Dadà: "Vi racconto la mia sirena fragile nella rete degli imprevisti"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

L'artista, in "Mammarella", ha voluto indossare i panni di un Pulcinella dalla maschera bianca, ma la maschera la ha fatta cadere giù, perché non le è mai servita nella vita e ha sempre desiderato guardare negli occhi le emozioni. L'INTERVISTA

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La poliedrica cantautrice napoletana Dadà pubblica il suo primo ep Mammarella” (Doner Music). Il progetto di Gaia Eleonora Cipollaro, ovvero Dadà, è costituito da sei brani, che l’artista svelerà settimana dopo settimana. Questa artista è la portavoce di una musica in perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, che intreccia vita intima e artistica dando modo agli spettatori di sostare sull'uscio dei suoi ricordi, del suo carattere, della sua musica e della sua Napoli, facendosi Cicerone di un viaggio all'interno di numerose storie. La cantautrice porta tutto il suo mondo nel progetto, curandone in prima persona la direzione artistica e toccando tutti gli ambiti a lei cari: dalla moda alla fotografia, dalla letteratura alla musica.

Gaia partiamo dalla storia dell’album e dal perfetto equilibrio tra vita condivisa e vita personale: è stato complicato mettersi così a nudo e nel contempo lavorare affinché chiunque ascolti possa sentirsi protagonista?
Per me è stato naturale perché di carattere sono sempre in ascolto e per ascoltare se stessi devi ascoltare il mondo per capire dove sei. A essere dialogante scopri limiti e punti di forza e io, quasi in maniera imbarazzata, ho scoperto di essere più gentile di quello che prefiguravo di me. E’ stato facile avvicinarmi all’io e spero che il mio messaggio possa anche andare oltre Napoli. In questo lavoro per la prima volta c’è anche la mia anima teatrale. E’ un album meta-teatrale. Si è composto nel tempo, ci sono bratti scritti che avevo 17 e altri più recenti. Si sono incontrati per caso e messi sotto il tetto della dualità, intesa come sfumature di unicum che oggi va liberato. E’ stato un lavoro lungo se penso ai brani vecchi ma comunque istintivo, ho solo dovuto scavare tra le mie cose. Sono esempi di vita miei.
Si è sempre parlato dei segreti di Pulcinella, tu invece ne mostri le verità. E il vederti incinta nella cover trasmette la sensazione che alla sua, e dunque alla tua, poetica non ci sarà mai fine. E’ una giusta interpretazione?
Per me sì, perché è così la poetica della vita: c’è un cane che felicemente rincorre la propria coda. Pulcinella estremizza i rapporti e ha la maschera bianca che viene poi a scivolare: tolta la maschera ho colto i frutti di una cultura popolare nella visione più totemica del termine, è la verità. Mi piace raccontare il verosimile nella concezione di Giovanni Verga.
I tuoi testi sono veri: riprendo la tua citazione di Eduardo “se il mare non fa paura ma fa il mare” e ti chiedo in cosa tu fai te stessa travestita da sirena che incanta?
E’ una Partenope non mediterranea, la pelle è color latte. La sirena non è possente bensì morente nella rete degli imprevisti. La sirena è la mia parte più fragile, è colei che muore ogni giorno per poi rinascere.
“Quando 'o juorno chiudi ll'uocchie” che succede nel mondo di Dada?
La canzone nasce in un periodo di attacchi di panico e il mio timbro vocale combacia con la mia anima. Oggi non lo canto alla stessa maniera.  Spesso ho chiuso gli occhi per percepirmi in un mondo che ti distogli: chiudere gli occhi è affidarsi a un buio voluto da una luce che confonde.
L’album parte con un parlato e col racconto della paura che ti ha attraversato nel 2022: possiamo considerarla esorcizzata?
Delle emozioni che viviamo resta sempre se non un seme almeno un fiore secco. Non è conveniente per me l’esorcismo, la ho accolta e se riemerge sono più pronta a vivermi: essere un mammarella gravida di possibilità e propositi significa prendermi cura di me.
Mi racconti cosa si vede oggi dalla serratura delle tue passioni? Hai davvero trovato la tua libertà?
Dalla serratura ho sempre sperato di vedere mondi diversi e lontani, mi rende felice vedere il mio volto e non è scontato per me sia come persona che come cantautrice. Mi riconosco e vedo imperfezioni e punti di forza.
Esistono ancora le “capere”, quelle che tra un bigodino e l’altro ti fanno capire il mondo?
Nella canzone dico come mi assomiglia, tutti lo siamo un po’. Non esistono legate al mestiere ma chiunque vive una realtà tipo paese delle meraviglie ha quella parte un po’ inciuciata dentro di sé.
“Cose ‘e Creature” sembra un vecchio album di fotografie trasformato in musica: ha una dedica speciale?
Parte da una minaccia affettuosa che mia mamma mi faceva da piccola: metti in ordine la cameretta o raccoglie le cose nel fazzoletto e vai per la tua strada. Poi c’è il litigio tra bambini che rappresenta la memoria vivida della mia vita di quartiere. Sono mondi ancora inconsapevoli e ho cercato quel ricordo, nei bassi napoletani la quotidianità diventa teatro.
“Montagna fatta di lava e cento lingue” mi ha ricordato la “Napule è” che è mille colori di Pino Daniele: dove è il confine tra l’accettazione del destino e la voglia di essere lava e passione e come Icaro volare verso il sole magari senza bruciarsi?
Ho riletto un brano della cultura napoletana tradizionale. Il Vesuvio è la parte indigena di noi napoletani. Il regista, che è originario dell’Ecuador, mi ha chiesto se non avevamo  paura a viverci così vicino, e gli ho spiegato che noi siamo la melanconia che abbraccia la risata. Viviamo tranquilli alle pendici di un qualcosa che può esplodere.
Chi è Leonilda? Oltre colei che stende i pettegolezzi come mutande al sole intendo.
E’ realmente esistita, abitava davanti al basso della mia bisnonna. Ci ho messo del verosimile, è un racconto tra il vero e il romanzato. Nel mio quartiere c’è sempre una realtà dolce e verace. E’ l’atmosfera di Santa Chiara. Il nipote, quando ha ascoltato la canzone, si è commosso: ho trasformato una persona in personaggio come Pino Daniele ha fatto con Fortunato e i suoi taralli.
La passione eterna non è vera neanche nei sogni? Perché dici che anche lì ci sono le catene? E come si possono spezzare?
Il brano nasce col tono disperato della sceneggiata, io lo rendo dolce e lo affido ai nonni di una mia campagna delle elementari: in loro ho sempre visto l’amore eterno nel senso di una cosa che resta.
Una curiosità: per “Gianna Oh” hai scelto un video stile pop-up: è così la tua vita? Prende forma a ogni pagina?
Mi piace non dico il carpe diem, ma nel tempo ho imparato che avanzare passo dopo passo è la mia dimensione, anche se sono istintiva. Ho scoperto quanto può essere sano il percorso lento.
Possiamo concludere affermando che il fiore è uscito fuori, è fiorito?
Mi piace che lo dica un’altra persona.
Cosa puoi dirmi del tuo tour e della tua estate?
Sono in tour con date che toccano diverse situazioni. Mi piace dare un graffio trasversale per età ed estrazione sociale. Sono stata ospite al premio Carosone ed è stato un onore perché gli devo molto. Girerò tutta l’Italia e spero di continuare a ricevere una accoglienza grande e affettuosa.

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