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La Prima Estate 2024, l’intervista ai Phoenix: "Un nuovo album in italiano? C'è un'idea"

Musica

Valentina Clemente

Foto di Stefano Dalle Luche

Il tour nei principali festival europei. I concerti in Italia, Paese che li ha amati sin dall’inizio della loro carriera. E dove sono sempre felici di tornare. Un nuovo progetto che ancora non si può svelare. E la capacità di rendere l’insolito straordinario: abbiamo incontrato Thomas Mars e Laurent "Branco" Brancowitz in occasione del loro concerto. E ai giovani musicisti danno un consiglio: “Dite no a quello che non vi piace”. La nostra intervista

 

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Un gruppo di cui non ci si stanca mai. E non chiedetemi perché: è così. Sarà perché sono dei musicisti veri? Sarà perché sono riusciti a formare una scuola, quella francese, che identifica un tipo di musica che solo lì riescono a fare? O forse perché non cercano mai di fare quelli cool, e poi lo sono per davvero? Forse. I Phoenix si sono formati nel 1995, e da allora il loro stile non è mai cambiato. Ed è proprio questa, secondo me, la loro forza: sono da sempre fedeli a una linea, che cresce con loro, ma non si adegua alle necessità del momento. Ne abbiamo parlato insieme a La Prima Estate, poco prima del loro concerto nella serata finale del primo weekend. Con loro anche Giorgio Poi, che ha collaborato con la band francese e che, nello stile, un po’ la ricorda. “Quando siamo in studio pensiamo a fare qualcosa che sia solo nostro e che ci rappresenti”, mi ha detto Laurent Branco Brancowitz. Ad anni di distanza dal loro primo singolo fanno proprio questo. E si vede, e si sente. I Phoenix, dopo La Prima Estate, stanno proseguendo il loro tour in tutto il mondo, con date piuttosto serrate e fusi orari da gestire. Sapere che hanno voluto condividere del tempo con Sky TG24, nonostante gli impegni e le pochissime interviste rilasciate recentemente, rende questa chiacchierata ancora più speciale.

I Phoenix in tour nei principali festival europei

Siete in tour in tantissimi festival europei: prima il Mi Ami, poi il Primavera Sound e La Prima Estate. Come sta proseguendo questa estate di musica dei Phoenix?

Thomas Mars: Siamo fortunati perché, quando abbiamo iniziato, non suonavamo in molti festival italiani. Abbiamo suonato in molti posti in cui ci divertivamo moltissimo, ma avremmo voluto essere in Italia più spesso. Ci sentiamo molto vicini all’Italia, proprio da un punto di vista di connessione, e forse realizzare l’album Ti Amo è stato utile per tornare a suonare in questo Paese un po’ di più. Forse. Ora ne siamo felici: è stata una buona strategia!

 

Avete citato l’album Ti Amo, ma avete lavorato anche con artisti italiani. A fine maggio, a Milano, avete condiviso il palco con Giorgio Poi e Calcutta, a La Prima Estate nuovamente con Giorgio Poi. Perché è così importante sperimentare e cantare anche in lingue diverse rispetto alla vostra?

Thomas Mars: Questo è stato un esperimento molto interessante: cantare in italiano e far cantare le nostre parole a dei bravissimi artisti italiani. Da cantautore è qualcosa che dà molta soddisfazione. Ci viene molto naturale, ed è un processo interessante: ogni volta in studio cerchiamo di trovare un modo per scrivere cose che siano insolite. Sin dall’inizio della nostra carriera abbiamo cantato in inglese: in tanti ascoltavano i nostri brani e tutti pensavano fosse qualcosa di insolito, strano. la gente lo pensava già. È un modo per mantenerci motivati ​​e trovare modi interessanti di scrivere cose. È stato molto emozionante sentir cantare i nostri amici, e ora anche la folla che canta per noi è molto speciale.

MADRID, SPAIN - MAY 25: Robin Coudert, Thomas Mars and Deck d'Arcy of Phoenix perform in concert during Tomavistas Festival on May 25, 2024 in Madrid, Spain. (Photo by Mariano Regidor/Redferns)

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"Cerchiamo sempre di trovare nuove sfumature per la nostra musica"

Thomas ha usato un aggettivo: unusual, insolito. Come riuscite a trasformare l’insolito in straordinario?

Laurent "Branco" Brancowitz: Quello che hai appena detto è un bellissimo complimento, grazie! Ciò che cerchiamo sono emozioni che non sappiamo come definire e spiegare. In realtà è una ricerca che dà molta soddisfazione ma allo stesso tempo è piuttosto complicata. Quando sai cosa stai cercando, infatti, è semplice trovare e mettere in ordine le idee. Quando, invece, non lo sai, serve del tempo per trovare la giusta ricetta per dare un senso a tutti gli ingredienti che non sappiamo come usare. Credo, però, che questo sia il motivo per cui ci divertiamo ancora a fare questo mestiere: è come un cuoco che scopre nuovi prodotti e ingredienti! È come reinventare tutto. Questo è il nostro modo di lavorare, nella vita: trovare nuovi elementi, nuovi ingredienti. Sempre.

"Con Daft Punk e Air siamo amici"

I Phoenix hanno contributo alla creazione e allo sviluppo di un movimento musicale. Un percorso che è iniziato con Daft Punk, Air ed altri ancora. Come riuscite a mantenere viva l’anima dei Phoenix, con la sua identità e le sue caratteristiche, e far parte di un movimento più ampio?

Thomas Mars: Non sappiamo nello specifico cosa significa... è complicato spiegarlo perché, anche se abbiamo iniziato nello stesso periodo, siamo di generazioni diverse. Abbiamo alcune caratteristiche in comune ma non abbastanza da distinguerci da French Touch. Ci definiva la nostra nazionalità. È un elemento positivo, certo, ma credo che sia ancora più importante far parte di questo movimento perché questi musicisti hanno un’identità molto forte. E la loro musica è ancora bellissima, nonostante il tempo che passa. Invecchia bene! È un tipo di musica nata anche dalla frustrazione del non avere accesso al mondo musicale in Francia, un universo molto professionale e specifico. Improvvisamente tanti gruppi hanno iniziato a fare musica nei loro piccoli spazi. Abbiamo condiviso materiale tecnico, influenze musicali… Ciò che ci dà soddisfazione è che siamo riusciti a farci conoscere a livello internazionale partendo da un grosso ostacolo: cantare in inglese. Ma anche non avere accesso alle sale di registrazione. Esserci riusciti è un motivo di orgoglio. Siamo amici, e nessuno contrasta l’altro, nessuno pretende nulla: ci rispettiamo a vicenda, ed è bellissimo.

"Ai giovani musicisti diciamo: dite più no, così i sì diventano più speciali"

Thomas ha usato la parola identità: da appassionata di musica ma anche giornalista credo sia l’elemento più importante in un artista, soprattutto oggi. Come mantenete viva l’identità dei Phoenix?

Laurent "Branco" Brancowitz: Credo che l’unico obiettivo del nostro lavoro sia creare qualcosa di nostro. E credo che il segreto sia sapere che ci sono tante cose che non ci piacciono della musica, e pochissime che amiamo. Vale per tutti i generi musicali. Il nostro lavoro sta nel comprendere quando queste emozioni ci piacciono. Quando suoniamo in studio, capiamo subito se è qualcosa che ci piace! Ma è un percorso piuttosto lungo, perché la maggior parte di quello che facciamo non è proprio bello. La musica oggi è pessima. Il mio consiglio per i giovani artisti è dire no la maggior parte delle volte, così i sì diventano più speciali. Amare qualcosa è prezioso. Condividiamo questo pensiero con i gruppi francesi di cui parliamo in questa intervista: con loro abbiamo in comune album e ricordi. È una parte molto piccola di quello che abbiamo pubblicato, certo, ma ci piace molto.

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"Ai nostri concerti tante generazioni"

Perché le persone amano così tanto i Phoenix e perché continuano ad andarli a vedere dal vivo?

Thomas Mars: Non so rispondere a questa domanda! (Thomas ride). Posso dirti perché continuo ad andare a sentire le band che piacciono a me. Ho visto My Bloody Valentine un po’ di tempo fa e, ogni volta che vado a sentirli, trovo sempre qualcosa di nuovo. Allo stesso tempo la loro musica mi fa tornare indietro nel tempo, alle emozioni di quando ero più giovane e quando la musica strumentale ci univa, e ci ha portato a fare musica. Non so, alcune canzoni riescono a farti provare tutto nello stesso momento, dal batticuore alla sorpresa. C’è una canzone che ascoltavo sempre quando avevo 17 anni, e a 27 l’ho sentita “diversa”. Ma è sempre bella come lo è stata sin dall’inizio. Quando si è teenager l’istinto è piuttosto buono: sono poche le cose che deludono, o di cui magari ci si pente di aver fatto a 17 anni. Ma nella musica c’è un istinto diverso. Ora ai nostri concerti vediamo tante generazioni: oggi è la festa del papà, e al concerto di ieri c’erano tantissimi papà con i loro bambini. È bello vederli, e anche sapere che vogliono condividere questi momenti con persone che amano, con gli amici e i figli.

"Un nuovo progetto in italiano? C'è un'idea..."

Dopo l’album “Ti Amo” farete qualcosa di nuovo in italiano?

Thomas Mars: Ho un’idea di cui ho parlato ieri alla band ma non ti posso dire nulla: deve essere approvata da tutto il gruppo! Piccola ma interessante...

 

Avete più volte detto che siete molto vicini all’Italia: If I Ever Feel Better è un brano molto amato nel nostro paese, e lo è stato sin dall’inizio. Perché, secondo voi?

Thomas Mars: Abbiamo visto un lato dell’Italia che per noi è stato un viaggio nel tempo, negli anni Duemila. Abbiamo suonato in città in cui mai avremmo pensato di andare, e in spazi nel bel mezzo del nulla. In piccoli club, davanti a tanta gente ma in spazi lontani da tutto. È stato un bellissimo periodo della nostra vita, lo è ancor di più poter tornare in Italia più spesso.

"La musica? Un'unione di tante voci: chi la compone e chi la ascolta"

If I Ever Feel Better è una di quelle canzoni di cui non ci si stanca mai. Perché?

Laurent "Branco" Brancowitz: Quando fai musica provi sempre a fare del tuo meglio. Poi, però, ci sono gli ascoltatori. Chi ascolta fa propria la nostra musica, e ci lega dei ricordi: è un lavoro collaborativo. Col passare del tempo queste sono le canzoni che più ricordi e a cui dai sempre più significato. Così quando saliamo sul palco, il pubblico contribuisce in maniera rilevante alla bellezza del concerto. E questo è uno dei segreti: il potere della musica è chi ascolta aggiunge bellezza! Quindi sì: è davvero un’unione di tante voci.

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