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Djomi: "Con l'album Finalmente dico di non avere più paura e avere il coraggio di osare"

Musica

Fabrizio Basso

Il disco rappresenta il ritorno sulla scena di questo giovane artista dopo due anni di assenza nei quali è cresciuto sia personalmente che artisticamente. L'INTERVISTA

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Djomi presenta il nuovo album Finalmente (ADA Music Italy). È il terzo lavoro in studio per il giovane rapper di Cervia e contiene Chiama Un Dottore, l’inedito con il quale ha partecipato e vinto alla 65ma edizione dello storico Festival di Castrocaro, e Se Mi Guardi, grazie al quale è stato tra i finalisti della sezione Nuove Proposte del  Premio Lunezia 2023. Finalmente è il biglietto da visita di Djomi, all'anagrafe Domenico Giovanni Pini: vedrà la convivenza di rap e cantautorato, r&b e rock, una commistione che racconta la sua crescita personale e professionale e tanta voglia di cantare quello che vede, quello che pensa, quello che vive.

Domenico poche volte come in questo caso possiamo di dire… Finalmente: parlami della storia dell’album e dei suoi due anni di gestazione. E di quanto la vittoria a Castrocaro ed essere in finale al Lunezia abbiano valorizzato il tuo percorso.
La sera del 13 ottobre quando è uscito l’album quasi non ci volevo credere, lo avevamo pronto da gennaio e aspettare tutto questo tempo, per vari motivi, è stato pesante. È un biglietto da visita per certe realtà, è un modo di andare incontro a un certo mondo per essere credibile per Castrocaro e per il Lunezia. Io faccio rap ma ho anche un approccio che mi permette di lavorare su altre cose.

Pur avendo già pubblicato due album, Il Difetto dei Pregi e Djomi Unchained Vol. 1, consideri Finalmente il tuo biglietto da visita, prendendo spunto dal titolo pensato in origine: perché? Quindi non ci sarà mai un Djomi Unchained Vol.2?
Invece ti dico che ci sarà perché li ho agito come per una scatola di oggetti smarriti, ragionavo più da mixtape che da disco, la missione era mettere carne al fuoco dunque il progetto e il concept li porterò avanti. Ma con Finalmente sapevo che il mood era un altro, più rap e uno stampo più classico.

In Ahi Serva Italia racconti le paure di una generazione che si concentrano nelle barre “ho troppe paure per stare sereno” e “siamo cresciuti senza valori”: è questo il tuo stato d’animo? E quel volo in paracadute aggrappati a un’idea che poi non verrà fuori dove atterrerà?
Non è il mio stato d’animo, conosco tanti giovani che sono in gamba e hanno dei valori. Spesso partiamo da prevenuti e non osiamo perché se poi va male non rimaniamo delusi; oppure non vale la pena rischiare il meglio per paura del peggio.

Anche in Barman parli di corda nello zaino, quindi di paracadute: è una tua ossessione quella del salto nel vuoto?
Quella corda non serve a fare il salto, ha un significato più drammatico umanamente parlando. Barman e Weekend sono brani del pre-Covid. Per risponderti, il salto nel vuoto mi spaventa molto, simbolicamente perché il salto richiede uno sforzo e c’è la paura che non venga ripagato.

Ci aggiungo che Barman mi ha ricordato il Fabrizio De Andrè de La Ballata dell’Eroe. E anche un po’ de La Guerra di Piero: ci hai pensato mentre la scrivevi?
Non ci ho pensato, quel pezzo mi è venuto di getto, senza riferimenti particolari. L’idea era lo storytelling di due persone diverse, prima il soldato e poi un altro, ma alla fine della prima strofa ho sentito la necessità di proseguire con la vicenda del soldato.

Hai un Barman-Caronte del cuore?
Sì, il Bricriù a Pinarella di Cerva che per noi è Luca il birrario, il nostro punto di ritrovo, un ambiente intimo e che propone bella musica. Lo consiglio a chiunque passi da quelle parti.

Cartina alla fine è uno scordare te più che un trovare te… una dedica amorosa a un tempo che non c’è più, giusto? E anche Chiama un Dottore con il “wi-fi che di colpo muore” non inneggia proprio a un lieto fine.
Il gioco dietro a Cartina richiama quella del tabacco, che è molto sottile, devi stare attento a come la tratti, puoi accartocciarla e riaprila ma non tornerà mai liscia, resteranno sempre la piega o lo strappo. Il wi-fi che di colpo muore rappresenta il momento in cui stacco completamente dal mondo.

“L’odio è un motore che ha solo consumo” dici in Gossip: hai un antidoto?
Ho avuto un periodo in cui guardavo a chi era due passi avanti a me con quell’invidia che sfociava in odio. Non ha senso sprecare le energie in odio, vanno canalizzate per te stesso.

In Se Mi Guardi dici “quando prendo la penna e poi scrivo non sono la stessa persona”: quanta differenza c’è tra Domenico e Djomi? Sono amici? Si compensano? O devono ancora riconoscersi?
Ancora un po’ devono riconoscersi, rispetto a Domenico, il Djomi che scrive ha più autostima, vede più i pregi che i difetti. Domenico è più sereno, timido, introverso. Ti faccio un esempio: in estate con i miei tanti capelli sudo e mi vergogno ma quando scendo dal palco madido di sudore non me ne vergogno perché ho fatto musica.

Hai (ri)conosciuto il tuo angelo custode?
No. Forse è mio nonno Giovanni perché è stato il primo in famiglia ad appassionarsi alla scrittura. Gli ho dedicato un pezzo, Giovanni, e in casa mi dicono che sia lui a proteggermi.

Il tuo Weekend, dove il tempo passa così in fretta che è subito lunedì, ricorda Il sabato del Villaggio di Giacomo Leopardi, con la domenica che già annulla i benefici del sabato: sono due momenti uguali scritti in epoche differenti?
Non ci avevo mai pensato, ma è un bellissimo spunto.

L’Estate del ‘99 che citi nel brano Woodstock dista esattamente trent'anni da quel Festival, che si svolse nell'agosto del 1969. Nel testo nomini Shorty con Ghemon e poi Jimi Hendrix, due mondi lontanissimi: cosa racconta questo brano?
Rappresenta nell’album una sfaccettatura che spesso viene messa in secondo piano, è il flusso di incoscienza: mi fecero sentire una produzione Summer ’99 e un amico mi disse che era impossibile scriverci sopra. Una sfida che ho raccolto e da lì ho proceduto passo per passo, col flusso di incoscienza che all’inizio di ognia nuova quartina mi fa cercare il legame per approcciarmi alla seconda. I nomi citati sono la mia playlist, se una cosa è bella è bella, non ha un’epoca.

Una curiosità: Leslie King è l’attore, l’attrice, il ciclista…
Era un attore attivo tra fine Ottocento e inizi Novecento e ha fatto la prima versione in pellicola di Alice nel Paese delle Meraviglie. A Woodstock girava droga, il gioco è “resti nei cessi con Leslie King e dopo vedi meraviglie con LSD” proprio perché aveva fatto Alice. Mentre la scrivevo pensavo al gioco meraviglie-lsd per chiudere la strofa e quando ho scoperto che si chiamava Leslie King mi sono detto: perfetto.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Ci sono due date dal vivo, il 12 novembre a Lido Adriano e il 17, sempre di novembre, a Cervia per una serata contro la violenza sulle donne. Il tour vero è in via di definizione. Prima del 2024 uscirà ancora qualcosa ma non posso sbilanciarmi.

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