Dopo i primi due episodi, Vinyl dimostra di essere un potente affresco che colpisce il cuore e il cervello dello spettatore. Una serie capace di miscelare finzione e realtà per raccontare un'epoca adrenalinica, ricca di emozioni e contraddizioni. Grazie al genio del regista italoamericano e all'interpretazione superba di Bobby Cannavale
di Paolo Nizza
New York., 1973. L’estate dell’amore è finita. Ed è finita male. Il Flower Power è appassito all'autodromo di Altamont. Gli Hippie riposano, più o meno in pace. Ma l’America (come Martin Scorsese insegna) nasce, muore e resuscita nelle strade lastricate di vita e bitume, di sangue e lacrime.
E al numero 240 di Mercer Street, rinasce Richie Finestra, il protagonista di Vinyl. Sulle note di Personality Crisis dei New York Dolls. Ritchie obnubilato dal whisky e dalla cocaina ascolta il suono del futuro, mentre il teatro in cui si svolge il concerto crolla, come crollano le città e gli imperi. Ma su quelle rovine sorgeranno nuovi imperi e nuove città. In fondo, solo chi cade può risorgere.
Sicché il collasso del Mercer Art Center, che apre e chiude il pilot diVinyl , inaugura la stagione del punk rock, del No Dream, No Future, di una musica anfetaminica e brutale.
In mezzo a tutto questo scorrono candidi fiumi di boliviana, tra raglie aspirate su un vinile in movimento o sullo specchietto retrovisore interno. Ci sono i Led Zeppelin con Robert Plant, i tedeschi impomatati della Polygram, le orge all'Oasis Club, il figlio di Mick Jagger che si fa la segretaria talentuosa Juno Temple e poi una pera. Si respira l’aria di club mitici come Il CBGB o il Max’s Kansas City. Si discute di Anton Cechov e di Blow Job. Ma c’è soprattutto Bobby Cannavale con i pantalani a zampa, i giubbotti di pelle e le camice aperte di Richie Finestra.
Irsuto, plastico, sudato, con gli occhi dilatati dall’alcaloide, Cannavale è il corpo e pure l’anima di Vinyl. Nell’interpretare il fondatore e presidente dell’American Century Records, etichetta discografica sull’orlo del baratro, Bobby si trasfigura nell’alterato simulacro dei Seventies.
L’attore è sublime nel momento in cui rimprovera i suoi talent scout di non aver compreso gli Abba o quando nel secondo episodio della serie alliscia l’ego di Andy Wahrol. Ed è da antologia quando spacca l’ultimo disco dei Jethro Tull e limona duro con Devon (Olivia Wilde), fascinosa femme fatale della Factory dall'eyeliner nero e blu e sua futura moglie.
Cannavale è puro rock’n roll, sporco, veloce ed eccitante come la musica che verrà . Un Doctor Frankenstein deciso a non abbandonare la propria creatura. Non a caso il Mostro immortalato da James Whale e Boris Karloff si palesa sullo schermo del cocainomane proprietario di una stazione radio.
Insomma. It’s alive.
E tra le puttane, gli sfruttatori, i mendicanti, i drogati, gli spacciatori di droga, i ladri, gli scippatori di Taxi Driver, i peccatori di Mean Streets, i bravi ragazzi di Good Fellas, Richie Finestra entra a gamba e narice tesa nella galleria dei grandi personaggi creati da Scorsese.
Uno capace di descriversi così: "Ho avuto un orecchio d'oro, una lingua d'argento, e un paio di palle di ottone. Ma il problema è diventato il mio naso e tutto quello che ci ho messo dentro!”
Per cui come canteranno negli anni Ottanta gli ACDC (parafrasando il motto dei gladiatori dell'Antica Roma) "For Those About to Rock We Salute You".