AG4IN: la musica napoletana nell'anno del quarto scudetto

Uno degli striscioni che si sono visti di più nelle foto dei festeggiamenti dello scudetto del Napoli era quello che riportava la scritta AG4IN. Il significato letterale era abbastanza intuitivo: faceva infatti riferimento al fatto che la squadra del Napoli aveva ancora vinto lo scudetto per un totale di quattro scudetti – gli altri due, anch'essi ravvicinati, furono vinti nell'era Maradona. Ma forse non tutti sanno che “Again” è anche il titolo della canzone di Pino Daniele uscita postuma a fine 2024 e presentata proprio allo Stadio Diego Armando Maradona. Durante l'ultima partita con il Cagliari di venerdì scorso in tribuna c'erano Geolier, Liberato , Nino D'Angelo, Sal da Vinci, Gigi d'Alessio, Clementino, Luché ed altri neomelodici dai nomi poco conosciuti in Italia, ma assai rilevanti a Napoli. Sono solo due dettagli che ci raccontano ancora una volta che dentro Napoli la musica e il tifo per la squadra cittadina si intrecciano e si fondono insieme. C'è da dire che se la squadra del Napoli ha vinto per coerenza, varietà di gioco e forte determinazione, e queste parole chiave sono anche i valori che permettono di raccontare anche la variegata “scena napoletana” musicale. La tradizione Da una parte c'è ovviamente la tradizione rappresentata da Pino Daniele che negli ultimi anni prima della morte si era riavvicinata fortemente alla sua città tornando a suonare con i musicisti degli esordi e facendo rivivere quei grandi successi nati nei vicoli del quartiere di Porto e San Giovanni, anche grazie ai recenti docufilm usciti su lui. Ecco, se vogliamo provare a fare un parallelo tra calcio e musica, Pino Daniele è senza dubbi il Diego Maradona della musica napoletana. Poi ovviamente ci sono anche Nino D'Angelo che è diventato una sorta di filosofo popolare della città di Napoli e che oggi mescola storie della città con la sua biografia e le vicende del Napoli calcio. Così come Gigi D'Alessio che nel suo account Instagram si improvvisa poeta coinvolgendo anche Troisi, Carosone e Merola. Il rap partenopeo Oggi inevitabilmente è il rap che rappresenta il linguaggio dei giovani e il napoletano più di altri si presta di più alla creazione di barre e di rime. Geolier senza dubbi è il nome di punta. Il rapper di Secondigliano è riuscito in poco tempo a frantumare una serie di record. Nel 2024 è stato l'artista più ascoltato in Italia su Spotify e in pochi anni è riuscito a vincere 88 dischi di platino e 37 dischi d'oro senza giungere a troppi compromessi commerciali, ma portando il dialetto napoletano legato al rap americano, nei primi posti in classifica e anche al Festival di Sanremo. Dopo aver conquistato lo scorso anno lo Stadio Diego Armando Maradona, quest'estate celebrerà tutti questi successi a fine luglio con due date all'Ippodromo di Agnano e a fine settembre all'Arena di Verona. Un altro nome caldo del rap partenopeo è senza dubbio Luchè, il rapper che ha fatto parte della prima scena rap napoletana con i Co'Sang nati alla fine degli anni '90, che cantavano le periferie con rime crude ma duettavano anche con Nino D'Angelo. Oggi Luchè è ai vertici delle classifiche italiane con “Il mio lato peggiore” disco crudo, sfacciato e rabbioso che racconta bene anche questi tempi. Lo stesso Luchè quest'estate all'eta di 44 anni si esibirà allo Stadio Maradona il prossimo 5 giugno. E se all'epoca del primo Pino Daniele c'era il Neapolitan Power, la scena che univa Napoli Centrale, Tony Esposito e Enzo Avitabile che univa soul, funk e la melodia partenopea, oggi ci sono i Nu Genea, napoletani ma di casa a Berlino, che hanno conquistato la critica internazionale con quel mix tra funk, disco e soul ultracitazionista. I nomi nuovi Ma la scena di Napoli è composta da un sacco di nomi emergenti che raccolgono l'humus del territori o per mescolarlo insieme ai beat elettronici o al jazz. Ecco qualche nome da tenere sott'occhio: ad esempio Deborah De Luca partita dalle Vele di Scampia per arrivare a conquistare i festival dance più importanti a livello mondiale, diventando una delle dj più richieste a fianco di Nina Kraviz, Carl Cox e Peggy Gou. Ci sono poi un altro paio di nomi come i Uècaro, un collettivo campano che unisce il Jazz tradizionale al Neo Soul e al rap underground, mantenendo sempre una forte identità legata alla napoletanità. Nasce da un idea di Corrado Cirillo, classe 1984, insegnante di basso elettrico al Conservatorio di Napoli, e Ciro Perrotta, classe 1982, rapper della scena underground dal 2000. Hanno appena lanciato un loro album molto interessante dal titolo “M'aggio distratto n'attimo” che mette insieme Weather Report, D'Angelo e A Tribe Called Quest. Simile, ma più pop, è Leo Pesci, originario dei Quartieri Spagnoli ma ora di casa a Londra e che poche settimane ha lasciato per Irma Records il singolo “Ma che maronn” che prelude a un prossimo album. Anche qui il neo-soul londinese si sposa con la musica funk anni 80 napoletana per una canzone che si appiccica subito addosso. Quindi non solo la Napoli del pallone, ma anche quella della musica è molto viva.

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