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Omini, il singolo Go Catch ‘em è una fuga identitaria verso la libertà

Musica

Fabrizio Basso

Il trio torinese grande protagonista a X Factor 2022 torna con un singolo che inaugura un nuovo percorso artistico e annuncia tre concerti speciali. L'INTERVISTA

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Brano dalle sonorità rock, Go catch em, scritto dagli Omini con Willie Peyote, è un inno alla ribellione! Pura adrenalina, il singolo racconta l’impeto irrequieto che prova chi decide di uscire dalla propria zona di comfort e diventare qualcosa di unico, inimitabile. Questa energia prelude al ritorno degli Omini, grandi protagonisti a X Factor 2022 (GUARDA LO SPECIALE) sul palco! con Three Days of Peace Love Rock'n'Roll che li vedrà protagonisti di tre date speciali, prodotte da Kashmir Music, il 9 marzo all’Arci Bellezza a Milano, il 15 marzo al Traffic Club a Roma e il 30 marzo all’Off Topic di Torino, la loro città.

Ragazzi partiamo dal singolo: in cosa Go Catch ‘em rappresenta l’inizio di un nuovo viaggio?
La abbiamo scritta con Willie Peyote, è un inno alla ribellione e al fuggire il pensiero unico e globale. Abbiamo provato a parole a esprime un disagio diffuso.

Il titolo, tradotto in italiano, è vai a prenderli? A cosa vi riferite visto che il brano racconta di una realtà distopica e di voglia di fuga?
Noi non vogliamo prendere niente né nessuno ma scappiamo da chi ci insegue da chi vuole contaminarti mentre tu provi ad andare nella tua strada.

Qual è l’ultima chiacchiera nella quale non vi siete trovati?
In alcuni contesti in studio, in ambito musicale abbiano una identità precisa e sappiamo cosa vogliamo raggiungere. Ci è stato proposto come fare certe cose e il metodo non era in sintonia con noi che in queste chiacchiere non ci ritroviamo. A volte anche per i vestiti abbiamo ricevuto consigli.

Parlate di “ordini urlati in faccia”: sembra di essere tornati nell’antica Roma quando la vita dipendeva da come era girato il pollice. Nonostante questo, restate “senza paura”?
Ovviamente sì e per sempre. Crediamo in quello che facciamo, la nostra musica ci piace e dunque andiamo avanti.

L'incipit del video è affidato a Willie Peyote: perché lui, al di là dell’essere come voi torinese?
Lo conosciamo da quando siamo piccoli, i nostri padri suonavano insieme. Ci siamo incontrati dopo un concerto a Torino e abbiamo deciso di trovarci a scrivere. Ci ha raggiunto in studio da noi, siamo partiti da qualche frase che già c’era e abbiamo trovato la quadra. La collaborazione parte da rapporto di amicizia che si unisce alle idee.

La folle corsa del video è una fuga da chi vuole mettervi nei ranghi?
È una fuga verso l’identità e la libertà.

Il semaforo rosso è l’incpit del brano ma nel video appare solo alla fine: c’è un perché a questi opposti?
Una scelta artistica, volevamo non farlo apparire mentre si sente la prima frase della canzone. Ma prima o dopo doveva esserci.

Un altro momento del video sembra Fight Club: pugni contro un nemico invisibile: chi è l’avversario? Ed è immaginario o immaginato?
Sia uno pensato che un altro immaginario, ognuno la vede a modo suo. Per noi sono quelli che cercano di imporci delle cose. Ma possono essere anche i demoni che abbiamo dentro. Tutti posso immedesimarsi in quel momento.

Che accadrà nei "Three Days of Peace Love and Rock’n’Roll"?
Abbiamo preparato nuova scaletta poi show e brani e tante esplosioni di musica. Siamo curiosi di fare ascoltare i nostri nuovi pezzi. Infatti nei concerti ci saranno più pezzi nostri e meno cover.

In Mare forza 9oi il tema sono i ricordi: che rapporto avete con i ricordi? Siete selettivi o avete la memoria di ferro? Perché anche in Sbaglio peggiore si parla di smarrimento e di melanconia.
Abbiamo la memoria di un pesce rosso. Raccontiamo una fase della nostra vita, abbiamo vent’anni e come persone siamo un po’ smarrite. Cerchiamo il ricordo felice o triste e esprimendolo in un pezzo  diventa uno sfogo.

Cinque anni fa, nel 2019, usciva Senza Paura: cosa resta di quegli Omini?
Non eravamo ancora gli Omini, eravamo sempre noi ma con un altro progetto. È rimasta l'attitudine. Siamo maturati ovunque tranne che nella vita. Abbiamo imparato a tirare fuori tutta la rabbia.

Il “vorrei e non vorrei ma forse tu forse tu lo vuoi, tu lo vuoi” di Sale nel Caffè mi ha ricordato il “vorrei non vorrei ma se vuoi” di Lucio Battisti: è la versione 2.0 di un canto libero?
Non osiamo. Quando la abbiamo scritta certo che l’occhio lo abbiamo strizzato. È la narrazione di una lite tra padre e figlio e ognuno può immedesimarsi.

“Lotta per la tua diversità” lo possiamo considerare il manifesto di una generazione?
Col tempo è cresciuta, si lotta di più anche rispetto a solo cinque anni fa. Deve essere il nostro punto di forza, deve essere un pregio.

Promettiamo per il 2024 di cercare una realtà dove tutti hanno voglia di ballare fino a toccare il soffitto?
Vogliamo fare ballare e saltare più gente possibile, vogliamo esplodere nei club e conquistare nuovo pubblico. Puntiamo a fare innamorare della nostra musica nuova gente.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Intanto c’è questo singolo. Ci sarà un Ep nei prossimi mesi, siamo in studio chiusi da tempo e ne abbiamo di brani: il difficile sarà scegliere.

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