Alexia, il singolo I Feel Feeling: "Dobbiamo essere liberi di emozionarci e di pensare"
MusicaLa regina della dance italiana torna con un brano che rivendica il dovere di essere se stessi. L'INTERVISTA
Dopo essere stata la prima artista italiana a esibirsi sul palco del Tomorrowland, Alexia, tra le artiste italiane più conosciute all’estero con oltre cinque milioni di dischi venduti in tutto il mondo e icona della musica dance anni Novanta, torna alla musica dance con un pezzo inedito in inglese. Il singolo che apre questa nuova era è I feel feelings (Garbo Dischi/Daylite Records) scritto dai Dragonette, la band canadese di musica elettronica e synthpop, che, attraverso suoi album e i suoi singoli, ha contribuito a consolidare la loro presenza nella scena della musica dance e pop internazionale, e con la produzione di Paul Harris e Carl Ryden.
Alexia al di là di un progetto che ti ha convinto, da quanto meditavi di tornare all’inglese?
Nel 2022 ho pubblicato un album di Natale, un progetto realizzato per pura passione verso la musica e il bel canto: quell’esperienza fatta ad agosto, perché i dischi di Natale si preparano solitamente in estate, mi ha fatto riscoprire la passione per questo mestiere. Mi sono chiesta perché ho fatto la cantante e mi sono sacrificata tanto? Ho riflettuto col mio team sui preconcetti del cantare in inglese in Italia quando all’estero la questione linguistica non si pone. Ho scritto, sperimentato ed è arrivato questo brano che trasmette emozioni nella sua semplicità senza vergognarsi della fragilità: siamo fatti di emozioni e dobbiamo dargli un nome.
Per altro scelta coraggiosa di riprendersi la dance nella stagione della techno e dell’elettronica: come hai conosciuto i Dragonette e hai avuto modo di parlare con la loro cantante Martina?
Non personalmente ma abbiamo contatti frequenti e prima o poi capiterà. Sono focalizzata su questo genere perché serve una musica trasversale: io sono un classico e negli anni Novanta questa musica era trasversale a modo suo anche se qui veniva considerata troppo commerciale. Metteva d’accordo molte persone e ancora oggi porta voglia di condivisone e di serate aggregative.
Quando hai ricevuto il provino lo hai sposato in toto oppure col tuo team sei intervenuta?
Mi è piaciuto subito quasi tutto, i Dragonette sono già completi sui provini, serve solo il rinforzo con i suoni. Ho cantato a modo mia rispettando la volontà di Martina ma col mio suono e la voglia di riconquistare la scena. Lo abbiamo però un po’ accorciato.
Uno dei messaggi di I Feel Feeling è la condivisione delle emozioni: messaggio forte in una stagione in cui si è sempre connessi ma sempre soli.
Il telefono ci vuole, oggi la musica passa da lì, ma spero pure che rimanga attaccato all’anima. I ragazzi li vedi a contatto con la vita reale che non gestiscono paura e disagi, quindi hanno chiusure folli e isolamenti ed è spaventoso.
Tu hai avuto una carriera che in più occasioni ti ha visto come precorritrice di tempi, come scalare le classifiche inglesi. Non ti chiedo una formula magica ma una chiave di lettura di un mercato così lontano dal nostro.
Questa volta ho deciso di seguire un preciso focus: chi è Alexia e chi è stata nell’immaginario della gente, cosa ti ha spinto a passare dalla provincia a grandi palchi.
Un altro elemento che ha precorso i tempi è in Summer is Crazy: spensieratezza ma vita reale, quella che oggi abbiamo perso, sempre connessi ma sempre soli. Hai nostalgia di quegli anni?
No perché ho fatto pace con quell’epoca. Quel brano è stato scelto come jingle del Festivalbar ed è esploso, poi è subito arrivato al Nord, lo hanno adottato in Islanda per i loro 15 giorni di luce e per fare festa, per loro è un inno. C’è una nostalgia generalizzata, tutti siamo nostalgici di quella stagione, anche perché, contrariamente a oggi, sapevi che se ti facevi il mazzo… prima o poi arrivavi.
Eri una regina in un mondo maschilista, hai dovuto combattere per fare emergere la tua identità. Oggi la situazione sembra cambiata poco: che opinioni hai?
Ormai ho fatto il giro di boa. Da timorata di Dio che non mostrava le forme, oggi mi diverto e gioco, ho regalato emozioni e ho dato il coraggio di mostrarsi. Oggi sono molto più libere le giovani, io non volevo fare vedere le gambe e dunque indossavo pantaloni larghi.
Nei primi anni Duemila, quando hai vinto Sanremo con Per Dire No e poi hai fatto il botto con Egoista ti sei allontanata dal mondo dance: un salto nel buio in quel periodo anche se si capiva che la dance era in fase calante. Cosa è successo nella tua vita?
Ero soprattutto stanca, non mi fermavo dal 1987 quando presi il diploma da segretaria d’azienda con corrispondenza in lingue estere. Una band cercava una cantante e le prime sfide sono state con New York New York di Liza Minelli e Brividi di Rossana Casale. Tornando a quel Sanremo, finisce una storia d’amore e professionale che aveva perso la ragione di esistere. Dovevo chiarire cose nella mia testa, non tediare il pubblico con brani condizionati dal mio stato d’animo e prendere le distanze anche da me stessa.
Sei stata la prima italiana a esibirti al Tomorrowland con Uh la la la a cura delle Nervo: secondo te quella è stata l’ultima epoca dove umano e tecnologia giocavano alla pari?
La tecnologia deve esserci ma sono le persone che portano idee. Qualunque brano dance nasce da un pianoforte o da una chitarra.
Oggi a un adolescente come spiegheresti cosa è l’Eurodance?
È un nastro analogico, è strumenti analogici, è una stanza grande per sintetizzatori e campionatori. Sono tutte finezze umane da calibrare. È fondamentale la scelta del basso e occorre trovare suoni caldi.
Nel 2025, ad agosto, sono i 30 di Me and You che ti porta al primo posto in classifica in Italia e Spagna: pensi di festeggiarlo?
Qualche anno fa Achille lauro e Capo Plaza mi hanno chiesto il featuring, non so dirti cosa ma qualcosa faremo.
Infine so che ogni anno valuti di riprendere l’Università: il 2025 sarà l’anno di Alexia anche studente?
È un tema che con mio marito torna sempre verso settembre perché lui vorrebbe prendere la seconda laurea. Mi dice ci iscriviamo a Genova e andiamo a dormire a Santa Margherita. Ma credo che per il 2025 non sarà possibile.
Che corso sceglieresti?
Storia. Amo il periodo che va dalla fine dell’Ottocento alla caduta del Muro di Berlino.
Quello che chiamiamo il Secolo Breve.
Esatto. Leggo molti libri sull’argomento, ora sto leggendo Indro Montanelli.
Oltre all’uscita di I Feel Feeling che accadrà nelle prossime settimane?
Continuiamo con la promozione e poi c’è un altro brano che stiamo cucinando a Los Angeles. Sono tutte canzoni che prestano attenzione alle nuove generazioni come suoni ma soprattutto come tematiche. Bisogna essere liberi di pensare e di essere se stessi, di distruggere quei preconcetti dove io a volte mi sono incagliata.