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Tenco 2023, nell'edizione dell'addio a Sergio Staino brilla la stella di Daniela Pes

Musica

Fabrizio Basso

Credit Piera Masala

L'artista sarda ma bolognese d'adozione ha elettrizzato la rassegna con la sua genialità artistica: con l'album Spira si aggiudica il premio nella categoria Miglior Opera Prima. La serata finale è stata rattristata dalla scomparsa del Presidente Sergio Staino. Stupisce, ancora una volta, la totale assenza di giovani cantautrici e cantautori sul palco. IL COMMENTO

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La canzone d’autore ha celebrato se stessa a Sanremo e ha pianto uno dei suoi eroi, Sergio Staino, morto sabato 21 ottobre, ultimo giorno della 46ma edizione della rassegna; faceva parte di quel mondo dal 1981, quando ci giunse accompagnato da Paolo Conte. Il Tenco 2023 è stato un viaggio lungo tre giorni per abbracciare quella musica che sa dire quello che le parole non dicono. Mettendo per un attimo da parte i nomi noti, mi sento di affermare che la vera sorpresa di questa edizione del Premio Tenco è l’artista sarda trapiantata a Bologna Daniela Pes, vincitrice nella categoria Miglior Opera Prima con l’album Spira. Dal palco dell’Ariston ha regalato momenti di arte pura: è partita con la sua versione di Si Vede di Enzo Jannacci per poi portarci nel suo universo con Ca Mira, Illa Sera e Carme. Quello che rende speciale, a mio avviso, Daniela, è che appena accende la musica crea intorno a se un alone di mistero, dal palco si sprigiona una energia ipnotica unica. Il suo è un progetto che all’estero riempirebbe i palazzetti grazie a quell’abile intarsio di destrutturizzazione e decostruzione della musica, una scarnificazione che diventa opulenza. Non una scoperta bensì una conferma la cantautrice Patrizia Cirulli e il cantautore Federico Sirianni. Come sono delle certezze le persone che di questa rassegna sono l’amplificatore di interesse e si chiamano Erika Barbacelli, Giovanna Palombini, Giorgio Cipressi e Greta De Marsanich.

E poi c’è il mondo dei musicisti. Nella serata di venerdì, insieme con quell’incantatore di parole e sentimenti che è Eugenio Finardi, c’erano Mirko Signorile e Raffaele Casarano, due artisti straordinari, che in ogni nota mettono una poesia. Un incanto sentirli “dialogare” attraverso i loro strumenti con Finardi. Uscendo dal repertorio di quest’ultimo, la loro rilettura de L’Armando di Enzo Jannacci, è un unico brivido lungo una canzone. Applausi e anche qualche lacrima al Teatro Ariston sui brani di una ispirata Carmen Consoli (una donna dal cuore grande) e per un Ron affabulatore (ha raccontato il mistero della nascita di Piazza Grande, che è nata non sotto i portici di Bologna ma durante un viaggio in mare con Lucio Dalla verso la Sicilia “e ancora oggi non capisco perché sia nata in navigazione”). Gli Almamegretta, premiati per il Miglior Album Dialettale, sono stati straripanti nella loro esibizione; il titolo dell’album è Senghe che in napoletano significa crepa ed è attraverso queste crepe che loro fanno germogliare i semi dell’accoglienza e della condivisione. Che dire di Niccolò Fabi il poeta dell’arte del ricominciare nel suo brano Andare Oltre. L’ultima sera ha visto sul palco, tra gli altri, Vinicio Capossela accompagnato dall’ironia e dalla genialità di Margherita Vicario, e il maestro integralista del tropicalismo Tom Zè, un signore di 87 anni nato nello stato brasiliano di Bahia, amato da David Byrne che lo scopri per caso durante un suo viaggio in Brasile. Che ricordi la Vincenzina di Paolo Capodacqua! Questo artista ha scelto la title-track del film Romanzo Popolare con Ugo Tognazzi e una giovanissima Ornella Muti per fare rabbrividire l'Ariston. Stupore, poi, per Leti Dafne: ha suscitato notevole curiosità sia con i tre pezzi del suo repertorio sia con l'omaggio a Enzo Jannacci per il quale ha optato per Ci Vuole Orecchio.

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Quella che si è conclusa era l’edizione numero 46 del Tenco. Ci avviciniamo al mezzo secolo di onorata militanza nell’altalenante mondo della canzone d’autore. Il lavoro occulto che ogni anno viene fatto è ciclopico, va riconosciuto a chi sta nella cabina di regia di questa rassegna che è una delle poche oasi felici della canzone d’autore. Ma resta un gap da colmare ed è quello che vede poco rappresentato sul palco il mondo artistico dei giovani. I padri spirituali della canzone d’autore devono esserci, senza di loro non esisterebbero né il Club Tenco il Premio Tenco, ma è impensabile che tutta quella generazione nata a ridosso degli anni Duemila non sia raccontata. Dire che si sta lavorando per recuperare non è più sufficiente se poi in tre giorni all’Ariston non se ne è vista una minima prova palpabile. È necessaria una accelerazione (in contemporanea a una decelerazione al battutismo da cabaret che sul quel palco è una nota stonata) prima che quel mondo non sia davvero troppo…”lontano lontano nel tempo”.

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