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The Cure in concerto a Bologna, un viaggio cupo nella nostra storia

Musica

Fabrizio Basso

La notte di Halloween ha segnato il debutto italiano del gruppo di Robert Smith. Il tour nel nostro Paese prosegue a Firenze, Padova e Milano rispettivamente l'1, il 3 e il 4 novembre. LA RECENSIONE

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Halloween con Robert Smith in una Unipol Arena gremita ma un po' tiepida, se non in alcuni momenti. Il finale della prima data italiana dei The Cure, ad esempio, è stato dirompente: Lullaby, The Walk, Friday I’m in Love, Close to Me, In Between Days, Just Like Heaven e l'iconica Boy Don't Cry sono state un viaggio di 25 minuti in un passato che è impossibile abbandonare. La band britannica, ha scelto di dividere il live in tre atti, il primo il più corposo di oltre un'ora, un interludio di tre brani (I Can Never Say Goodbye, Faith e A Forest, quest'ultima accompagnata da immagini che sono una via di mezzo tra Robin Hood e la psichedelia) e il gran finale cui ho già accennato e sul quale torneremo. Robert Smith padrone della scena sempre e con la voce dei tempi ha inserito in scaletta anche acuni brani dell'album che verrà: il primo atto si apre e si chiude con le "nuove" Alone ed Endsong. Sono quattordici anni che attendiamo il nuovo album dei The Cure: sappiamo solo che si intitola Songs of the lost world e che nascerà presto. Provenienti da quel mondo perduto all'Unipol abbiamo ascoltato anche And nothing is forever e quel silenzioso urlo di dolore che è I Could never say goodbye, brano intimo sui suoi lutti famigliari, sulla gestione degli addii.

Il solo limite del concerto è stato, almeno nella data bolognese, la scelta di adottare due schermi (a supporto di quello principale dietro la band), ognuno su un lato del palco, piccoli come francobolli che non permettevano di mettere a fuoco quello che accadeva sul palco. Magari si è tratto di una mancanza di spazi e nelle prossime date sarà diverso e me lo auguro perché un pubblico così importante e devoto merita una prospettiva di visione più ampia. Concentriamoci ora sui 25 minuti finali aperti da Lullaby che proietta una ragnatela che cattura le luci dei cellulari come fossero moscerini. Poi c'è The Walk seguita da Friday I’m in Love che fa alzare tutti in piedi e si ha la sensazione di essere un unico, solo cuore rosseggiante come quello che si compone e scompone sullo schermo; la voce di Robert Smith si addolcisce in una carezzevole ballad. Close to Me porta il frontman a passeggiare sul palco a passeggio mentre i laser attraversano l’Unipol. In Between Days si aprono le porte della discoteca e le imagini che scorrono dietro Robert Smith e la band sembrano imprigionate dalla galaverna. Tra il pubblico, in retrovia, c'è anche chi la vive come fosse un lento e balla teneramente. Intanto le immagini di Smith sul palco si moltiplicano come in una visione prospettica e distopica. Just Like Heaven racconta, attraverso una immagine fissa, un misto di mare, roccia e macchia mediterranea che tanto sarebbe piaciuto a Francesco Biamonti. Il finale non poteva che essere Boys Don’t Cry. E nonostante il consiglio di Robert qualche lacrima è scesa.

LA SCALETTA DI BOLOGNA
Alone
Pictures of You
A Night Like This
Lovesong
And Nothing Is Forever
A Night
A Strange Day
The Hanging Gardner
The Last day of Summer
Cold
Burn
Push
Play for Today
Primary
From the Edge of the Deep Green Sea
Endsong

I Can Never Say Goodbye
Faith
A Forest

Lullaby
The Walk
Friday I’m in Love
Close to Me
In Between Days
Just Like Heaven
Boys Don’t Cry

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