E' il quarto album dell'artista romano e rispetto ai lavori precedenti contiene molti più brani cantati e molti più colori e sfumature: non manca il rap nudo e crudo a cui l’artista ci ha da sempre abituati, ma c’è spazio anche per passaggi più melodici e pop, che danno origine a ritornelli potenti e incisivi. L'INTERVISTA
Bravi Ragazzi nasce in due anni. Gianni Bismark ci fa arrivare questo disco dal profondo, è un lavoro onesto e sincero che punta dritto al cuore. Come da tradizione non mancano le collaborazioni importanti: da Franco126 a Ketama, passando per Gemitaiz e Speranza, fino a Jake La Furia e Kvneki del duo Psicologi. Sono tutti featuring nati dal rispetto reciproco, le tracce scaturite sono qualcosa di assolutamente sincero, prive di logiche commerciali.
Gianni cominciamo dalla storia dell’album: come lo hai costruito, quanto il covid, nel bene e nel male, lo ha condizionato e modificato?
L'ho scritto in due anni, un po’ anche per colpa del covid, ma nel contempo mi ha permesso di ragionare di più sulle tracce, di fare una scelta più attenta sui brani da mettere in Bravi Ragazzi. Ne sono rimaste fuori un po', potrei già fare Bravi Ragazzi volume 2!
Chi sono oggi i bravi ragazzi? Quelli cattivi sono quelli che devono starti a un palmo…maledetti?
Sono loro. Ma non è inteso come definizione identitaria, si riferisce al tipo di vita, a volte si fanno cose che non andrebbero fatte, soprattutto in gruppo. Poi presi singolarmente siamo tutti bravi ragazzi.
Quale è l’ultima cosa che hai fatto e non andava fatta?
Stando in strada le cose che si fanno sono sempre le stesse, non vanno raccontate, sono evidenti.
Scordare i sogni è un bene oppure andrebbero ricordati e realizzati? Parli anche di notti che non danno consigli per altro.
Vanno toccati con mano ma non ricordarli a volte è positivo per le aspettative che ti lasciano al risveglio, così non ti crei illusioni. Non mi capita ma il consiglio portato dalla notte, non la ho mai capita quella frase.
Essere il riassunto della strada oggi è una rarità: ti senti il testimone di una generazione?
Più che della generazione mi sento testimone del mio quartiere. La mano con la penna è la mia ma gli occhi e il disco sono del quartiere.
In Miti Sbagliati ti metti i valori in tasca: quali sono?
Lì infilo nelle tasche soprattutto per proteggerli. Primo ci metto il rispetto.
Le porte che ti hanno chiuso in faccia oggi si sono aperte? Almeno qualcuna?
Si sono spalancati portoni. Adesso c'è chi cerca di aprire la porta piano ma per ora li tengo sullo zerbino, poi vedremo.
Come ti immagini un bel presente da fare gola a molti?
Un bel conto in banca. Pensavo a quello quando lo ho scritto.
In Dobbiamo andare via racconti una storia di amicizia: a chi è dedicata?
A un fratello molto stretto che ha fatto tante scelte sbagliate e ora è in punizione e dunque gli ho dedicato la canzone. Lui fa parte di chi mi circonda. Non è un artista e dunque non può fare un feat ma è comunque nel mio disco.
L’idea di fare un figlio ti inquieta..penso a come ne parli in Fischio e Tuta.
Da una parte sì, ma dall’altra ci penso. Il brano è scritto per una mia ex ragazza storica. Ha fatto un figlio, e quando lo ho saputo si è aperta una crepetta nel cuore e la ho vissuta male, lei ha raggiunto l’obiettivo.
Sono anni ormai che mi cerco: possiamo dire che ti sei trovato?
Mi trovo poi mi riperdo, diciamo non del tutto, si continua sempre a cercarsi.
Dormi sereno quest’anno?
Sì, più sereno del 2021 e speriamo che dormendo arrivi finalmente un cosiglio!
Stai ragionando sul tour?
Eccome. Vedrete molte sorprese. Ti anticipo che ci sarà una parte del live che è solamente acustica, con chitarra e pianoforte.