Kae Tempest su "Self Titled": "Questo album mi ha fatto capire che si può essere felici"

Qualche giorno prima di incontrare Kae, mi trovavo all’aeroporto di Milano Malpensa e, nell’attesa dell’imbarco per Barcellona, ho dato un’occhiata a libri e riviste in un negozio vicino al gate di partenza. Nel guardare qua e là, un libro ha catturato la mia attenzione: "Wasted", di Kae Tempest. Sì: proprio dell’artista con cui avrei parlato da lì a poco. L’ho vista come una strana coincidenza, o forse un segno del destino. Ma è la prima cosa che dico a Kae appena ci vediamo su zoom, per parlare del suo nuovo album "Self Titled". "Vendono "Wasted" all’aeroporto, in Italia? Beh, questa cosa mi fa impazzire!", mi dice appena le racconto cosa mi era successo a Malpensa alcuni giorni prima. Uno stupore che Kae continua a manifestare per alcuni minuti, tra la felicità e l’incredulità. "È bello si trovi un libro così all’aeroporto in Italia", aggiungo: Kae annuisce entusiasta e, poco dopo, iniziamo a chiacchierare a proposito del suo quinto album, uscito il 4 luglio. "Sono felice di questo disco" “Come mi sento? Molto bene: sono felice di aver dato vita a questa nuova creazione, che sentiva di dover essere pubblicata. È stato un processo bellissimo: ogni momento di questo viaggio è stato bello e importante, e voglio godermi ogni istante perché so che non sarà sempre così. Prima del tour, però, mi faccio sempre un sacco di domande: i concerti andranno bene? Ho abbastanza energie per affrontare tante date dal vivo? Come verrà accolto l’album? La mia mente in questi ultimi mesi è stata su più piani: ho scritto il disco, ma allo stesso tempo ho dedicato spazio a un romanzo che verrà pubblicato tra un po’. Dopo aver tolto quello strato di ansia, però, riconosco di essere felice: sì, non vedo l’ora di iniziare tutto!”, dice Kae. A cui chiedo poco dopo quando ha effettivamente capito che l’album era pronto . “Quando ho detto: ok, è finito?! Sai, è tutto legato al processo di scrittura che mi ha portato alla fine: il periodo che ha preceduto l’uscita si è svolto nel migliore dei modi e sì, sentivo che stava andando tutto nel verso giusto. Sono stati dieci mesi intensi, ma lavoravo al disco quattro-cinque giorni e poi prendevo una pausa. Poi altri due-tre giorni di lavoro e facevo un’altra pausa. Avevo bisogno di tempo per scrivere, digerire e metabolizzare. Il processo di registrazione è durato poco se ci penso: giusto cinque settimane. I brani di questo disco non sono molto lunghi” aggiunge Kae. I brani di "Self Titled", intensi e ricchi di significato Mi sorprende molto che Kae dica che sono brani non particolarmente lunghi, perché ora le canzoni sono a misura di social e sono molto, molto corte. Condivido questo pensiero con Kae, aggiungendo che i brani di "Self Titled" sono molto intensi, affrontano temi importanti e durano sicuramente di più rispetto alla media di quello che si sente ultimamente. Kae sorride e mi dice: “Incredibile, vero? La cosa assurda è che io ho sempre scritto brani di sei minuti… forse perché questo è il quinto album, o forse perché sono più grande, non so: ora mi interessa andare al nocciolo della questione, senza dilungarmi troppo. Quando dicono less is more è proprio vero. L’ho capito nel viaggio che mi ha portato a questo disco”, dice Kae. Il significato del tempo Ci sono alcuni brani che mi hanno colpito più di altri, a partire da "I Stand On The Line": nel testo della canzone c’è una frase che dice "If you wait for the right time, you'll never be ready". Ovvero: se si aspetta il momento giusto, non si sarà mai pronti. Parliamo dell’importanza del tempo, con cui Kae mi confessa di avere un rapporto particolare: “Ciò che so, è che non c’è mai abbastanza tempo. Ma in questo ultimo periodo ho capito che se mi metto una deadline, finisco tutto quello che devo fare. È accaduto per il disco, ma anche per il romanzo che ho terminato nel periodo richiesto. Poi, in merito a quella frase a cui ti riferisci: mai avrei immaginato di avere una vita senza dolore. Pensavo avrei sofferto per sempre. Poi invece ho capito che voglio apprezzare ogni momento che vivo: ieri, per esempio, ho fatto un giro al mare, ho cenato in un ristorante… è stata una giornata apparentemente semplice ma stupenda. E va tutto bene così”. "Racconto ciò che vivo, e non potrei fare diversamente" Poi andiamo al cuore dei testi: Kae in questo album parla anche molto di politica, di quello che sta accadendo nel mondo, dai diritti delle persone transgender e di molto altro ancora. Non dev’essere semplice esporsi così tanto, dico nella nostra chiacchierata. Kae annuisce e aggiunge: “Ma sai, non vedo altro modo che scrivere quello che vivo. Non sarei una persona sincera, ed è quello che voglio essere sempre, in ogni circostanza”. "Se sono felice? Sì, molto" E poi la felicità, così difficile da raggiungere, un altro aspetto con cui Kae ha spesso dovuto combattere. Ma oggi sembra sia cambiato qualcosa: “Se sono felice oggi? Sì, moltissimo. Amo tantissimo questo disco, so che sarò presto in tour e verrò in Italia, dove ho sempre trascorso momenti bellissimi. Poi l’anno prossimo uscirà il romanzo, ho sempre qualcosa in mente, non mi fermo mai. È un bel periodo, mi godo questo viaggio”.

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