I confini della terra
Nella notte tra il 28 e il 29 luglio 2021, in Groenlandia, si è sciolto talmente tanto ghiaccio da mettere sott'acqua l'intero Stato della Florida per oltre 5 centimetri. Questa fusione straordinaria di ghiacci era dovuta alla serie incredibile di aumenti delle temperature. Aumenti oltre ogni record, da quando si registrano le temperature, e che hanno rilasciato nell'oceano Atlantico oltre 17 miliardi di tonnellate di acqua.
È difficile immaginare un posto al mondo più emblematico dell’Artico, in particolare della Groenlandia, quando parliamo di cambiamento climatico.
E in effetti la Scienza tiene d'occhio l'Artico e l'Antartide per motivi diversi. Eppure esistono altri ghiacciai nel mondo: sono i ghiacciai alpini. Si chiamano geograficamente così e sono tutti i ghiacciai del mondo, esclusi la Groenlandia e l'Antartide. I ghiacciai alpini rappresentano l'ecosistema probabilmente più ferito che c'è al mondo. E sono ferite che quasi certamente non si generano.
Il ghiacciaio dei Forni in due immagini: in basso negli anni sessanta del '900, in alto nel 2006
Il ghiacciaio dei Forni in due immagini: in basso negli anni sessanta del '900, in alto nel 2006
Sulle Alpi alcuni ghiacciai
sono arretrati addirittura
di due chilometri di lunghezza
Vuol dire che in una valle dove prima
il ghiaccio scorreva maestoso, adesso abbiamo una foresta che sta colonizzando questi due chilometri di lunghezza:
una trasformazione ambientale radicale
Ovviamente questo non accade solo sulle Alpi. Anche le altre grandi catene montuose del pianeta manifestano questa crisi
Esistono testimoni particolari di questi cambiamenti. Uomini e donne che vivono ad altitudini che per la maggior parte di noi sono inaccessibili. Sono gli alpinisti, che fanno una vita in quell’ecosistema che è totalmente diversa dal resto dell'umanità. Fino a circa due secoli fa, la passione per la montagna non esisteva. Era impensabile mettere a repentaglio la propria vita per scalare una vetta. Anche l'interesse per la natura era diverso e non si manifestava, se non in quanto espressione della sua fecondità.
Adesso invece quel desiderio di conquista che poi era subentrato è diventato invece amore, comunione con la “madre montagna”. E gli alpinisti hanno veramente un occhio particolare.
Simone Moro, per quanto sia ancora in attività, è sicuramente già una leggenda. Ha scalato otto dei quattordici 8mila del mondo e alcuni di questi - quattro - in prima salita invernale.
Le montagne disegnano le linee dei sogni ma non sempre queste linee sono quelle delle vette. A volte sono delle linee dentro la montagna, per esempio sul Lhotse, la quinta montagna della Terra (8516 metri) esiste una dream line. L'ha percorsa Hilaree Nelson, scialpinista americana famosissima per averla scesa con gli sci. E per aver salito, invece in sole 24 ore, due 8mila insieme.
Agostino Da Polenza è più che titolato a parlare di montagna e non solo perché ha scalato nell'83 il K2 o per le decine di spedizioni himalayane che ha gestito e coordinato. Un allievo di Ardito Desio ha coronato un sogno: quello di costruire un laboratorio scientifico sulla valle dell'Everest, una bellissima piramide di vetro dove condurre esperimenti scientifici proprio a due passi dal campo base. E questo rivela il suo grande amore per la scienza e la passione per la conoscenza che è il metodo per poter gestire in maniera responsabile e sostenibile la montagna.
Nell’ottobre 2018 la tempesta Vaia si è abbattuta sulle Dolomiti. Proprio mentre a Venezia i picchi di acqua alta raggiungevano i 150 cm, in pochi giorni 42.000 ettari di bosco sono stati devastati e 14 milioni di alberi sono stati sradicati. Se vogliamo veramente raggiungere l'obiettivo del grado e mezzo, mantenendo il riscaldamento globale entro questo margine, dobbiamo necessariamente considerare le foreste e la loro capacità di polmone naturale per assorbire anidride carbonica e poi rilasciare ossigeno. E d'obbligo quindi pensare a una governance globale per mantenere la superficie forestale attraverso leggi norme che devono essere applicate dappertutto nel mondo. E devono essere applicate insieme alle comunità locali. L'unico modo veramente di lavorare su un fenomeno come questo è quello di stare vicino alle comunità locali. Ce lo dice - perché lo conosce bene -Jennifer Morgan che è stata per anni la Global Director di Greenpeace e oggi è l'inviato speciale per il clima del governo tedesco.
Il cambiamento climatico minaccia in maniera enorme un ecosistema così fragile e complesso come quello della foresta. Da un lato la siccità, dall'altro le tempeste rallentano la fotosintesi e quindi trasformano la capacità delle foreste di essere un pozzo di assorbimento della CO2, in uno strumento di emissione di anidride carbonica.
Oltre al cambio climatico un altro tema fondamentale è la deforestazione. Le attività economiche e industriali, agricoltura, allevamenti hanno un impatto e riducono di fatto le foreste. La Fao ha misurato la deforestazione globale: dal 1990 al 2020 abbiamo perso 420 milioni di ettari di superficie forestale pari alla superficie dell'Unione Europea e negli ultimi cinque anni, nonostante un rallentamento, il livello netto complessivo di deforestazione è pari a 4,7 milioni di ettari equivalenti alla superficie della Lombardia e del Veneto messi assieme.
La deforestazione dell'Amazzonia vista dalla Nasa
La deforestazione dell'Amazzonia vista dalla Nasa
Eppure qualcosa di buono stiamo facendo. Uno dei successi sicuramente più certificati della Cop 26 a Glasgow è stato proprio l'accordo sulla deforestazione in cui i leader di 100 paesi si sono messi d'accordo per arrestare e invertire i processi di deforestazione e di consumo del suolo entro il 2030.
C'è un filo rosso che lega la foresta ad un altro ecosistema anche se noi non siamo così abituati a considerarlo tale, perché lo abbiamo creato noi. La prima vittima e il primo carnefice della crisi climatica: la città. Oggi sappiamo che oltre il 55 per cento della popolazione mondiale vive nelle aree urbane. Fonte di grande ricchezza, al contempo consumano i due terzi dell'energia prodotta ogni anno. E quindi fondamentale che le città contribuiscano alla decarbonizzazione. Ed è importante pianificare il loro sviluppo per affrontare le sfide del pianeta.
L'introduzione del verde
da sola non basta.
Quando parliamo di mitigazione
non è sufficiente affrontare il tema
della riprogettazione delle città. Dobbiamo anche parlare
di elettrificazione
Anche l'ultimo rapporto Ipcc riconosce alle città un ruolo cruciale nella crisi climatica sia in termini di mitigazione che di adattamento. Questo perché le città evidentemente devono adattarsi al clima che cambia. Magari sono state costruite e progettate in un clima secco e adesso si trovano in un clima diventato piovoso. Oppure un clima molto rigido adesso, diventato più mite. Eppure i criteri di adattamento devono seguire delle regole e devono essere gestiti e non è detto e questo adattamento vada a buon fine.
Abbiamo parlato a lungo del nostro futuro, abbiamo guardato a che cosa potremmo fare, a che cosa potremo diventare. Anche a cosa vorremmo evitare che succeda. Eppure per guardare al futuro occorre avere i piedi ben saldi nel nostro passato. Un passato custodito nei ghiacci continentali come quelli della Groenlandia e delle nostre montagne. In quel ghiaccio è intrappolata la storia climatica del nostro pianeta.
Esiste un luogo più di qualunque altro su questa terra che è proprio nel mezzo del plateau Antartico dove la nostra storia climatica è custodita proprio nelle viscere di quel ghiaccio. Un gruppo di scienziati esploratori italiani sono in prima linea. Anni fa sono riusciti a estrarre la storia climatica in carote glaciali che arrivavano a raccontarci la nostra storia fino a 800 mila anni fa. Oggi sono tornati in quel posto ai limiti della sopravvivenza, per cercare ancora più indietro. Guardare ancora più nel nostro passato e mettere ancora più in prospettiva il nostro futuro.