per decidere di puntare le sue fiches al di là dell’Atlantico. Accordi e disaccordi Questa volta, insomma, l’UE conferma di voler anticipare l’impatto delle nuove tecnologie più rivoluzionarie del decennio, governandone – e, con molta fortuna, indirizzandone – lo sviluppo. Ma non tutte le sue parti sono d’accordo sul posizionamento comunitario di guardiano internazionale dell’IA: la Francia, sotto l’egida del presidente Emmanuel Macron, ha fatto sapere che, a suo modo di vedere, la priorità a cui Bruxelles dovrebbe guardare è evitare di interferire con la competitività delle aziende europee del campo dell’intelligenza artificiale, per non rischiare di trovarci a rincorrere prodotti statunitensi e cinesi. A maggio, l’allora ministro delle Finanze Bruno Le Maire l’ha detto senza mezzi termini sul palco di una conferenza specializzata: «Per una volta l'Europa, che ha creato sistemi di supervisione e standard, deve capire che bisogna innovare prima di regolamentare». Sono soltanto i primi atti di un conflitto tecnologico-istituzionale che si preannuncia particolarmente acceso, e che il nostro continente, «Vecchio» o meno che sia, combatterà in prima linea al fronte: non resta che prepararsi al clangore degli algoritmi, tenendo a mente che il bottino di guerra sarà il nostro rapporto con la realtà.

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