Il rapper festeggerà i dieci anni del suo disco d’esordio con otto concerti, sei ai Magazzini Generali di Milano, uno a Parma e uno a Roma. Un bel modo per celebrare un album che, con il passare del tempo, è diventato sempre più un caposaldo del genere in Italia
Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sulle notizie dal mondo
Il 2012 è stato un anno di svolta per il rap italiano. La scena era molto viva e si percepiva come, dietro grandi nomi come Fabri Fibra o i Club Dogo, stessero crescendo tante nuove leve. Uscivano in quel periodo tantissimi mixtape, anche grazie al fatto che scaricarli su internet era diventata davvero un’operazione alla portata di tutti, e nuovi rapper o aspiranti tali uscivano fuori praticamente ogni settimana. In quel marasma tanti si sono persi ma non Emis Killa che, dieci anni fa, usciva dalla dimensione del mixtape per pubblicare un album vero e proprio. L’erba cattiva venne all’inizio quasi sottovalutato dai critici, sempre portati a confondere ciò che è nuovo con ciò che è adolescenziale, ma oggi possiamo dire che le “parole di ghiaccio” di Emis non si sono ancora sciolte. Anzi, sono pronte a rimbombare di nuovo in una serie di concerti celebrativi per il decennale dell’album.
Quando Killa arrivò nel mondo dei grandi
All’inizio doveva essere solo una grande festa da circostanziare a un concerto speciale ai Magazzini Generali di Milano. L’entusiasmo però che L’erba cattiva riscuote ancora oggi ha portato il suo autore ad allargare il raggio d’azione, trasformando quell’evento unico in un happening più lungo. Alla fine saranno otto i concerti per il decennale del disco d’esordio di Emis Killa: uno a Parma, uno a Roma e sei immancabili ai Magazzini Generali, lì dove tutto in fondo è iniziato. Emiliano Rudolf Giambelli è nato a Vimercate e ha sempre gravitato attorno alla scena milanese, già prima de L’erba cattiva, quando si faceva notare partecipando al Tecniche Perfette e facendo uscire mixtape come il primo capitolo della serie Keta Music. L’erba cattiva non era cresciuta da un giorno all’altra e Emis Killa era arrivato al grande passo del primo disco ufficiale solo dopo essersi già formato in posti come i Magazzini Generali. Oggi l’artista ricorda con affetto quel periodo in cui, per citare un brano del disco, conobbe definitivamente “il mondo dei grandi”: “Gli artisti hanno un periodo a cui sono particolarmente affezionati. Solitamente è quello della svolta, quando da un momento all'altro il tuo nome finisce in bocca a tutti, anche a quelli che non ti conoscevano prima. Il mio periodo d'oro è sicuramente il 2012 e in particolar modo questo disco”. A testimoniare quanto L’erba cattiva sconvolse la scena bastano i numeri: debuttò alla quinta posizione della classifica italiana degli album, rimanendo in graduatoria per oltre un anno, e nella top 20 per i primi tre mesi. Non erano traguardi da esordiente e, fino a qualche anno prima, non erano risultati possibili in generale per un rapper italiano. Emis Killa contribuì a far capire quanto stesse cambiando il vento.
vedi anche
Emis Killa e Jake La Furia, la tracklist dell'album "17 Dark Edition"
Ok così
L’erba cattiva viveva di paradossi. Era un lavoro fresco ma dentro ci trovavi a fare da “padrini” al nuovo artista gente come Gué Pequeno, Don Joe, Fabri Fibra e Marracash, artisti che ancora oggi rappresentano il gotha del genere e che avevano capito (a differenza di qualcuno anni prima) che spingere i giovani poteva far solo bene alla scena rap nostrana. Eppure, nonostante le collaborazioni di peso, l’opera prima di Emis Killa restava un lavoro comunque personale in cui emergevano tutte le idiosincrasie di un ventiduenne dei tempi. “Racconto della mia vita, delle difficoltà del percorso che sto seguendo, complicato e per nulla facile, del non arrendersi di fronte a chi ti vuole buttare giù”, spiegava ai tempi Emis. Nel disco ci sono effettivamente brani che fotografano il percorso del rapper fino a quel periodo (sii pensi a Come un pitbull), mischiati però anche con esperimenti diversi. Nella tracklist trova infatti posto pure la canzone d’amore (la hit parole di ghiaccio) e persino la satira sociale (le arrampicatrici sociali di Cashwoman). A fare la differenza fu in fondo proprio la varietà dei temi e degli stili, in un’opera che non aveva paura di aprirsi al pop. “Io, per assurdo, ho sperimentato di più prima, da giovane. Mi sono subito tolto lo sfizio di fare le hit per le radio, di fare il giudice in un talent, di partecipare a programmi radiofonici e poi mi sono rotto. E così sono tornato a fare quello che davvero mi piace, ma potendolo finalmente trasformare in un lavoro vero”, diceva l’anno scorso Killa a Rockol. Adesso la libertà creativa che si è guadagnato negli anni regala all’autore di Cult la possibilità di fare ciò che vuole, anche regalarsi otto date per guardarsi indietro. È bello godersi ciò che è rimasto di dieci anni fa, rendendosi conto che l’erba cattiva non è stata ancora estirpata.