1994, la recensione del quarto episodio

Serie TV

Linda Avolio

Una lotta senza esclusione di colpi, ovviamente di colpi bassi. Lo scontro tra la Procura di Milano e Silvio Berlusconi si infiamma, e Dario Scaglia, fedelissimo di Di Pietro, deve prendere un decisione non facile. Alla fine, denuncerà il padre, un ex finanziere corrotto, per far proseguire le indagini: leggi la recensione del quarto episodio di 1994.1994, le foto degli episodi 3 e 4 della serie TV con Stefano Accorsi e Miriam Leone

1994, la recensione del quarto episodio

7 maggio. Il quarto episodio di 1994, incentrato prevalentemente sul personaggio di Dario Scaglia (Giovanni Ludeno), comincia con un incontro d'eccezione: quello tra Silvio Berlusconi e Antonio Di Pietro. Il primo tenta di portare il secondo dalla sua parte facendogli un'offerta che non potrà essere rifiutata: il Viminale, peraltro col beneplacito del Presidente della Repubblica. Il secondo, non proprio inaspettatamente, rifiuta. L'offerta di Silvio, consapevole che il consenso popolare è dalla parte del magistrato-simbolo di Mani Pulite, è sicuramente allettante, ma Antonio non cede: gli avevano detto che non sarebbe durato da Natale a Santo Stefano, e invece è ancora lì, a indagare, a scavare. A mettere paura a molti uomini potenti.

Il rifiuto porta all'aperta ostilità, infatti, come abbiamo visto nel terzo episodio, il Cavaliere arriverà a proporre il Decreto Biondi. Decreto che, comunque, poi verrà ritirato, ma che in pochi giorni causerà una vera e propria sollevazione popolare. Quando ancora il popolo italiano si sollevava. Ma torniamo al prologo. Salutato Berlusconi, con la promessa implicita di distruggerlo senza pietà, Di Pietro raggiunge Scaglia, che lo sta aspettando in macchina all'ingresso, e al quale viene detto di prepararsi alla guerra imminente: si va all'attacco della Guardia di Finanza.

Dopo la siglia saltiamo al 14 luglio. Davanti a un gruppo di giornalisti, tra cui Giulia Castello, Di Pietro prima attacca con veemenza il Decreto Biondi, e poi avvisa il popolo italiano di aver chiesto un altro incarico, un incarico non moralmente in conflitto con quanto succederà se il Decreto Biondi passerà. Le sue dimissioni sono evidentemente un gesto di protesta. Il sollevamento popolare preoccupa il Presidente del Consiglio, ma Notte lo incita a non farsi spaventare e a non mostrare debolezza: due settimane e poi passerà tutto. Perché gli italiani hanno la memoria di un criceto. Senza offesa per i criceti.

Arriviamo così al 17 luglio. Il Decreto Biondi è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, e a peggiorare la situazione c'è anche la sconfitta dell'Italia contro il Brasile ai Mondiali. Ecco però arrivare la telefonata che fa svoltare la giornata: a quanto pare, il Decreto verrà ritirato. Ha funzionato. La vittoria più importante alla fine è arrivata.

Da qui in avanti il focus è in prevalenza su Dario. Lo vediamo andare a trovare il padre, che, scopriamo, era un finanziere di alto livello, e il fratello. L'invito, come ben dice Scaglia, non è casuale. Certo, c'è anche che l'anziano genitore è malato, ormai terminale, ma comunque la prima impressione era quella giusta. Hanno paura, gli dice il fratello, perché Di Pietro, per arrivare a Berlusconi, sta mettendo dentro mezzo mondo. Scaglia, che non è proprio in buoni rapporti con loro, la fa semplice: non c'è bisogno di avere paura se non si ha niente da nascondere. Ma il fratello gli mette una cartelletta piena di documenti in mano e la pulce nell'orecchio: e se fosse il suo idolo a nascondere qualcosa? E se Di Pietro non fosse così immacolato come vorrebbe far credere?

Dario non ci crede, ma è turbato. A casa, su consiglio di Giulia, decide di parlare apertamente col suo capo. Il giorno successivo - dopo una riunione in cui salta fuori il nome del Colonnello Antonio Pancaldi, che, a quanto pare, avrebbe accettato una tangente dalla Mondadori - consegna a Di Pietro la cartelletta...e Di Pietro nega tutto. Solo che adesso non si fida più di Scaglia, che ha lo sguardo pieno di dubbi, e che dunque viene demansionato. Niente più indagine su Berlusconi per lui.

Si torna a interrogare i pesci piccoli, tra cui un tale Morini, un ex finanziere che non ha intenzione di parlare: "Se lo faccio, porto con me il Colonnello Donato Scaglia. Per anni sono stato sotto il suo comando e ho preso le tangenti con lui."

Intanto, a Roma, Leonardo fa organizzare a Veronica un incontro con sua sorella a Milano. Alla cena a quattro partecipano Notte, le due Castello e Scaglia. Basta la frase detta da Leo "La legge è uguale per tutti fino a quando non ci tocca da vicino!" per far alzare l'integerrimo Dario, che ha capito benissimo che direzione sta prendendo la conversazione. Fuori, la confessione a Giulia: ora capisce dove arrivavano i regali e il prestigio del padre. Quel padre che lui da piccolo ammirava, quel padre le cui orme scelse di seguire.

Fedele ai suoi ideali, alla fine Scaglia denuncia il genitore, ormai costretto a letto. Alla domanda "Ma perché l'hai fatto?", l'anziano ex finanziere risponde: " Se applicavo la legge, metà delle imprese della Lombardia chiudevano. E' così che si regge l'economia, nessuno paga le tasse. Ma perché tutti si devono arricchire e io no? Perché non darvi le scuole migliori, le vacanze più belle? Tua madre i vestiti con il gusto che aveva se li meritava! Ma che vuoi capire? Pensiamo soltanto ai buoni e ai cattivi, ma la vita sta in mezzo..." Una confessione dura, amara, ma sincera. Confessione che viene prontamente consegnata a Di Pietro, che apprezza. E che comunica che Pancaldi ha parlato. Sì, insomma, tangente (quasi confermata). Basta dimostrare che un certo Guarnieri, coinvolto nel fattaccio, si è effettivamente recato a Palazzo Chigi l'8 giugno. Ma come fare, senza testimoni? In realtà, suggerisce Dario, uno c'è...e si tratta di Notte...

In Procura, Leo nega di aver visto il Guarnieri di cui sopra in quella determinata data a Palazzo Chigi. Di Pietro prova a buttare lì un'accusa di falsa testimonianza, ma niente. Prima di lasciar salire il Dr. Notte in ascensore, però, gli chiede se creda in Dio. "A un vecchio con la barba che sta lassù nel cielo, e anche se ci sono milioni di galassie è interessato al mio destino e mi ama? No, non ci credo." è la sua cinica e sfrontata risposta. Ma Di Pietro non ha ancora finito: "E' un vero peccato. Perché lei da oggi deve pregare Iddio che io non trovi il modo di dimostrare quell'incontro." Game ON.

L'episodio si chiude con la telefonata che Dario riceve da suo padre, quanto di più vicino a un disconoscimento. Un addio pieno di rancore e disprezzo. L'uomo morente se ne va tranquillo (assurdo, dopo una vita di corruzione!), lasciando dietro di sé solo parole amare per quel figlio "traditore", ma al figlio traditore non importa: la sua famiglia non sono suo padre e suo fratello, la sua famiglia non è Di Pietro. La sua famiglia è Giulia. E Giulia ha capito benissimo il valore dell'uomo che ha davanti a sé, un uomo che, in un mondo in cui la giustizia non è altro che una scritta sul muro, è ancora fedele ai propri princìpi.

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